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INTORNO

INTERVISTA A MARCO VITALE
in occasione dell’uscita del suo nuovo disco dedicato al progetto
delle cantate romane di Georg Friedrich Händel

di Isabella Chiappara e Zadok
24 maggio 2013

mvitale1. PRIMI STUDI A PALERMO

I.C. Allora Marco, incominciamo a parlare di te: sappiamo che sei nato a Palermo nel 1980 e hai iniziato gli studi presso il conservatorio Bellini: intanto perchè il conservatorio, quando hai iniziato eri molto giovane e perchè proprio il clavicembalo?

M.V. Non ho iniziato con il clavicembalo ma con una vecchia fisarmonica che avevamo a casa, avevo sei anni, ho preso questa fisarmonica e cominciato a strimpellarla e poi io stesso, ho sentito il desiderio di studiare, avevo delle canzonette, le riproducevo, però avevo bisogno di più, per andare avanti, allora i miei genitori mi hanno portato ad una scuola parrocchiale di pianoforte dove ho iniziato a studiare il pianoforte, avevo sette anni.

I.C. La tua famiglia era di melomani, ascoltavate musica classica?

M.V. No, no assolutamente. Mio nonno paterno suonava uno strumento ad ottone (che neppure so quale sia, non lo sapevano neppure in famiglia) in una banda di paese e l'altro mio nonno amava la musica ma non la frequentava; mia mamma mi diceva che ascoltava tanta musica classica quando era incinta e quindi forse, chissà ... prendeva dei dischi per corrispondenza, in edicola, e li ascoltava per rilassarsi, per passare il tempo. Quindi da questa fisarmonica sono passato al pianoforte, le ho provate tutte le tastiere

I.C. Beh è un classico studiare il pianoforte, il clavicembalo è un po’ anomalo, anche se a Palermo negli anni '90 c'è stato una grosso fermento di interessi sulla musica antica, c'era Gabriel Garrido che faceva tantissimi concerti, c'è stato il trittico monteverdiano al teatro Massimo; Palermo anzi è stato il centro italiano che in quegli anni più si è avvicinato alla musica antica, tu li hai seguiti...

M.V. No, ero piccolino e quindi non riuscivo a dargli l'importanza giusta, comunque dal pianoforte ho incontrato un amico che mi ha detto, “tu hai talento”, “devi andare al conservatorio”, “che stai ancora a fare in questa scuola di parrocchia” e mi ha detto: “ti preparo io per le lezioni, metto la firma” e mi ha fatto presentare al conservatorio. Devo tutto a lui, a questo mio amico, perchè mi ha consigliato di non fare l'esame in pianoforte, ma in organo, perchè lì era più facile entrare, sarei stato più seguito dato che erano pochi allievi, e comunque i primi cinque anni si continuava con il pianoforte. Mi sono fidato, sono entrato nella classe di organo e da lì è iniziato un amore per la musica barocca, ho cominciato a sentire Bach, Bach è stato il mio primo amore; il mio maestro mi regalò un CD con il Magnificat eseguito da Gardiner, è ancora oggi il mio CD preferito

I.C. Quanti anni avevi? Trovare un insegnante che ti ha dato da ascoltare Gardiner è stata una grande fortuna…

M.V. Quando ho iniziato organo avevo circa nove anni. Il CD è arrivato dopo perchè in organo ho cambiato tre insegnanti, il primo insegnante si concentrava sugli aspetti tecnici e basta anche perchè ero piccolino, non poteva e non voleva entrare in questioni esecutive, però poi è arrivato un altro maestro dal nord Italia, con un entusiasmo incredibile perchè era il primo insegnamento che faceva al conservatorio, quindi tutti abbiamo beneficiato di questo entusiasmo e allora ha incominciato a portarci ai concerti, a regalarci CD o copiare altre registrazioni per cercare di farci conoscere più musica possibile, e io grazie a questo CD ho ascoltato per la prima volta le trombe naturali, barocche, l'oboe d'amore … è stato un amore al primo ascolto

Z. e dal Magnificat al clavicembalo come è avvenuto il passaggio?

M.V. Sempre grazie a questo maestro di organo che mi ha detto: “ho conosciuto un costruttore di cembali, un cembalaro che si chiama Ugo Casiglia, dobbiamo andarlo a conoscere, a vedere cosa fa”. Poi non si è riusciti ad organizzare una visita con tutti gli allievi, ma ho conosciuto Casiglia al conservatorio, allora da lì lo andavo a trovare spesso ed ho incominciato a suonare i suoi strumenti. E quando ho incominciato a suonare il clavicembalo mi sono reso conto che tutto quello che si faceva sul pianoforte, la musica barocca che io suonavo al pianoforte non c'entrava niente, era tutta un'altra cosa; la puoi suonare, ovvio, ma non è pensata per quello strumento e questo per me è stato uno choc!

