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L'INCORONAZIONE DI DARIO
L’approdo inaspettato del Maestro Antonio Vivaldi al Teatro Regio di Torino

di Marita Bevilacqua Bonetto

Si è svolto a Torino dal 5 al 23 aprile 2017 Il festival Vivaldi nell’ambito del quale si è svolta una interessante serie di incontri, conferenze e concerti per omaggiare Vivaldi le cui partiture autografe sono in massima parte oltre che a Dresda conservate nella Biblioteca Nazionale di Torino.

Si tratta di 27 tomi preziosi che comprendono circa 300 concerti, una sessantina di composizioni di musica sacra, numerose cantate e arie e una ventina di melodrammi, alcuni dei quali incompleti, consentendo quella Vivaldi renaissance testimoniata dalla incisione dell’opera omnia di Vivaldi da parte del progetto della Vivaldi edition, sostenuto dall’Istituto per i Beni Musicali in Piemonte che, in collaborazione con una casa discografica francese e con il sostegno della Regione Piemonte, della Fondazione CRT e della Compagnia di San Paolo di Torino, si propone di pubblicare in CD tutte le musiche vivaldiane presenti nei manoscritti torinesi.

(source: www.teatroregio.torino.it)

L‘Approdo Inaspettato è il titolo della bella mostra, aperta sino al 15 luglio, presso la Biblioteca Nazionale nella quale per la prima volta vengono esposti tutti i manoscritti autografi di Antonio Vivaldi facenti parte della raccolta del Fondo Foà – Giordano. Che le partiture autografe vivaldiane siano approdate nel porto sicuro di Torino è sicuramente un accidente della storia poiché i rapporti di Vivaldi con il capoluogo sono attestati da scarsissime testimonianze.

La mostra testimonia della caparbietà da parte dell’illuminato burocrate direttore della biblioteca Torri, consigliato dall’amico musicologo Gentili, di acquisire al patrimonio pubblico uno straordinario patrimonio musicale quando ancora Vivaldi non era la attuale star delle vendite di musica classica ma un esimio sconosciuto noto per lo più per essere stato insegnante di violino delle putte degli ospedali veneziani.

La raccolta Foa’ - Giordano è altresì riprova della straordinaria capacità, in un’epoca non sospetta, di trovare mecenati disponibili a finanziare, in mancanza della manifestazione di interesse da parte del Governo italiano, l’acquisizione di patrimoni culturali legandoli in questo caso alla memoria di cari scomparsi, i figli deceduti prematuramente dell’agente di cambio Roberto Foà e dell’industriale tessile Filippo Giordano. Gli 87 manoscritti e le 600 opere a stampa della raccolta Mauro Foa’, i 167 manoscritti e le 145 opere a stampa della raccolta Renzo Giordano, 450 composizioni vivaldiane per oltre 15.000 pagine sono giunti a Torino, dopo la morte del compositore, attraverso intricate vicende successorie dalle biblioteche del senatore veneziano Soranzo, a quelle di Giacomo Durazzo e agli eredi di lui, a Genova e poi al collegio Salesiano di Borgo San Martino di Casale Monferrato rischiando, per finanziare lavori di ristrutturazione, di essere vendute al mercato antiquario. È a dirsi che all’epoca dei fatti l’interesse per le partiture non era musicale ma bibliofilo.

(source: www.teatroregio.torino.it)

Le rocambolesche vicende dell’approdo delle partiture da Venezia a Torino sono raccontate, tra l’altro, in un romanzo, di godibilissima lettura, scritto da Federico Maria Sardelli uno dei massimi studiosi e interpreti di Vivaldi dal titolo L’affare Vivaldi presentato nell’ambito degli incontri del Festival, direttore di un concerto nell’ambito del festival dal titolo ‘Vivaldi XL ‘ che ha registrato il tutto esaurito.

Il festival Vivaldi è occasione per ascoltare al Teatro Regio, che la programma nell’ambito della stagione lirica corrente e del progetto ‘Opera Barocca’, una rara opera: ‘L’incoronazione di Dario‘, dramma in tre atti su libretto di Adriano Morselli, anteprima assoluta per il Regio - nell’ambito del Progetto Opera Barocca - che sembra avere finalmente sdoganato il barocco nella sua programmazione.

L’incoronazione di Dario andò in scena con successo nel 1717, settima delle 45 opere vivaldiane, al Teatro S Angelo per chiudere la stagione del Carnevale.

Il pregio del libretto del 1684, in un italiano assai comprensibile per un pubblico moderno, si ascrive a una vis comica che risente ancora della tradizione del teatro seicentesco e dei personaggi della commedia dell’arte.

