ANTONIO CALDARA (1670-1736) Maddalena ai piedi di Cristo (Venezia, 1697/1698) n tempo di Quaresima e particolarmente durante la Settimana Santa in tutta l'area cattolica era usuale l'esecuzione di Oratori presso diverse istituzioni pubbliche e private che andavano dalle cappelle delle corti, ai palazzi aristocratici, alle cattedrali e alle chiese legate ai più importanti Ordini religiosi in particolar modo Filippini e Gesuiti. La nascita del genere dell'Oratorio che in forma musicale e teatrale narrava le storie evangeliche, bibliche o dei santi dell'agiografia cristiana, è da situare a Roma nella prima metà del Seicento con Carissimi e le sue Historiae Sacrae, nelle quali si faceva ancora uso del latino, presso l'Oratorio del SS. Crocifisso, ed era stata la risposta curiale ed ecclesiale al teatro musicale che si andava diffondendo con un successo travolgente in tutta Italia. Tanto è vero che il latino fu ben presto abbandonato per l'italiano e l'oratorio andò sempre più avvicinandosi alle forme correnti del dramma in musica, con le sue arie, recitativi, ritornelli e così via. Tutti i grandi e minori compositori dell'età barocca, lungo il corso del Sei-Settecento si cimentarono nel genere, alternando la loro scrittura per il teatro mondano con quella per il teatro sacro, tanto che la presenza di quest'ultimo nel lungo periodo quaresimale, durante il quale era interdetta l'attività teatrale, andava a colmare una mancanza fortemente sentita nel pubblico dei tanti estimatori del "cantar recitando". L'oratorio di Antonio Caldara (1670-1736) Maddalena ai piedi di Cristo, del quale più avanti tracceremo la storia nelle sue diverse fasi esecutive, è dedicato ad una delle figure più emblematiche della agiografia cristiana, Maria Maddalena, personaggio complesso e dalla lettura ambigua, per il modus stesso con il quale l'iconografia sacra volle rappresentarlo. L'immagine di Maria Maddalena deriva dall'interpretazione di Gregorio Magno che fuse in lei due figure diverse: quella della donna che unse i piedi di Cristo nella casa di Simone il fariseo e quella della sorella di Marta di Betania, che profumò il capo e i piedi di Gesù aprendo per lui un vaso di unguento prezioso. Essendo una figura in qualche modo doppia appare in numerosi episodi evangelici dei quali il più importante è sicuramente quello dell'incontro nell'orto con Cristo dopo la Resurrezione, prima persona a vedere il Risorto. Ma è l'episodio della cena nella casa del fariseo che suggerì agli iconografi le immagini più suggestive della santa. Maria di Magdala, peccatrice e donna dal passato lussurioso, si gettò ai piedi di Cristo, bagnandoli con copiose lacrime, asciugandoli con i lunghissimi capelli e ungendoli di unguento profumato, chiedendogli perdono per i suoi peccati e dedicandogli il resto della sua vita di penitenza. Tutte le prime raffigurazioni della santa, in particolar modo nel Quattro-Cinquecento italiano, ci offrono di Maria Maddalena una visione di grande ambiguità. Vestita degli abiti più sontuosi, avvolta nei suoi meravigliosi capelli che sono uno dei suoi maggiori attributi iconografici, come il vaso di unguento profumato che sempre tiene fra le mani, si mostra in un atteggiamento di grande sensualità che in lei ricorda molto più la peccatrice che la penitente. Splendide le immagini della santa di Carlo Crivelli, pittore veneto della seconda metà del Quattrocento che ce la mostra con il corpetto della camora aperto a lasciar intravedere i seni, fluenti boccoli lungo le spalle, ed uno sguardo, dal sotto in su, tanto disinvolto e malizioso da ricordare il piacere che, prima della conversione, pur aveva offerto. Anche Tiziano, pur scegliendo una lettura più penitenziale, indulge nell'effetto voyeristico, con la bellissima donna dai capelli biondissimi che si aprono sul petto, lasciando nudi alla vista i magnifici seni. Caravaggio, raffigurandola quasi affranta in melanconica meditazione, non ci nasconde, anzi esalta la bellezza della fanciulla e le sue ricche vesti, anche se ai suoi piedi giacciono abbandonati i gioielli della passata vita di piacere e dissennatezza. Infatti è con l'inizio