2. IN OLANDA

I.C. Gli studi a Palermo, fino a quando sono durati, sappiamo che dopo sei andato a studiare con Koopman…

M.V. Si, fino al 2002, è stato nel settembre 2002, dopo il mio diploma in organo, che mi sono trasferito in Olanda. Anche lì c'è voluto un po’ più di tempo per decidere, perchè avendo preso due diplomi al conservatorio di Palermo, uno di pianoforte e uno di organo, avevo studiato e suonato il clavicembalo per conto mio fino ad allora. Studiai anche un anno con Enrico Baiano, sempre a Palermo, che è stato molto divertente avendo fatto tante belle cose insieme, nel '99 circa ricevetti un CD in regalo da un altro amico (ho tanti buoni amici) con delle Toccate e Fughe di Bach, per organo, suonate da Koopman. Non conoscevo Koopman, anche perché ascoltavo molti organisti tedeschi, molto meno gli olandesi, non c'era ancora Internet, e non esisteva la Sala del Cembalo del caro Sassone all'epoca…

Comunque, ascolto questo CD e mi dico: “con questa persona voglio studiare”, perchè mi colpì la sua energia che aveva all'organo, così scrissi una lettera alla sua segreteria, mi risposero che non aveva tempo per dare lezioni, finchè mi sono messo un po’ ad insistere ed alla fine ottenni un appuntamento per incontrarci a Milano, non per una lezione ma solo per incontrarci; era il dicembre 1999, andai lì ad ascoltare una sua esecuzione dell'Oratorio di Natale di Bach, meravigliosa, veramente una grandissima esperienza ... quindi abbiamo chiacchierato, lui mi ha dato un secondo appuntamento per una lezione ad Udine a maggio del 2000 e da lì abbiamo incominciato ad incontrarci ogni due-tre mesi per delle lezioni private di organo che lui mi faceva prima dei suoi concerti, oppure lui stava una settimana in un posto, quindi io lo raggiungevo; alla fine mi invitò ad essere suo allievo al conservatorio dell'Aja, mi disse che continuando queste lezioni all'interno di un conservatorio avrei potuto ottenere più benefici, anche per la vicinanza con altri colleghi, altri strumentisti, potevo fare molto di più, c'era molto più scambio, così ho deciso e sono andato in Olanda

Z. Come insegnante Koopman come è: conosciamo il Koopman esecutore e direttore, come insegnante naturalmente non lo conosciamo, come si comporta, cosa ti ha dato? E’ severo?

M.V. E' stato come un papà: sì è severo, ma con amore, devo moltissimo a Koopman perchè lui mi ha aperto tante strade, dal punto di vista mentale, nel senso che mi ha dato delle chiavi di lettura; non mi ha dato delle soluzioni, mi ha insegnato un metodo, questo è stato molto importante. Gli incontri dei primi anni erano molto più che delle mere lezioni: stavamo due o tre ore a lavorare su uno o due pezzi, per me quello è stato forse il periodo migliore per i miei studi con lui, speciale, ovvero il periodo dal 2000 al 2002 prima del trasferimento all'Aja; dopo sono diventato uno studente come gli altri

I.C. E cosa studiavate, sempre Bach o altri musicisti, hai fatto anche clavicembalo con Koopman?

M.V. All’organo abbiamo studiato moltissimo Bach, poi in Olanda, al conservatorio, abbiamo studiato anche altri musicisti, musica italiana, francese, tedesca di fine ‘600, molti virginalisti inglesi. Ufficialmente sono diplomato in clavicembalo con Koopman, ho fatto sei anni di clavicembalo al conservatorio dell'Aja, quattro anni di Bachelor e due di Master

3. IL GRUPPO "CONTRASTO ARMONICO"

I.C. Quando hai pensato di aprirti alla professione con la fondazione del tuo gruppo che si chiama “Contrasto Armonico”? Chi c'era nel gruppo?

M.V. C'era quella che adesso è mia moglie, l'abbiamo fondato insieme e poi molte persone vi sono passate, naturalmente ci sono state diverse migrazioni ma molti sono rimasti all'interno del gruppo. Ad esempio, anche se ultimamente nei dischi non compare, Diego Natra è l'oboista che figura nella Resurrezione e nell'Aci, Galatea e Polifemo, lui ha fatto sempre parte del nostro gruppo, anche Enrique Gomez il violinista che suona sempre con noi, invece ci sono acquisizioni recenti come Stefan Plewniak, e il primo CD che facciamo insieme è proprio questo ultimo uscito. Il gruppo nasce formalmente nel 2004 ma alcune esperienze precedenti ci furono nel 2003, iniziammo subito con Handel, con un'opera al museo di Delft, completamente autoprodotta, ci costò praticamente zero

I.C. Che opera?

M.V. Il Siroe, re di Persia, è una bella opera e anche poco eseguita

I.C. Già, non è un'opera di repertorio, quando avete fatto quest'opera, che anno era?

M.V. Il 2004, poi continuammo con altri concerti, ma l’idea del progetto delle Cantate iniziò quasi subito: ero innamorato alla follia del compositore Handel, il mio amore è cominciato con Alcina… La ascoltai dal vivo, un progetto scolastico al conservatorio dell'Aja, opera eseguita da studenti, inclusi i cantanti, fu bellissima, fu una serata ed esperienza meravigliosa, ricordo di aver passato tutti i possibili stati d'animo che una persona può provare...

I.C. Sei stato anche tu travolto dagli affetti... il personaggio di Alcina è talmente meraviglioso, strepitoso, non solo la musica ma anche l'interpretazione che deve essere data in un modo talmente intenso, che non può non colpirti…

M.V. Sì, è proprio così, sono stato travolto come da un treno in corsa, fra l'altro questi stessi stati d'animo non li ho mai provati con la musica di Bach, essendo quella un altro tipo di musica, diversa, spirituale, quella di Handel invece è carnale. Anche se, in Olanda ed in nord europa in generale, c’è questa idea diffusa che comunque Handel è il compositore di oratori, di musica sacra, del Messiah, quasi fosse un altro compositore ben diverso da quello per il teatro.

