Armida nella pittura barocca Sei-Settecentesca Il personaggio di Armida è tra quelli letterari che, per la sua carica patetica ed emotica ha saputo affascinare pittori e musicisti sin dalla fine del Cinquecento, quando nata dalla feconda immaginazione di Torquato Tasso, come figura centrale della sua Gerusalemme liberata, ha ben presto travalicato i confini della pura letteratura per divenire l'archetipo stesso della femme fatale nell'immaginario collettivo di plurime generazioni di artisti. Si è anche affermato che proprio nel poema del Tasso, in particolare in alcuni suoi momenti cardine, fra i quali uno dei più importanti è quello degli amori di Armida e Rinaldo, si è data corpo a quella poetica degli affetti che doveva informare di sé tutta la produzione artistica barocca. L'apparizione di Armida nel campo cristiano davanti a Gerusalemme si pone come una vera e propria deflagrazione dei sensi in grado di sconvolgere gli equilibri instabili fra autoritas centrale e pulsioni autonome dei cavalieri. La potenza seduttiva messa in atto dalla maga, è da subito nefasta per le sorti dell'esercito cristiano. D'altra parte questa è la missione affidatale dalle forze maligne: sconvolgere con la sua bellezza gli animi, portarli alla ribellione e alla diserzione, con il fine di distruggere il campo crociato. Armida a differenza di Alcina, la maga dell'Orlando furioso di Ariosto, non ha bisogno di artifici per apparire bella, lo è per sua natura, ed è un fascino allo stesso tempo naturale e soprannaturale, dunque doppiamente pericoloso, e la descrizione che di lei fa Tasso, delle sue molteplici grazie incantatrici, è la premessa per la comprensione del suo potere seduttivo e ammaliante. Questo incredibile fascino, la forza ricca di pathos che da lei promana porterà prima alla ribellione di Eustazio, fratello di Goffredo, il capo delle forze cristiane, e dei suoi pari che lo appoggeranno nella sua richiesta di portare aiuto all'affascinante straniera, e, per la perdita di controllo degli affetti che ne deriva, quella ben più grave di Rinaldo, che sconvolto e sdegnato lascerà il campo dopo lo scontro fratricida con il re norvegese Gernando. Armida era giunta al campo perché inviata dallo zio, il mago di Damasco Idraote al quale Plutone aveva ingiunto, per tramite dei consigli di un angelo malvagio, di corrompere e deviare dal giusto fine della conquista di Gerusalemme, gli animi dei cavalieri cristiani. La sua magia riesce nell'intento ma poi ella stessa rimarrà presa nella stessa trappola della seduzione amorosa. E' nel canto XIV che Armida mette in atto l'incantesimo che deve porre Rinaldo in suo potere per poterlo uccidere. Rinaldo, che vaga senza meta dopo l'abbandono del campo cristiano, viene invitato da una iscrizione apparsa su di una colonna, a raggiungere un'isola fluviale, dove viene fatto addormentare in un torpore languido ma mortale dal canto ammagliatore di una ninfa che esce dall'acqua. La ninfa-sirena è apportatrice della stessa magia naturale ed erotica della Maga, ne è la sua incarnazione, così come il luogo ameno, un giardino fatato, sul quale Armida emana il suo potere, sulle acque, sui prati fioriti, sugli animali, tutta la natura è partecipe nel coinvolgimento dei sensi, nel obnubilamento della ragione. Ma la volontà di Armida è solo quella di uccidere: una volta irretito Rinaldo, portato alle soglie dell'incoscienza, nell'annebbiamento del sonno e della voluttà, togliergli con un pugnale la vita. E qui inizia il dramma della maga: Armida rimane essa stessa preda dei lacci d'amore, la seduzione che promana dal giovane corpo dell'eroe addormentato diventa una malia che incanta e che al risveglio intrappolerà anche Rinaldo. La maga si rispecchia e si riconosce in Rinaldo, come Narciso alla fonte, e attraverso il gioco delle somiglianze entrambi vengono affascinati dall'altro da sé attraverso lo specchio d'amore. Questa