na sequenza di nove canoni, ciascuno inserito ogni tre variazioni, il tutto tendente verso un climax con tanto di quodlibet finale. L'imponente architettura delle Variazioni Goldberg, è resa evidente non certo dal numero di variazioni (30) di cui è composta l'opera, elemento di importanza secondaria, bensì dal disegno, in un certo senso innovativo per l'epoca, che Bach è riuscito ad infondere ai brani costitutivi. Presentiamo, nella recentissima registrazione del maestro Fernando De Luca, la serie completa delle Variazioni, eseguite su un cembalo a due tastiere, copia di un Blanchet del 1754. L'interesse di questa nuova interpretazione sta, a mio avviso, anche nella scelta oculata dei tempi, qui, a tratti, maggiormente dilatati rispetto alla comune prassi che, spesso, si preoccupa più di comprimere l'esecuzione nei circa ottanta minuti previsti dal formato CD-Audio, piuttosto che rispettare il tactus naturale impresso dalla musica stessa. La presente esecuzione consta di una durata complessiva di 87 minuti. Più che appropriata, anche, la realizzazione della ripresa dell'Aria (da capo) a chiusura della raccolta, in cui il cembalista adotta il delicatissimo registro del liuto, abbandonandosi a molte diminuzioni in perfetta sintonia con lo spirito di questo capolavoro del Kantor. Come noto ai più informati, secondo il musicologo tedesco Christoph Wolff, maggior studioso bachiano vivente, l'episodio narrato dal Forkel risalente al 1741, circa la genesi delle Variazioni Goldberg, sarebbe inventato o quantomeno inattendibile. Ve ne riporto qui uno stralcio: « In cattiva salute, il Conte [ndr. Conte Keyserling, ambasciatore di Sua Maestà di Russia a Berlino] soffriva sovente d'insonnia, e Goldberg [ndr. Johann Gottlieb Goldberg, di Königsberg, fu uno dei migliori allievi di Bach], che viveva in casa sua, doveva distrarlo, in simili occasioni, durante le ore notturne, suonando per lui in una stanza attigua alla sua. Una volta il Conte disse a Bach che gli sarebbe molto piaciuto avere da lui alcuni pezzi da far suonare al suo Goldberg. Che fossero insieme delicati e spiritosi, così da poter distrarre le sue notti insonni. Bach concluse che il miglior modo di accontentare questo desiderio fosse scrivere Variazioni, un genere che fino ad allora aveva considerato con non grande favore, a causa dell'armonia di base, sempre uguale. Ma sotto le sue mani, anche queste Variazioni divennero modelli assoluti dell'arte, come tutte le sue opere di questa epoca. Il Conte prese a chiamarle, da allora, le "sue" Variazioni. Non si stancò mai di ascoltarle, e per lungo tempo, quando gli capitava una notte insonne, chiamava: “Caro Goldberg, suonami un po' le mie Variazioni” Mai Bach fu ricompensato per un lavoro come per questo. II Conte gli fece dono di un calice d'oro pieno di cento Luis d'or » Fortunatamente, il panorama degli studiosi e biografi di Bach è sempre stato abbastanza ricco e variegato, tale da permetterci di ricavare una immagine alternativa o comunque diversamente attendibile del gigante di Eisenach. Ne cito uno per tutti: il molto polemico Piero Buscaroli (dal quale è tratta la traduzione sopra citata), in effetti stavolta sembra aver ragione: perché il Forkel, primo biografo di Johann Sebastian Bach, avrebbe dovuto inventarsi una storia simile? E tutto questo, dopo 25 anni di intenso studio e raccolta di notizie direttamente dai figli maggiori Wilhelm Friedemann e Carl Philipp Emanuel Bach? A quanto pare il Wolff, dall'alto della sua cattedra della Harvard University, prigioniero di una certa rigidità nonché carenza di fantasia, fatica ad accettare il fatto che l'edizione a stampa originale (dell'editore Schmid di Norimberga) sia del tutto priva di dedica e datazione precisa. Tutto qui. Invece il Buscaroli, al quale lasciamo la parola per chiudere la nostra introduzione, afferma: Le Variazioni Goldberg offrono il migliore esempio di una musica concepita per la ricreazione di uno spirito competente ed esigente [...] la personalità di Keyserling offre almeno la risposta di un plausibile destinatario. Distrarre, in ogni significato latino, italiano o tedesco, un uomo di cultura e di spirito, appare il programma di questo monumento arioso e snello, in cui Bach immette tutto quanto di sapere teorico e calcolo aritmetico applicato all'invenzione canonica, e di virtuosistica abilità, di varietà di maniere, di rigore stilistico e di sorpresa, di eleganza conversativa e di arcani riserbi, di tenerezza e d'ironia, di sussiego nobiliare e di buonumore plebeo, si può umanamente affidare a due tastiere (ndr. le Variazioni Goldberg sono concepite per clavicembalo a due tastiere). « Delicati e spiritosi », oppure « dolci e vivaci », o come si vogliano tradurre, i caratteri indicati da Forkel offrono il più concreto compendio di questa fantastica ora e mezza di musica che, dopo essersi inerpicata sulle pareti scagliose della matematica mensurale, del piu impervio contrappunto, e tra gli strapiombi del virtuosismo più esigente, se ne viene fuori con la beceraggine tenerella delle canzonette popolari. « Oh, questa poi! Ma che bel matto, questo Bach! », non occorre un'immaginazione sfrenata per supporre che sbottasse il Conte, quando da tutto quello sferragliare di dottrine mentali e manuali vennero fuori le note di « Cavoli e rape ». Zadok, 28 ottobre 2012 Riferimenti bibliografici - Piero Buscaroli, Bach. Mondadori, Milano, 1985, 1180 pp.
- Christoph Wolff, Bach Family. The New Grove Composer Biography Series (London & New York: Macmillan and W.W. Norton, 1983): 372 pp.
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