Dunque, con Alcina ho iniziato a studiarlo, ad ascoltarlo, a suonarlo, e poi mi sono detto, devo assolutamente studiare con metodicità il suo lavoro, la sua opera e devo iniziare dalle cantate, perchè lui le ha scritte quando era giovane, lui ha imparato a scrivere musica italiana dalle cantate, scrivendo cantate, e poi aveva quasi la mia età, così ho cominciato…

Poi in realtà, la prima registrazione fu Aci, Galatea e Polifemo perchè apparteneva sempre a quel periodo italiano e avendola eseguita più volte in concerto in Olanda decidemmo di registrarla; ed anche, nel suonare e registrare La Resurrezione mettemmo in pratica gli studi che avevo fatto sul diapason…

4. IL DIAPASON ROMANO ED I PROBLEMI DI TRASPOSIZIONE

I.C., Z. Già è vero, anche nel nuovo CD notiamo questa scelta, come mai l’impiego di un diapason a 392 Hz anziché il classico 415 oggi comunemente impiegato nella musica barocca?

Si, in realtà dovrebbe essere un pochino più basso, qualcuno è riuscito a stabilire che più o meno a Roma doveva essere sui 385-386 Hz, ma non sono riuscito a convincere il soprano a scendere ancora di più… e poi naturalmente oggi non abbiamo i castrati. Il diapason a 415 è un problema odierno della musica barocca, infatti fin dall’inizio, in tempi pionieristici, quando prima Dolmetsch, poi Leonhardt ed altri, stabilirono un nuovo standard per contrastare il 440-442 Hz, dovettero istituire una sorta di convenzione moderna per la musica barocca. Tuttavia, da conversazioni che ho avuto con alcuni miei colleghi, ho evinto che forse il 415 è il diapason meno barocco che si potesse scegliere; ad esempio il 440 è un diapason molto più barocco, o anche il 392, sicuramente adottato in Francia ed, appunto quello di Roma che era più o meno vicino.

Z. Ecco, come mai a Roma questa scelta del diapason vicino a quello francese?

Non c’è una relazione tra i due. Secondo me il diapason romano dipende, prima di tutto, dal fatto che c’erano molti castrati e voci maschili, non cantavano moltissime donne a Roma; le donne, se cantavano, potevano farlo in palazzi privati, quasi in clima di segretezza: credo sia ben documentato quell’episodio della Resurrezione dove la Durastanti cantò la prima ma fu poi sostituita da un castrato, in seguito alla notizia che trapelò. Le voci maschili, di castrati o meno, avevano (hanno) comunque una tessitura più grave rispetto alle voci femminili. Se noi andiamo a prendere ad esempio i madrigali di Monteverdi, quelli con due tenori e basso, il compass, l’estensione, la tessitura, sono molto più ampie rispetto a quello richiesto in un madrigale per alto e 2 soprani; le voci maschili possono impiegare il registro normale di petto ma anche il falsetto, più registri dunque. Lo stesso vale per i castrati dell’epoca o per un bravo controtenore odierno. Anche le arie per basso di Haendel hanno generalmente un’estensione maggiore di quelle per soprano: un basso fa dei salti di 2 ottave e mezzo, per un soprano è un po’ più difficile. Perciò, con le voci maschili, era più conveniente un diapason più basso; è lo stesso discorso della teoria di Andrew Parrot, ossia della trasposizione nella musica seicentesca, con la quale mi trovo in perfetto accordo: la musica cinque-seicentesca poteva essere trasposta a seconda delle voci nell’ensemble; infatti ci sono fonti d’epoca che dicono che l’organista doveva essere bravo a trasportare la musica estemporaneamente, una quarta sopra o una quarta sotto. Credo che l’affermazione del diapason in un contesto musicale dipenda dalle voci impiegate, dagli strumenti e dal gusto; secondo molte cronache d’epoca, pare che la gente a Roma trovasse sgradevoli gli acuti, mentre piaceva il suono grave.

Ma aggiungerei che c’è un elemento forse molto più importante del diapason, che è quello legato alla trasposizione degli strumenti a fiato, perché al tempo di Haendel, quindi parliamo dei primi anni del Settecento, ci fu un divieto papale che appunto vietava la partecipazione di strumenti a fiato come gli oboi, nella vita musicale romana. Questo cosa significava… che non c’erano oboisti romani, e quindi neppure costruttori di tali strumenti: i costruttori e gli oboisti italiani erano tutti localizzati nel nord Italia, Venezia e Milano in particolare. Li il diapason era più o meno un tono più alto, rispetto al diapason romano, quindi si andava sui 430 contro i 386 circa. In altre parole, quello che a Venezia era un do maggiore, a Roma era un re maggiore e questo è di importanza vitale. Gli oboisti a Venezia suonavano con oboi più piccoli, essendo tagliati a 430, mentre a Roma non essendoci oboisti, si finiva per ricorrere all’importazione degli stessi dal nord; si sa esattamente quali oboisti suonavano a Roma, uno era Ignazio Rion, molto apprezzato anche nella cerchia del Ruspoli, e nella lista dei musicisti partecipanti alla Resurrezione figura il “sig. Ignazio” che si presume sia il Rion, o se non lui, potrebbe essere Ignazio Sieber, un altro noto oboista e flautista veneziano. Anche il Quantz, afferma che “il diapason romano sarebbe molto conveniente per gli strumenti a fiato, perché più basso. Purtroppo oggi ci si ostina a suonare con strumenti a fiato piccoli, che hanno un suono pungente, e quindi si è costretti a trasportare”. Con gli strumenti a fiato, più il diapason è basso e più è caldo il suono, essendo lo strumento più lungo.

