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Poetry & Music in XVIII

Indice / Index

MARIO VALENTE
Lezioni di regia di Pietro Metastasio
Seconda e terza parte

Dopo la lettera ad Hasse (Pietro Metastasio, autunno 1749), torniamo ancora sull'argomento "Lezioni di Regia" grazie a due nuovi scritti che il prof. Mario Valente ci ha regalato per la Sala del Cembalo.

Si tratta di due lettere che il Poeta Cesareo scrive nell'arco di pochi mesi, la prima nel luglio 1765, la seconda del gennaio 1766, entrambe destinate al marchese di Chastellux, col quale intratterrà un intenso scambio di vedute circa i ruoli svolti da poesia e musica, i due elementi fondamentali costituenti il melodramma ed, almeno in apparenza, in competizione fra loro.

Rispetto alla lettera diretta ad Hasse, relativamente pacata, questa volta Metastasio assume un atteggiamento più che polemico, per non dire "scatenato", nei confronti di certa musica tanto di moda in quei decenni. Direi che fa quasi impressione leggere questi pensieri considerando che sono formulati dal massimo autore di melodrammi del settecento; il quale non dovrebbe mai essere identificato come un semplice librettista e neppure come il "librettista dei librettisti" (VADE RETRO, librettista! direbbe il professor Valente...), bensì come un grande poeta e regista di drammi, che fu, appunto, Poeta Cesareo a Vienna sotto Maria Teresa d'Austria.

Come apprenderà chi vorrà leggere queste lettere, Metastasio se la prende violentemente con gli autori delle cosiddette arie di bravura, espressione dello "sforzo della nostra musica, che tenta sottrarsi all'impero della poesia". Il concetto di controllo (la "dittatura") dell'una sull'altra, viene ulteriormente sviluppato nella seconda lettera, come Mario ci spiegherà meglio nel suo commento.

Tutto sommato, resta irrisolto un mistero per molti musicofili e baroccofili come noi. Come riuscire ad accettare questa visione così pragmatica e severa, quando musicisti e musicologi anglosassoni del calibro di Paul Henry Lang, ci hanno sempre raccontato l'opposto: che la Musica, nelle mani dei grandi maestri come Handel e Mozart, riesce a produrre il miracolo anche senza la guida di un testo poetico "all'altezza"?

Zadok
13 luglio 2011

Lettera2Chastellux1

Lezioni di regia
SECONDA PARTE

In questa prima lettera del 15 Luglio 1765 a Francesco Giovanni marchese di Chastellux, Pietro Metastasio, essendo ormai prossimo con la stesura de L’estratto dell’Arte poetica d’Aristotile e considerazioni su la medesima, alla sistemazione del complesso rapporto tra testo poetico-letterario e intonazione musicale, risponde alle sollecitazioni provenienti dal nobile francese (nel 1775 questi sarà nominato membro dell’Accademia di Francia), autore del trattato Essai sur l’union de la poésie et de la musique.

Il saggio dello Chastellux, amico di Voltaire e di d’Holbach, militare di carriera, dal 1776 partecipante alla Guerra d’Indipendenza degli Stati Uniti d’America e alla vittoriosa battaglia di Yorktown, maresciallo di campo dell’armata del generale Rochambeau, ufficiale di collegamento tra i Francesi e il generale George Washington, del quale diverrà uno degli amici più stretti, diviene, insieme alla lettera inviata al Poeta Cesareo, l’oggetto di uno scambio epistolare che ha al centro proprio la questione dell’equilibrio e del ruolo rispettivamente della parola poetica e della musica nella composizione del melodramma.

Metastasio rende omaggio allo Chastellux, trovandosi perfettamente consenziente con la sua sensibilità, laddove questi pretende il rispetto nel melodramma, con una pertinente ed adeguata elaborazione del ritmo delle arie, della potenzialità comunicativa espressa dalla poesia, evitando che proprio l’Aria venga sommersa da superflui ornamenti e da retorici abiti musicali, così come apprezza le distinzioni introdotte dal nobile francese nell’individuare e rispettare l’economia dell’accompagnamento musicale nell’intervenire sul recitativo semplice e sul recitativo composto (idest: accompagnato).