del '600 che l'immagine della santa assume su di se anche le sembianze di una vanitas. Così decide di mostrarcela George de la Tour in dipinti dall'intensità sconvolgente. Maria è rappresentata di profilo con i lunghi capelli neri disciolti mentre si guarda in uno specchio, noto simbolo di vanità e lussuria, ma noi non vediamo il suo viso, bensì la candela accesa che gli è posta di fronte, così che la luce che va spegnendosi rammenta al credente la bellezza illusoria della vita e dei suoi piaceri, la sua brevità e l'incombere della morte. a sinistra: Tiziano - Maddalena - Galleria Palatina, Palazzo Pitti (Firenze) a destra: George de La Tour - Maddalena penitente - Metropolitan Museum (New York)
A questa immagine severa e trascendentale del pittore francese risponde però la visione del barocco italiano e in particolar modo di Guido Cagnacci, pittore emiliano di quadri "da stanza" della fase centrale del '600, che trasuda una sensualità dalla forza dirompente, in dipinti dove Maria Maddalena in estasi, pur meditando sul teschio simbolo della morte e con il cingolo penitenziale, si mostra con il busto nudo e in un atteggiamento vagamente perverso, che ricorda il momento del massimo piacere e dell'assoluta perdita di coscienza che ne deriva. Guido Cagnacci - Maddalena Penitente - Galleria Nazionale d'Arte Antica di Palazzo Barberini (Roma)
Come molte altre immagini di sante barocche, basti pensare alla Santa Teresa d'Avila del Bernini, il confine tra massimo appagamento dei sensi e travolgente resa al dominio del sovrannaturale e del divino, è molto sottile e spesso l'ambiguità che ne deriva è giocata dal pittore con finalità che hanno ben poco di devozionale. Anche in musica, valga per tutte la Maria Maddalena dell'oratorio La Resurrezione di Handel, che si mostra con parole e atteggiamenti più da amante, che di discepola, nei confronti del Cristo, la componente sensuale è dominante e si percepisce l'esigenza di vedere nella santa il personaggio che più di ogni altro può manifestare la difficile scelta del cristiano fra piacere e virtù. Questa è la lettura di un'altra tela del Cagnacci che pur dipinta nel 1660-61, quindi una trentina di anni prima dell'oratorio di Antonio Caldara, si può porre come la sua versione visiva, con una pertinenza che difficilmente si riscontra con tanta puntualità fra un'opera d'arte pittorica e d'una d'arte musicale. La Conversione della Maddalena mostra infatti Maria mentre, abbandonati gioielli e vesti preziose, in ginocchio e seminuda, si lascia convincere dalla sorella Marta ad abbandonare i Vizi e il Piacere, mentre un angelo glorioso fustiga un demonio che fugge inorridito. Guido Cagnacci - La conversione di Maddalena - Norton Simon Museum (Pasadena)
Questi sono gli stessi protagonisti del bellissimo oratorio Maddalena ai piedi di Cristo di Antonio Caldara, dove un Amor Terreno ed un Amor Celeste si contendono Maria Maddalena, mentre la sorella Marta interloquisce nel tentativo di conversione. Nella seconda parte, legata all'episodio della cena del fariseo, compaiono anche quest'ultimo e il Cristo, che portano infine la peccatrice a donarsi interamente alla vita virtuosa, tra i plausi dell'Amor Celeste e lo scorno rabbioso dell'Amor Terreno. Un oratorio questo di Caldara fra i primi realizzati dal prolifico musicista veneziano, autore di venticinque oratori per la corte imperiale degli Asburgo di Vienna, ma in precedenza attivo sia a Venezia con oratori composti per Santa Maria della Consolazione, chiesa dell'Ordine dei Filippini, e a Roma dove Caldara fu organico alla corte del principe Francesco Maria Ruspoli fra il 1710 e il 1716, componendo oratori praticamente per ogni quaresima di quegli anni. L'oratorio di cui stiamo trattando fu eseguito per la prima volta, probabilmente nel periodo veneziano, verosimilmente fra 1697 e 1698, ma ripreso nel 1713 alla cappella imperiale di Vienna, iscrivendosi questa riproposta con ogni probabilità negli anni '11-'12 quando Caldara lasciò Roma nella speranza di ottenere il posto di Kapellmeister presso gli Asburgo, dove però, solo nel '16 ottenne il ruolo di vice-maestro che mantenne