sospensione dell'atto assassino è un'emanazione del potere seduttivo di Rinaldo addormentato, ma nello stesso tempo della fascinazione che Armida subisce specchiandosi e ritrovandosi in Rinaldo, in un riflesso di sé stessa. Nella filosofia neoplatonica di Marsilio Ficino il tema dell'amore è centrale e diventa fondante per il pensiero rinascimentale. Le teorie espresse nel Libro de Amore vedono nella somiglianza e nel desiderio per il simile il meccanismo attraverso il quale si viene irretiti dalla passione amorosa: in Armida il riflesso del volto di Rinaldo si scolpisce nella sua anima e l'odio si trasforma in amore. Allo stesso tempo Rinaldo nel risvegliarsi nell'isola magica di Fortuna si rifletterà in uno specchio fatato che lo farà innamorare perdutamente di Armida, perdendo la sua virilità guerriera ed effeminandosi. Questa è la visione dei due amanti che ritroviamo in molte delle espressioni pittoriche del Sei-Settecento, con Rinaldo ed Armida persi l'uno nell'altro nel giardino d'amore. Così negli splendidi dipinti di Annibale Carracci (1600-1601) e di Domenichino (1620-1621). Domenico Zampieri detto il Domenichino - Rinaldo ed Armida, 1620-21 - Musèe du Louvre, Parigi
In entrambi lo specchio è centrale, ma si comprende bene che esso è un'emanazione della stessa Armida. Rinaldo e la maga hanno tratti simili, la loro bellezza si rifrange l'uno nell'altra, e la stessa natura incantata, il locus amoenus nel quale intrattengono i loro giochi amorosi, ne è un'emanazione. Essi esistono perché sono un'incarnazione della magia erotica, della fascinazione della maga, che li distruggerà infatti nel momento in cui l'amante la abbandonerà. Soprattutto in Annibale Carracci la natura lussureggiante, che sovrasta e sembra partecipare alla malia, è dominata da Armida, mentre Rinaldo, nel quale il processo di femminilizzazione è molto pronunciato, è totalmente succube della magia erotica e femminea, contrastando la sua figura che viene sempre più ad assomigliare a quella di Armida, con quella dei due guerrieri nascosti fra le fronde. La postura rilassata del suo corpo, l'abbandono delle armi, il suo sguardo fisso negli occhi dell'amata, il suo accecamento e lo stato dominante della maga, fanno di lui un prototipo dell'eroe e per estensione dell'uomo che divenendo preda di una donna, perde la sua natura virile e guerriera, suscitando irrisione e compatimento, come nei noti episodi biblici di Sansone e Dalida e mitologici di Ercole e Iole. Più ricco di sfumature e meno radicale il quadro di Domenichino, un meraviglioso idillio amoroso, con le colombe che tubano e gli amorini che si baciano, mentre un eros lancia la sua freccia verso Armida, in un processo di conformazione amorosa che ritroveremo nella galante e leziosa scena rappresentata da François Boucher nel quadro ora al Louvre (1734), mentre più classica e misurata appare la coppia di amanti nella tela di Tiepolo per la Residenz di Würzburg (1750). Giambattista Tiepolo - Rinaldo ed Armida nel giardino - Würzburg Residenz
Giambattista Tiepolo - Rinaldo abbandona Armida - Würburg Residenz
Nicolas Poussin - Rinaldo ed Armida, 1628-29 - Dulwich Picture Gallery, Londra
Diversa la scelta di Poussin nelle due opere che dedicherà a questo tema nel 1628-29, con la raffigurazione del momento del pathos estremo, quello in cui Armida, che si è avvicinata col pugnale in mano a Rinaldo per colpirlo nel sonno, si innamora del cavaliere cristiano, ne subisce la fascinazione. Soprattutto nel quadro del '29 dalla incredibile forza patetica, Poussin riesce a comunicarci l'attimo della sospensione dell'atto assassino, ritrovando nella gestualità e nello sguardo attonito della maga, il rallentamento dell'azione che è nella stessa versificazione del poema, e che sarà presente anche nei bellissimi versi di Quinault per l'Armide di Lully. Il braccio omicida che viene fermato nella sua dinamica dall'amorino corrucciato contrasta con il braccio sinistro che già mollemente riposa sul capo di Rinaldo addormentato accanto alla sua mano ripiegata. L'aggressività si placa in un gesto delicato, e si conforma alla posa languida di Rinaldo. Il radicale cambiamento di affetto, dall'ira al sentimento d'amore si percepisce in tutta la sua forza patetica, così come ce lo restituirà Lully nella celeberrima aria di Armide: "Enfin, il est en ma puissance", centro nodale della sua tragédie en musique. François de Troy - Armide, 1735-45 - Musèe des Beaux Arts, Lille