D’altro canto, Pietro Metastasio non può fare a meno di fare osservare che il desiderio e la propensione del nobile per un affrancamento e/o scioglimento della musica dai legami con la poesia, quasi che la prima abbia un ruolo prioritario, esclusivo e determinante nel successo e nella rappresentazione del melodramma, finiscano per contraddire proprio quella ricerca di equilibrio tra parola poetica e intonazione, prima raccomandata dallo stesso Chastellux, tanto che questi potrebbe essere costretto a dover accettare le cosiddette Arie di bravura, pur di vedere ostentare le meravigliose ricchezze proposte dalla musica, attraverso «qualche gorga imitatrice de’ violini e degli usignuoli».

La vis polemica del Poeta Cesareo non si limita soltanto a rimarcare il ruolo distruttivo esercitato dall’aria di bravura sia nei confronti della poesia drammatica che verso la musica, dipendente così da una ricerca sorprendente del dilettevole, di meccaniche sensazioni, dal perseguire «i piaceri che non giungono a far impressione su la mente e sul cuore», ma finisce per investire, capovolgendo a sua volta la “rivoluzionaria” ipotesi del nobile francese, la pretesa capacità di dominio della musica sulla parola poetica, in quanto la prima, quando anche volesse affrancarsi del tutto dalla seconda, potrebbe soltanto ed esclusivamente occuparsi «nel metter d’accordo le varie voci d’un coro, a regolare l’armonia d’un concerto, o a secondare i passi d’un ballo», mentre soltanto la poesia possiede la capacità di individuare e quindi rappresentare i piaceri, il diletto che ha duratura origine e sviluppo nella ragione discorsiva dell’uomo, e quindi nell’ordito complessivo e strutturato del melodramma, unione indissolubile e in equilibrio di poesia e musica.

Metastasio lancia quindi un vero e proprio guanto di sfida allo Chastellux: è in grado da sé sola la musica di costruire una narrazione nella quale passioni, sentimenti, azioni drammatiche siano leggibili distintamente e progressivamente sino al compimento della catastrofe e/o esito finale?

Perciò, la narrazione o discorsività razionale propria del melodramma metastasiano diverrà oggetto della seconda lettera allo Chastellux, sei mesi più tardi, il 29 Gennaio del 1766.

Finora, e in seguito anche nei secoli successivi, nessuno tra i poeti del teatro musicale, meglio noti e chiamati come librettisti, era stato in grado di seguire ed accompagnare in modo così esplicito e chiaro l’evoluzione del melodramma, la forma d’arte più diffusa e popolare nel corso dell’età moderna, dal XVIII al XIX secolo, così da obbligare anche i sostenitori ante-litteram di prima la musica, poi le parole a giustificare i loro assunti sul piano teorico e storico, nonchè su quello della prassi scenico-operistica.

Mario Valente
Roma, 24 giugno 2011

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Le scansioni delle lettere qui presentate sono estratte dalla seguente Edizione Critica: Pietro Metastasio, Tutte le Opere, a cura di B. Brunelli, voll. 5, Milano, Mondadori, 1943-1954

Charles Willson Peale, François Jean de Beauvoir marchese di Chastellux, 1782, olio su tela

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chastellux

Lezioni di regia
TERZA PARTE

In questa seconda lettera di risposta al marchese di Chastellux, in data 29 Gennaio 1766, Pietro Metastasio, dopo avere dichiarato il suo amore per la musica, a seguito e in accordo con l’elogio di quest’arte ribadito dal nobile francese, pur tuttavia fa osservare che spesso i compositori della loro epoca esprimono con le loro intonazioni stati d’animo e sentimenti stridenti e apertamente in contrasto con i testi e/o le situazioni evocate dalle narrazioni drammatiche, così da ingenerare nello spettatore la più sconfortante confusione, a dispetto della ricchezza evocativa sia della poesia quanto della musica, procurandogli una frustrante indecisione sia nel propendere verso la prima che nel preferire, all’opposto, la seconda.