Volendo esemplificare, se Haendel a Roma scrive in re maggiore, ed Ignazio Rion viene invitato a suonare per Haendel, l’oboista è costretto a suonare in do maggiore. Ancora, se andiamo a prendere alcuni esempi di assoli d’oboe e arie sia nella Resurrezione che nel Trionfo del Tempo e del Disinganno, questi sono in fa diesis minore in partitura, e vi figurano anche alcune note in mi diesis. Peccato che il mi diesis proprio non esiste nell’oboe, c’è il fa. D’altra parte, nella musica barocca composta per oboe, il fa diesis minore è una tonalità alquanto rara.

Per concludere: oggi, quando si suona la musica romana di Haendel con l’oboe allo stesso diapason degli archi (a 415, per esempio, come usano fare molti ensemble oggi), si finisce per suonare qualcosa che Haendel non ha pensato, avendo lui stesso indicato una specifica diteggiatura e pensato uno specifico suono per l’oboe; perché quando suoni i soli di oboe della musica romana di Haendel come stanno scritti, tutte le note appaiono completamente sballate: le note buone non sono più quelle che Haendel ha pensato. L’oboe non è uno strumento che ha tutte le note uguali in bellezza, alcune tonalità suonano meglio, altre peggio, esattamente come quando si suona un organo con temperamento mesotonico. Quindi la trasposizione di un tono sotto per l'oboe nella musica romana di Haendel è un elemento importantissimo.

5. HANDEL ED I SUOI RAPPORTI CON IL MECENATISMO ROMANO

I.C. Chiusa questa parentesi, ritorniamo a percorrere la tua storia: quindi tu fondi questo gruppo e il tuo amore per Handel ti porta a voler incidere l’integrale delle cantate…

M.V. L'elemento principale di queste cantate è il fatto che non si tratta di opera, sono due cose diverse, opera e cantata sono rivolte a due pubblici diversi, perchè per l'opera si tratta di musica per il teatro, per lo spettacolo, anche con un pubblico più numeroso e con spazi più grandi, nelle opere c'è anche l'azione scenica; le cantate invece sono rivolte ad un'elite, ad un gruppo più ristretto di persone, probabilmente anche in luoghi più piccoli, ed è molto forte il legame tra il mecenate e l'artista, perchè questo è l'elemento principale per la cantata. Handel scrive cantate fino a quando è in casa di altri, questo è il modo per ripagare l'ospitalità, quando lui torna a casa propria smette di scrivere cantate, quindi il legame, l'interazione che esiste fra il mecenate e l'artista è molto forte. Inoltre, molte volte il mecenate è anche il librettista, è il caso di Ottoboni e Pamphilj, come nel Trionfo del Tempo e del Disinganno, testo scritto proprio da quest’ultimo...

Z. Come anche la famosa cantata “Hendel, non può mia musa” su versi di Benedetto Pamphilj…

M.V. si, esatto, quella cantata. Lo stesso Handel, ricordando molti anni più tardi a Londra, definirà scherzosamente il Pamphilj come “un vecchio pazzo”...

I.C. a questo proposito e riguardo alle ipotesi della musicologa americana Ellen Harris sui possibili rapporti omosessuali fra Handel e Pamphilj, che ne pensi?

M.V. io non posso ne confermarlo ne escluderlo, nessuno può e potrà mai, ma è bene che qualcuno come Ellen abbia dato inizio a questa lettura di Handel, perchè sicuramente i rapporti fra mecenate ed artista avrebbero senz’altro potuto includere questo tipo di relazioni, quindi è positivo che se ne parli e qualcuno abbia avuto il coraggio di farlo

Z., I.C. Certo, l'importante è che le ipotesi lascino aperte tutte le strade possibili, perchè di Handel privato si sa poco o nulla, perfino dell’ultimo Handel, quello famoso e venerato a Londra. Quello che è interessante, è considerare l’esistenza di questi circoli, che tipo di cultura promuovessero, se poi, dato il clima fortemente estetizzante a Roma, avessero delle tendenze "omoparticolari" non c'è nulla di male, è sempre esistito e sempre esisterà, che poi Handel lo sia stato o no, o che si sia prestato agli interessi di questi personaggi non dovrebbe scandalizzare nessuno

M.V. la cosa a cui poi bisognerebbe prestare attenzione non è se Handel ha avuto o non ha avuto rapporti omosessuali, a me questo non interessa, ma questo significa che, in ogni caso, c'era un forte legame tra queste persone, tra gli appartenenti ai circoli e tra gli artisti e i mecenati. E comunque io sono d'accordo con Ellen quando lei parla di certi codici, che venivano detti per esprimere altre cose, questo succede anche nei madrigali, il parlare di erotismo velato e questo significa che bisogna essere molto più profondi quando si legge un testo; non mi piacciono le critiche gratuite contro questi studi che lei ha fatto, è importante che qualcuno abbia affrontato questi argomenti, perchè più informazioni abbiamo e meglio è.