La messinscena di Leo Muscato è moderna, trasportata in un Medioriente quasi contemporaneo, dove va in scena una guerra, non già per appropriarsi di un trono, ma dell’oro nero, il petrolio, con pozzi e tubi a vista e operai con casco. Gli equivoci amorosi delle due sorelle di Ciro vedono Dario alla fine sposare Statira contro le macchinazioni della sorella Argene e i pretendenti al trono Arapago, capo delle milizie, e Oronte, rappresentante delle di squadre degli operai, amato da Alinda, con comprimari la furba serva Flora e il consigliere astuto Nireno e intrecci amorosi vari.

Sul podio il barocchista Ottavio Dantone, che ha inciso l’Opera nell’ambito della Vivaldi edition con l’Accademia Bizantina e in parte con stessi cantanti, alla direzione dell’orchestra del Teatro Regio, integrata con strumenti aggiunti quali il clavicembalo e la viola da gamba, in una operazione analoga a quella del Giulio Cesare diretto da De Marchi, andato in scena nelle scorse stagioni al Regio.

A riprova che il barocco suona bene anche con strumenti moderni, purché si usi il linguaggio appropriato, il suono dell’orchestra del Regio suona ‘barocco’ a servizio di una direzione di Dantone molto raffinata ma al contempo vivace e sempre partecipe sottolineando i diversi momenti comici e drammatici.

(source: www.teatroregio.torino.it)

Nel cast una compagine specializzata nel canto barocco che vede il tenore Carlo Allemano (Dario); i contralti Sara Mingardo (Statira), Delphine Galou (Argene) e Romina Tomasoni (Flora); i soprani Roberta Mameli (Alinda) e Veronica Cangemi (Arpago); il baritono Riccardo Novaro (Niceno); il mezzosoprano Lucia Cirillo (Oronte).

Chi cercherà di trovare nelle opere di Vivaldi quella drammaturgia e una certa caratterizzazione psicologica che sottende alle opere di Haendel, che ne spiega la fortuna sui palcoscenici, ne andrà inevitabilmente deluso.

Le arie, alcune davvero incantevoli come Non mi lusinga vana speranza cantata da Oronte, si susseguono intercalate a pezzi strumentali; il pregio della regia sta nel curare la recitazione dei personaggi che è assai moderna e a evidenziare il personaggio di Statira, la figlia un po’ svampita di Ciro, che alla fine salirà al trono di Persia, in chiave comica.

Il regista è alla sua prima opera barocca e viene dal teatro di prosa, si è avvalso degli studenti della Accademia Albertina delle Belle Arti di Torino che hanno concorso a ideare la scenografia e i costumi assai curati. Muscato mostra di avere appreso il ‘nuovo stile’ delle regie barocche che vede le arie accompagnate dal movimento di figuranti in scena, anche se sovente il solista resta solo in scena a terminare l’aria. Di talché il pubblico mai si annoia poiché l’azione in scena è costante, così come le gag e i movimenti di insieme. Ogni tanto un senso di dejà vu incombe quando imperversano cameraman e conferenze stampe e soldati in tuta mimetica: la lezione delle regie di Sellars o di Mc Vicar ha fatto scuola. Anche talune scenografie ricche di ori e arredi orientaleggianti ricordano molto il Siroe Re di Persia di Hasse della regia del barocchista Cencic.

(source: www.teatroregio.torino.it)

Del lavoro degli studenti dell’Accademia, che presenta importanti valenze pedagogiche, è testimonianza l’interessante mostra nel foyer del teatro dei modellini delle scene con un reportage video dei lavori.

In tempi di regie che con trasposizioni in epoca moderna di opere stravolgono completamente le relazioni tra i personaggi, quella di Muscato ha il grosso merito di essere coerente con la struttura del libretto mantenendo inalterati i rapporti tra i protagonisti. Alla recita cui abbiamo assistito, il Venerdì pasquale non ha svuotato il Teatro ricco di stranieri in una Torino che si conferma meta del turismo non solo italiano ma internazionale. Caldi applausi hanno salutato i valenti interpreti e non si è assistito al solito fuggi fuggi al termine dello spettacolo, segno di una conquista progressiva dell’opera barocca. Il festival Vivaldi ha d’altra parte registrato il tutto esaurito in pressoché tutti i suoi appuntamenti concerti, mostre, interviste ‘impossibili’ conquistando nuovo pubblico con un modello che ha visto il coinvolgimento di 21 tra istituzioni e associazioni e che verrà ripreso, come affermato dagli organizzatori, per altri eventi. In tempi di tagli alla cultura una nota di fiducia e speranza.

MBB, 27 aprile 2017

(source: www.teatroregio.torino.it)

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