La sorta di irresoluta schizofrenia indotta nel pubblico, al pari della indipendenza ed autonomia dell’uno rispetto all’altro linguaggio, a dispetto della ricchezza delle risoluzioni metriche inventate dalla grande tradizione greco-latina, sia nel campo della poesia che in quello musicale, rivela la necessità che una sola tra queste due arti abbia la possibilità di governare e guidare quell’insieme complesso, ma al tempo stesso riducibile a macchina semplice, coincidente con il melodramma.

La scelta da parte del Poeta Cesareo nel governare il melodramma non può non ricadere che sulla poesia, anche in presenza, in Francia, di un teatro che si chiama «lirico», perché, nonostante che la favola, i caratteri, l’elocuzione, la sentenza e la decorazione, ed infine la musica siano le parti che regnano nella tragedia, come racconta Aristotele, nonostante proprio la musica abbia la funzione di regolare armoniosamente le proporzioni delle voci per parlare ad un pubblico e farsi chiaramente da questo intendere, eppure «se in cotesto teatro lirico si rappresenta un’azione, se vi si annoda, se vi si scioglie una favola, se vi sono personaggi e caratteri, la musica è in casa altrui, e non vi può fare da padrona».

Anche ammesso che la musica abbia la possibilità di esercitare il ruolo di guida e di governo del teatro drammatico, in luogo e sostituzione della poesia, occorre che la musica «s’incarichi ella in tal caso della scelta del soggetto, dell’economia della favola; determini i personaggi da introdursi, i caratteri e le situazioni loro; immagini le decorazioni; inventi poi le sue cantilene, e commetta finalmente alla poesia di scrivere i suoi versi a seconda di quelle. E se ricusa di farlo perché di tante facoltà necessarie all’esecuzione d’un dramma non possiede che la sola scienza de’ suoni, lasci la dittatura a chi le ha tutte, e […] confessi di non saper comandare, ed ubbidisca».

Le inequivocabili argomentazioni di Pietro Metastasio a favore della poesia drammatica come fonte di ispirazione creativa della musica, vincolante lo stesso campo espressivo di quest’ultima all’interno del melodramma, non sarebbero state più confutate né ulteriormente discusse dallo Chastellux, sebbene, o forse proprio in ragione di ciò, stesse procedendo l’ affermazione anche in Francia della “riforma” del modello metastasiano condotta da W. Gluck e da Ranieri de’ Calzabigi con l’incremento dei recitativi accompagnati, una qualche indipendenza della composizione musicale dai versi, una certa riduzione dei “da-capo” e in particolare dei lunghi recitativi “secchi”, accompagnati dal solo basso-continuo, già in funzione di raccordo narrativo tra le scene e gli atti.

Stupefacente restava, pur sempre, in tutta Europa e nel mondo d’oltre Oceano dell’America del Nord e del Sud, la messa in musica della struttura poetico-narrativa del melodramma di Pietro Metastasio da parte di pressoché tutti i maggiori e “minori” compositori della seconda metà del XVIII secolo e da buona parte del secolo successivo, promossa non già sulla musicabilità del verso del Poeta Cesareo, come alcuni critici hanno scritto, o quanto meno non esclusivamente per questo motivo, quanto piuttosto a causa della straordinaria e irripetibile ricchezza poetico-rappresentativa della più grande tradizione culturale classica del mondo occidentale, fascino ed ispirazione ineguagliabile per il linguaggio della musica.

Mario Valente
Roma, 24 giugno 2011

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Le scansioni delle lettere qui presentate sono estratte dalla seguente Edizione Critica: Pietro Metastasio, Tutte le Opere, a cura di B. Brunelli, voll. 5, Milano, Mondadori, 1943-1954

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