I.C. Trovo molto interessante quello che hai detto sull'erotismo velato, che poi è quello che si trova in tanta pittura sei-settecentesca, il parlarne sembra quasi sfondare un tabù che è stupido che esista perchè l'erotismo è sempre stato presente e non si capisce perchè non se ne debba parlare in ambiti "seri", che poi sia un etero-erotismo o un omo-erotismo poco importa. Come scrivevo nel mio articolo per saladelcembalo.org sulla Maddalena ai piedi di Cristo di Caldara, in tutte le eroine, pensiamo a Giuditta, la Maria Maddalena della Resurrezione di Handel ha accenti di amante disperata in alcune sue arie, poi se consideriamo la pittura e la scultura, come la Santa Teresa d'Avila del Bernini c'è una osmosi, una fusione fra i temi erotici e quelli sacri, anche nell'oratorio la Colomba ferita di Provenzale, i toni sono sempre quelli degli amanti, non sono mai i toni di un sacro edulcorato da santino ottocentesco…

M.V. questo è profondamente vero. Condivido una cosa che Vittorio Sgarbi ha detto: che nel Seicento e anche nel Settecento era come se volessero spiegare il piacere religioso, il piacere della fede con il piacere carnale perchè era più facile da capire, su questo potrei anche essere d'accordo, cercare di spiegare le emozioni umane o di farle sentire, che poi è legato alla teoria degli affetti barocca, e cercare di rapportarsi a questi sentimenti attraverso le emozioni della carne, è molto più facile da capire

I.C. però bisogna anche considerare che questi autori non avevano a che fare solo con degli incolti, che la cultura alta era molto smaliziata e il fenomeno del voyeurismo era imperante, gran parte della nascita del nudo nella pittura veneziana cinquecentesca ha una valenza voyeuristica, di amatori che amavano vedere il nudo, collezionarlo, come oggi si fa con altri media, e naturalmente amavano parlare di eros, più o meno velato, perchè non potevano esprimerlo apertamente, dato che andavano contro i dettami della Chiesa, della morale pubblica: fra i quadri che ho scelto per Maria Maddalena ce n’è uno di Cagnacci che è stupefacente, con Maddalena che sembra reduce da un intenso incontro amoroso-sessuale. Lo stesso Tiziano faceva splendidi nudi per un signore molto serio che si chiamava Filippo II...

M.V. … O come Monteverdi che alla fine di un madrigale dice: “Una man sola mi risana e punge" perchè non riusciva a trovare pace nel suo amore

6. ARMIDA ABBANDONATA

I.C. Anche il personaggio di Armida si può leggere in questo contesto. Parliamo proprio della cantata Armida abbandonata, realizzata per Vignanello, è molto intensa a livello interpretativo. Tu giustamente dicevi che c'è un cambio di registro fra l'opera e la cantata, ma non ti sembra che l'Armida sia una vera scena operistica, anche dal punto di vista dell'impegno esecutivo. Come l'hai affrontata e soprattutto come l'ha affrontata Roberta Mameli?

M.V. L'impressione che ho avuto quando abbiamo eseguito la cantata Armida abbandonata, è che l'elemento chiave di questa cantata sia la sofferenza di lei, una sofferenza proprio fisica, prima di odio, perchè lei è sdegnata per essere stata lasciata, abbandonata, questo si può già vedere dalla prima aria, dal primo accompagnato quando arriva "piangendo e sospirando così disse"… per annunciare l'aria, il carattere dell'aria è già dato da queste parole del recitativo, quindi è una sofferenza che prima inizia con il pianto perchè lei capisce che lui è andato via e poi arriva la vendetta, il furore, chiama tutti i mostri, i venti, perchè lei vuole chiedere vendetta; questo è un altro tipo di sofferenza perchè quando si arriva a questo livello vuol dire che non connetti più, dopo però lei si pente di questa sua ira, chiede ai venti di fermarsi, dice "non l'uccidete perchè comunque è vero mi ha disprezzata ma io lo amo"...

I.C. infatti c'è quel momento bellissimo quando dice "Fermate venti", cessa il furore e dice ah! fermate, è un momento di un'emozione fortissima, perchè lei passa subitaneamente da un affetto ad un altro, dal furore a questo momento di sospensione, di stupefazione per le sue parole irate e sconsiderate

M.V. Sì, noi abbiamo scelto apposta di interpretarlo in quel modo, perchè una lettura superficiale del testo potrebbe dire: ah no fermate, perchè quando tu fermi qualcuno lo puoi fare tranquillamente...

I.C. invece è molto bella la scelta che avete fatto, di calcare molto la mano su questo "Ah! Fermate" perchè c'è questo cambiamento di registro dell'affetto che è sconvolgente

M.V. E' fenomenale anche perchè l'intervallo è tra un re bemolle e un si naturale, quindi è molto, molto forte questo intervallo, secondo me ogni momento di Armida è basato sulla sofferenza di questa donna, ma in maniera diversa: abbiamo prima la tristezza, poi l'odio, la vendetta, dopodichè abbiamo il pentimento perchè lei si rende conto di amare ancora Rinaldo anche se lo odia con tutto il cuore, e infine cerca pace, ma forse non ce la fa, perchè cerca pace nel nume di amore, nel dio dell'amore

I.C. chiede di essere liberata da questo laccio d'amore che la sta uccidendo

M.V. Sì è proprio così, ed in questo Roberta ha fatto veramente un ottimo lavoro

7. I LUOGHI DELLE CANTATE, LA STRUMENTAZIONE ED IL BASSO CONTINUO

Z. Tornando ai luoghi che anche tu citavi e che si conoscono dove Handel è stato ospitato a Roma: il palazzo Bonelli, attuale palazzo Valentini a Piazza Venezia, o le residenze di Vignanello e Cerveteri, per queste ultime ci sono le note sui libri dei conti dell'Archivio Ruspoli, sicuramente per l'Armida e la Diana cacciatrice. Mentre per quelle dei Pamphilj è meno chiaro quale residenza sia stata utilizzata se i palazzi romani, a Piazza Navona e al Corso, o la villa suburbana poco fuori Porta San Pancrazio sull’Aurelia.. Esistono altri riscontri?