fino alla morte nel 1736. Il libretto della Maddalena ai piedi di Cristo è più antico di una decina d'anni rispetto alla sua messa in musica da parte di Caldara, scritto da un erudito veneziano, Lodovico Forni, fu già intonato da Bononcini nel 1690 e rappresentato a Modena, quando giunse a Caldara fu però ampiamente rivisitato da Bernardo Sandrinelli, letterato veneziano già autore di libretti di oratori per la chiesa dei Filippini e per la Pietà. Rispetto alla versione di Bononcini fu aggiunto il personaggio di Marta, le arie furono ridotte da 47 a 33, 16 furono completamente riscritte, guadagnando l'oratorio in concisione risultando più coerente ed omogeneo, ed aumentando i fattori di contrasto drammatico. Che in questo oratorio è fortissimo. Il vero e proprio duello verbale e musicale fra il male e il bene personificati dall'Amor Terreno e dall'Amor Celeste, è reso in momenti di grande violenza ed esacerbazione degli Affetti, mentre la difficile e sofferta scelta di Maria Maddalena è mostrata con accenti altamente patetici e dolenti, a cui solo la sicurezza nella virtù di Marta, lo stupore attonito del Fariseo, e la forza di Cristo, portano alla fine a placare il tormento interiore e donano la salvezza. Quest'opera presenta un florilegio di arie splendide, spesso nella forma del da capo, mentre i momenti più intimi sono dati da arie più brevi, per voce e continuo, con ritornelli a cinque parti di archi. Le arie più complesse, vicinissime alle grandi arie del dramma in musica contemporaneo, vedono invece l'intervento dell'intera compagine strumentale, con uso di colorature per rinforzare i potenti effetti emozionali. Di questa magnifica composizione di Antonio Caldara abbiamo una strepitosa registrazione di diversi anni fa. Era il 1996 quando un René Jacobs, quasi all'inizio della sua carriera di direttore, naturalmente non di cantante specialista nel repertorio barocco, metteva su potremmo quasi dire un super gruppo con solisti e strumentisti eccelsi provenienti dalla grande "Schola Cantorum Basiliensis", ovverosia l'eccellenza nell'insegnamento della prassi esecutiva antica e barocca, con la Chiara Banchini primo violino e konzertmeisterin, e dei cantanti anche loro alle prime armi, tutti però già in grado di mostrare una bravura senza fallo. A cominciare dall'Amor Celeste sublime di un giovane Andreas Scholl, in una interpretazione veramente angelica e pura, quasi sovrumana nel suo perdere i connotati di materialità assumendo quelli disincarnati dello spirito, e dell'Amor Terreno della Bernarda Fink, viceversa sanguigna e terrigna nei suoi furori o nella descrizione del piacere come in Fin che danzan le grazie sul viso una delle arie più virtuose dell'oratorio. Le loro arie sono le più belle e contrastate, splendido il loro duetto La mia virtude, nel quale i due timbri contraltili, si fondono meravigliosamente. Anche la Maddalena di Maria Cristina Kiehr trova accenti di pura drammaticità e intensità emozionale, con momenti di rara introspezione come in Pompe inutili con il violoncello obbligato, mentre più pacato è il canto della Marta di Rosa Dominguez ed ottimi sono il Fariseo di Ulrich Messthaler e il Cristo di Gerd Turk. René Jacob supportato in modo egregio dalla Chiara Banchini dà prova di tutta la sua capacità di teatralizzare un testo musicale, con contrasti dinamici e cromatici di grande forza e bellezza. Non a caso questa esecuzione fece epoca e vinse una enorme quantità di premi internazionali fra i quali il prestigioso Gramophone Award dell'anno, e aprì le porte della notorietà a tutti gli interpreti. Un cd che io reputo in assoluto fra i migliori di tutta la discografia di musica barocca storicamente informata. Isabella Chiappara, 30 marzo 2013 ANTONIO CALDARA Maddalena ai piedi di Cristo Oratorio Maria Cristina Kiehr - Maddalena Rosa Dominguez - Marta Bernarda Fink - Amor Terreno Andreas Scholl - Amor Celeste Ulrich Messthaler - Fariseo Gerd Turk - Cristo Orchestre de la Schola Cantorum Basiliensis Konzertmeisterin Chiara Banchini Direzione René Jacobs Harmonia Mundi - HMX 2905221.22
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