Ben diversa la teatralizzazione, frutto del clima rinnovato del primo Settecento, del quadro sullo stesso tema di François de Troy, con la maga attorniata dai suoi mostri, ma vinta dall'amore. Alla tensione drammatica, al pathos esacerbato degli affetti che si risolve in una scelta minimale tutta basata sui gesti e gli accenti, risponde un'accentuazione degli elementi narrativi e descrittivi che ne raffrenano le potenzialità emotive. Meno frequente in pittura la rappresentazione dell'altro momento cruciale del dramma di Armida: il disvelamento dell'inganno e il conseguente abbandono di Rinaldo. Questo però, proprio per la carica di drammaticità insita nel furore della maga, nell'amore che si trasforma di nuovo in odio, nelle scelte contrastate di Rinaldo, troverà le maggiori possibilità rappresentative in musica, in una serie di Armide strepitose che troveranno in quella intonate da Jommelli e da Haydn un picco dall'intensità inarrivabile. Alessandro Tiarini - Rinaldo e Armida - 1620-25 - Banca popolare dell'Emilia Romagna - Modena
E' soprattutto il pittore bolognese Alessandro Tiarini (1577-1668) a dedicare al tema diverse tele la più intensa delle quali è senz'altro quella del 1620-25 conservata a Modena. In un quadro che sembra rientrare nell'orbita del primo Guercino per intensità patetica e per cromie esasperate, i toni si accentuano in senso drammatico con il primo piano ravvicinatissimo della maga che, in un gesto potente e passionale, tenta di uccidersi frenata da Rinaldo. Qui assistiamo ad un ribaltamento dell'immagine che ci aveva offerto Annibale Carracci: riconquistata la sua virilità, Rinaldo la esaspera in un atteggiamento di superomismo, mentre Armida, nella sua figura con i seni ostentatamente scoperti ed offerti al voyeurismo del riguardande, ritrova tutta la sua prorompente femminilità, in cui i tratti della donna dominata e non più dominante, danno la dimensione di un ritorno all'ordine morale e di genere. Molto più pacati i toni del dramma nell'affresco di Giambattista Tiepolo per Villa Valmarana (1757), Rinaldo giganteggia al centro della raffigurazione, nella sua determinata volontà di tornare al suo dovere di cavaliere cristiano, mentre Armida lo sogguarda in atteggiamento supplice. Giambattista Tiepolo - Rinaldo abbandona Armida, c.1750 - Villa Valmarana - Vicenza
Contemporaneo a molte opere "riformate" degli anni '70 e '80 del Settecento il quadro con Rinaldo ed Armida nel giardino incantato di Angelica Kauffmann, ha toni altamente elegiaci, nessun contrasto affettivo fra i due amanti, presi nella loro passione, ma con moderazione. Angelica Kauffmann - Rinaldo e Armida nel giardino, 1771 - Yale Center for British Art
Non ritrovo in questi ultimi esempi, come in altre raffigurazioni della stessa epoca, la stessa forza patetica che invece è la componente essenziale delle rappresentazioni musicali di quegli stessi anni, come ad esempio nell'Armida abbandonata di Jommelli o nel dramma eroico di Haydn. Il tono è sicuramente più intimo, gli affetti sono stemperati, predomina già un'immagine aulica che poco restituisce all'intensità del dramma e più si avvicina al registro epico che di lì a pochi anni diventerà dominante nel rinnovarsi delle tematiche eroiche del nascente neoclassicismo. CONTINUA (Armida nella musica Sei-Settecentesca) >>> Copyright 2013 Isabella Chiappara Soria |