M.V. E’ difficile fare delle ipotesi ma, certo, è molto affascinante conoscere questi luoghi, dovrei dedicare un viaggio alla loro scoperta

I.C. Molti luoghi sono cambiati: presumo che Palazzo Bonelli sia stato completamente trasformato all'interno, ma la residenza di Vignanello è intatta, e penso conoscendo bene il castello che l'esecuzione possa essere avvenuta nel grande salone con i ritratti degli antenati, dove nel 1999 la Principessa Claudia Ruspoli organizzò un evento su invito per ascoltare per la prima volta alcune cantate di Handel nel luogo originario. Il castello essendo cinquecentesco non ha sale immense e così credo anche per Palazzo Bonelli, anche se conoscendo i numeri degli invitati per La Resurrezione molta gente deve essere entrata, per i Pamphilj è più difficile fare supposizioni, forse il palazzo a Piazza Navona o la villa suburbana, tutti hanno spazi vasti per un gruppo ristretto o forse anche più ampio, di persone

M.V. io non sono così sicuro sul numero dei partecipanti, ad esempio su queste cantate per i Ruspoli, gli esecutori erano sicuramente due o tre violini a parti reali e quindi non credo che ci possano essere state grandi quantità di persone durante le esecuzioni, dipendeva dall'occasione, e secondo me anche se nei palazzi c'erano sale grandi, non è detto che la musica, fosse eseguita in questi spazi. Viene da chiedersi: in questi spazi così vasti eseguivano i Concerti grossi di Corelli o le cantate di Handel?

I.C. penso i Concerti Grossi…

M.V. anch'io credo questo. Se pensiamo alla Lucrezia di Handel, sulla quale io avrei qualcosa da dire sulle odierne esecuzioni, è stata suonata con gli ensemble più disparati, ma alla fine si tratta di continuo e voce, più una linea di soprano che sopraggiunge più tardi; c'è un'esecuzione di Minkowski in cui impiegano tiorba, organo, clavicembalo, fagotto, violoncello, contrabbasso, viola da gamba, ma questa cantata è solo per cembalo!

I.C. Ci sarebbe l'esecuzione di Sandrine Piau con Les Paladins che è solo con il basso continuo, c'è solo il cembalo e il violoncello, se non sbaglio…

M.V. Sì ma secondo me anche il violoncello non ci sta.

Z. A proposito del continuo, ho notato che una delle cantate di questo CD appena uscito “Nei tuoi lumi o bella Clori...” presenta un cembalo piuttosto presente, non è evidentemente concertato ma si sente molto, è una scrittura così ricca anche in partitura?

M.V. Soprattutto nella seconda aria, “Superbetti occhi amorosi”. Ma in partitura in realtà è solo basso continuo, c'è solo la parte di basso; ho acquisito un'esperienza che mi suggerisce quando il basso ha bisogno di un sostegno del violoncello o non ne ha bisogno, perchè ad esempio quando ci sono delle parti di basso molto arpeggiate, come in quest'aria, se guardi la parte del basso è piena di arpeggi e quando c'è il cembalo solo il suono dello strumento è molto più ricco perchè gli armonici si moltiplicano, quindi lì non hai bisogno del violoncello, anzi il violoncello è quasi un ostacolo, una limitazione, perchè non è scritto o pensato per l'esecuzione. E la stessa cosa secondo me è nella Lucrezia, nell'aria veloce il violoncello sta malissimo, è scritta decisamente per lo strumento a tastiera

I.C. Quindi tu al clavicembalo per il basso continuo quale altro strumento accosteresti?

M.V. Il violoncello naturalmente, ma non ovunque, solo quando ha senso farlo

I.C. Quando realizzerai la Lucrezia hai già idea con quali strumenti la farai?

M.V. Certo, ci metterò il violoncello ma non dappertutto, potrebbe essere in un'aria oppure lascerei il cembalo solo. Il problema è che non abbiamo nulla di scritto su quello che Handel faceva con il basso continuo, però noi dobbiamo leggere la musica e non fare regoline, non creare dei dogmi. Il violoncello perchè si usa per il basso continuo? Per dare sostegno al basso e anche per dare una certa cantabilità, un suono più pastoso e più cantabile del basso che purtroppo il cembalo non ha, ma quando è scritto in maniera virtuosistica ed arpeggiata non hai più bisogno di questa cantabilità, anzi questi arpeggi non rientrano più nella naturalezza dello strumento, allora ha più senso affidare questi arpeggi ad uno strumento che ha gli arpeggi nella sua natura, ovvero il clavicembalo

8. ROBERTA MAMELI, IL SOPRANO

I.C. Come hai deciso di avvalerti di Roberta Mameli, che ormai è un soprano molto quotato?

M.V. Abbiamo lavorato insieme due volte: una volta a Graz con Savall, abbiamo fatto Orfeo ed Euridice di Fux, e poi abbiamo fatto il Teuzzone di Vivaldi per la Naive sempre con Savall, ho partecipato anche io a quella produzione, io mi sono innamorato di lei dal punto di vista musicale e ci siamo ripromessi di fare qualcosa insieme e finalmente con questo CD ci siamo riusciti…

I.C. Lei è una grande interprete anche della musica antica e seicentesca, io l'ho ascoltata con Cavina è un'interprete sensibilissima della musica madrigalistica, l'ho sentita in musiche di Luzzaschi, anche in Cavalli è molto brava e poi la prima volta che l'ho sentita dal vivo è stato al Festival Barocco di Viterbo nell'Oratorio San Giovanni Battista di Stradella, con Gatti, è stata veramente strepitosa, lei oltre ad avere una grande voce è una grande interprete

M.V. La carta vincente di Roberta è che lei interpreta la musica, la vive, lei dà un messaggio con quello che sta eseguendo

9. UNA NUOVA ETICHETTA DISCOGRAFICA

I.C. Sappiamo che hai anche fondato la tua nuova etichetta discografica ayros, insomma raccontaci del perché e del tuo iter progettuale

M.V. L'etichetta nasce anche dall'esigenza di riuscire ad avere più flessibilità per fare altri progetti, che con la collaborazione di qualsiasi altra etichetta terza non è sempre possibile attuare, perchè hanno i loro interessi commerciali, hanno i loro piani di rilascio, la necessità di diversificare con diversi artisti; a me piacerebbe riuscire a creare delle incisioni legate al gruppo più che soltanto ad iniziative di tipo commerciale; molto spesso ho proposto programmi a diverse etichette e mi sono sentito rispondere che non era commercialmente interessante…

Con questa etichetta, vorrei ispirarmi a Savall, ovvero riuscire almeno in parte ad ottenere quello che lui ha ottenuto con l'Alia Vox, la mia fonte di ispirazione è lui: grazie all'etichetta, vorrei poter fare più progetti e non soltanto legarlo alle cantate di Handel, ho molte idee…

I.C. Ma i fondi per realizzare questi progetti da dove arrivano? Chi sono gli sponsor dell'etichetta ed il vostro distributore in Italia?

M.V. in realtà sponsor per le registrazioni non ce ne sono, quindi i musicisti contribuiscono con il loro tempo ed investono moltissimo, soprattutto i ragazzi del Contrasto Armonico, e poi speriamo di vendere il più possibile perchè così i soldi rientrano e più rientrano più si possono reinvestire in altri progetti. Non ho creato l'etichetta per arricchirmi (sarebbe quasi impossibile...).

In Italia sarà distribuita da Codaex, dovrebbe arrivare nei negozi nei prossimi giorni, quindi l'appello è più il CD si vende, più gli altri progetti arrivano, quindi si può reinvestire in progetti discografici, i soldi non vengono a me ma vanno all'etichetta. L'ideale sarebbe far arrivare i soldi delle vendite direttamente ai musicisti.

Come sponsor abbiamo avuto l'ambasciata olandese in Polonia, che ha coperto un po’ le spese relative alla logistica rimborsando i biglietti aerei, ad esempio. Ed anche l'Istituto italiano di Varsavia.

10. I PROSSIMI PROGETTI

I.C. Ci parli allora delle tue prossime incisioni ed esecuzioni?

M.V. Intanto a settembre passeremo a registrare le cantate per basso di Handel…

Z. Davvero, quindi anche Nell’africane selve?

M.V. Sì, le faremo tutte e quattro le cantate per basso. Questa in particolare che citi è veramente problematica dal punto di vista dell'esecuzione vocale, l'abbiamo già data in concerto in Olanda qualche mese fa e vedremo quale sarà la soluzione finale…

I.C.,Z. Chi sarà la voce? C'è bisogno di un basso bello profondo e cavernoso…

M.V. Mitchell Sandler, quello che ha fatto Lucifero nella Resurrezione e Polifemo nell'Aci, Galatea e Polifemo. Più che altro da quello che abbiamo visto con Mitchell, suonandolo insieme, il problema non sono le note gravi, nelle africane selve sono gli acuti…

Z.,I.C. E' il salto di registro. Molto difficile per i cantanti di oggi che non sono usi a questo repertorio, è veramente problematico, soprattutto per bassi e tenori

M.V. infatti; recentementente abbiamo suonato il Pimpinone di Teleman in Austria: nel Pimpinone c'è un aria per basso dove è scritto il cambio di registro fra chiave di basso e chiave di violino perchè in quell'aria lui imita Vespetta e fa il verso alla suocera; ci sono questi salti di registro continui e veloci, ma comunque abbastanza fattibili rispetto a quelli nelle africane selve perchè si trovano nello stesso armonico, quindi sono salti o di ottava o di quinta, o di dodicesima…

Nelle africane selve questa particolare scrittura è veramente una cosa incredibile: nella prima aria c'è questo amante che si paragona ad un leone che perde la sua baldanza, la sua energia, noi abbiamo fatto un'interpretazione, che sarà una sorpresa, l'abbiamo provata all'ultimo concerto che abbiamo fatto, questo modo di prendere le note acute e poi andare sul basso, sembra proprio un leone ferito, è come se fosse un'immagine che probabilmente Handel ha voluto dare di questo animale che soffre.

I.C. Dunque quali saranno le prossime uscite?

M.V. Sebbene registrato a settembre, il prossimo CD che uscirà non sarà quello delle cantate per basso di Handel, bensì una registrazione di musiche eseguite su di uno strumento originale antico, una spinetta Ruckers del 1604, tra l'altro esistono solo due strumenti al mondo di cui uno solo in grado di suonare, ed è questo che adesso si trova in Olanda in una collezione privata. Su questo strumento ho inciso musiche di virginalisti inglesi come Byrd, e Sweelinck, si tratta di uno strumento meraviglioso, incredibilmente bello. Era anche una delle poche possibilità che il protagonista dell'incisione fosse proprio uno strumento. Questo è molto importante per la storia organologica. In seguito uscirà il CD con le arie per basso di Handel e poi altri progetti sia di musica italiana che francese…

I.C. Cosa di francese, musica cembalistica o un altro tipo di composizione?

M.V. Qualcosa di Rameau, grandissimo compositore, con gli archi. I sestetti, che è musica trascritta, vogliamo lavorare su quello e sui Pièces de clavecin en concert; poi anche su musica francese a cinque parti ed in estate eseguiremo il Vespro della Beata Vergine di Monteverdi in un festival di musica sacra in Polonia, dove ci sarà, probabilmente per la prima volta, un consort di viole da brazzo, quindi con una viola tenore.

Anche per questa interpretazione del Vespro darò una lettura che ne metta in rilievo l'erotismo velato, perchè tutte le esecuzioni che ho sentito sono troppo monacali, bisogna considerare che soprattutto i duetti per soprano sono molto erotici, la musica ha qualcosa di sensuale molto spiccato, come si diceva in precedenza in generale sulla musica barocca , i madrigali lo hanno ancora di più

I.C. Recentemente mi sono andata a risentire i madrigali del Terzo Libro di Monteverdi, e ci sono i madrigali scritti sui versi della Gerusalemme liberata di Tasso che sono veramente di un grande erotismo

M.V. Abbiamo anche in progetto di eseguire madrigali di Monteverdi da questa particolare lettura interpretativa che vorrei far passare, perchè è molto importante

I.C. Sulla prassi esecutiva dei Vespri si discute sempre molto e spesso senza soluzioni soddisfacenti...

M.V. I problemi tecnici del Vespro sono molteplici e riguardano sia l'estensione dei cornetti che l'estensione delle voci, le varie trasposizioni, infatti è un'opera molto impegnativa sotto questo punto di vista, si può studiare per ore ma difficilmente si arriva a capo di una soluzione che vada bene per tutto. Questi sono problemi tecnici chiari, ma poi c'è il problema musicale del Vespro, perchè secondo me il Vespro bisognerebbe leggerlo su diversi piani: uno è quello dei tenori che fanno dei vocalizzi che sembrano legati al canto bizantino, così come i canti gregoriani del Vespro che dovrebbero essere legati a questa prassi di canto molto antica. Perchè secondo me il Vespro è molto orientale come canto anche considerando che Venezia per antica tradizione era molto legata a questo tipo di espressione sacra, quindi alcune intonazioni o melismi dei tenori devono suonare come il canto bizantino, come canti orientali precristiani, questo è quello che voglio fare, bisogna scrollarsi di dosso le interpretazioni classiche ottocentesche, c'è bisogno di una de-romanticizzazione. Anche il coro, non c'entra nulla con il Vespro che deve essere eseguito da voci soliste

Z. Quindi farete senza coro, il Vespro?

M.V. Certo, perchè quando hai otto voci, è secondo me impensabile fare un coro ad otto voci, sono otto voci singole, tra l'altro quando Monteverdi scrive a sei voci sole, sono le sole voci senza raddoppio degli strumenti. Questa è musica per consort vocali, il coro appesantisce un po’ tutto, la polifonia non è più leggibile, non si comprende più, non la riesci più a capire...

Z. già, ricordo che McGegan quando ha inciso la Susanna o il Judas Maccabaeus impiegò un coro di un college americano con 40-50 elementi, si perde completamente di agilità, e anche se loro sono precisi, il risultato è che scompare il lirismo presente in molti cori haendeliani

M.V. Sono assolutamente d'accordo. Tornando al Vespro di Monteverdi, siamo nel 1610 e se andate a confrontare come si muovono le otto voci del Vespro con le otto voci dei madrigali più tardi, come “Ardo e avvampo”, questi sono molto più semplici della polifonia del Vespro, quindi se già con otto voci reali nel madrigale si apprezza di più la polifonia più semplice, questo è ancora più vero per il Vespro

I.C. Anche il Vespro pensate di inciderlo?

M.V. Spero almeno di incidere una registrazione live del Vespro anche perchè ci saranno esecutori eccezionali, ci sarà Marcel Beckman come tenore e Adriana Fernandez come soprano e altri musicisti di valore. Certo, con le incisioni live ci sono diversi problemi, per le correzioni che è necessario fare a posteriori, e poi le chiese che sono usate per il culto.

I.C. Prima di salutarci, quando hai detto che dovrebbe uscire il CD delle Cantate con la Mameli in Italia?

M.V. Fra qualche giorno, perchè mi hanno detto che veniva annunciato questa settimana. E comunque dal nostro sito internet è possibile ordinarlo, Ayros.eu e costa 16 euro compresa la spedizione. Ordinandolo direttamente dal nostro sito, si supporta il progetto perchè non ci sono intermediari.

I.C. Bene Marco, tienici allora informati su tutti i tuoi progetti ed attività!

M.V. Senz’altro e grazie dell'ospitalità

Z. Grazie a te.

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SOMMARIO

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Handel Cantate 01
di Maurizio Frigeni

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di Isabella Chiappara

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