| MYSLIVEČEK MEDONTE Storia di un'opera in musica
Jacques Louis David - Il commiato di Telemaco da Eucharide (1818) Los Angeles, The J.Paul Getty Museum l 26 febbraio del 1780 veniva rappresentata al Teatro Argentina di Roma la penultima opera seria del compositore boemo Josef Mysliveček, il Medonte. In quegli ultimi decenni del Settecento il teatro Argentina era fra i più rinomati della Città papale, frequentato in particolar modo dall'aristocrazia, tradizionalmente più conservatrice nei gusti musicali, ed in questo forse si può vedere l'accoglienza molto tiepida con la quale il dramma in musica fu accolto. Perché il Medonte sotto molti aspetti è un'opera fortemente innovativa, nel linguaggio musicale, ma anche nella trama del libretto di Giovanni de Gamerra, dove grande risalto ha una storia di contrasti amorosi così cara alle nuove mode orientate al genere sentimentale. Mysliveček veniva, in quell'ultimo anno della sua vita passato quasi dimenticato a Roma, morirà infatti nel 1781, da una carriera ricca di successi in tutta Italia ed Europa e da una universale considerazione per essere uno dei maggiori compositori di drammi in musica, ne scrisse ben ventisette, della sua epoca. Scrisse anche moltissima musica strumentale, sinfonie, ma anche musica da camera oltre ad oratori, musica sacra e cantate. Il compositore era nato a Praga nel 1737, figlio di un ricco mugnaio, ed inizialmente fu attratto dagli studi filosofici e letterari, abbandonati per seguire l'azienda famigliare, che lasciò però al fratello per dedicarsi allo studio della musica, inizialmente a Praga con Josef Seger e Franz Johann Habermann, in seguito nel 1763 a Venezia con Giovanni Battista Pescetti. Nel 1764 a Parma veniva rappresentata la sua prima opera, la Medea, la cui primadonna Lucrezia Aguiari, divenne la sua amante. La sua fama montante lo portò a Napoli dove nel 1766 e 1767 al San Carlo furono rappresentate il Bellerofonte e la Semiramide. L'appellativo di "Divino Boemo" lo accompagnò nei suoi numerosi viaggi e spostamenti nelle maggiori capitali musicali europee. A Bologna, dove nel 1771 era diventato Accademico Filarmonico, nel 1770 aveva incontrato il giovane Mozart, ivi con il padre, legandosi a lui con un'amicizia che durò per quasi tutta la vita. Abbiamo delle lettere di Mozart al padre in cui racconta la mesta visita che fece al musicista nel 1777 durante un suo ricovero per un'operazione che avrebbe dovuto porre rimedio ad una sifilide devastante, con il solo risultato di sfigurarlo e togliergli per sempre l'olfatto. Nella corrispondenza fra Mozart e Mysliveček la terribile sciagura viene sempre definita la "malattia" e mai Mysliveček ne parlò nei suoi termini reali, attribuendo le sue menomazioni ad una caduta da calesse. Durante la visita, che Mozart volle fare in giardino per paura di un possibile contagio, il salisburghese rimase molto colpito dalle condizioni dell'amico e nelle sue parole al padre traspare una profonda commozione. Nel 1778 Mysliveček riusciva ancora a dare con grande successo l'Olimpiade a Napoli, ma nel 1780 l'Armida a Milano fu un colossale fiasco, a cui seguì il mancato successo del Medonte a Roma. Ultima opera fu l'Antigono sempre nella primavera dell'80 al teatro delle Dame a Roma, e poi la morte nel febbraio del 1781. Fu sepolto in San Lorenzo in Lucina, dove purtroppo il suo monumento funebre, voluto da un amico inglese, Mr. Barry, è andato distrutto. Il Medonte dimostra quanto Mysliveček fosse all'avanguardia nella composizione di musica per opere serie, in una fase di grande elaborazione del genere che così grande importanza aveva avuto lungo tutto il secolo soprattutto nell'intonazione dei testi di Pietro Metastasio. Il libretto del Medonte è lontano anni luce dai tipici stereotipi metastasiani, qui nessun dispotismo illuminato, viene a salvare la figura del tiranno, non c'è magnanimità, se non alla fine e non certo da parte del protagonista, l'eponimo del crudele soppressore della libertà degli amanti, che non possono vivere in pace il loro amore. Arsace, principe di Dodona e Selene, figlia del re di Argo si erano incontrati ed amati negli anni della prima giovinezza, ma il principe aveva dovuto lasciare Argo senza poterla condurre con se come sposa. Alcuni anni più tardi, Medonte re dell'Epiro, presso il quale si trovava ora Arsace come Comandante delle sue armate, durante una campagna militare in Argo si innamora della principessa Selene e la conduce in Epiro per poterla sposare. Arsace è travolto dallo sconforto e dalla disperazione, lui ama sempre riamato Selene e lo confida al suo amico Evandro, che però non può nascondere al re, già sospettoso per il comportamento della sposa e del suo comandante, la verità del rapporto dei due amanti. Selene, che ha ritrovato l'amore della sua giovinezza, è infelice, anche se la sua virtù incrollabile non le permette di cedere alle sue lusinghe. Ma Medonte, incitato anche dalla principessa di Tessaglia Zelinda, che forse segretamente ama Arsace, viene travolto dalla furia ed incarcera i due amanti per poi condannarli a morte. Tutta la vicenda in seguito è basata sulle ripetute liberazioni di Arsace e Selene, che trovano l'aiuto oltre che di Evandro anche di Talete, che aveva accompagnato la principessa da Argo, anche se vengono sempre ritrovati e ricondotti in catene dal crudelissimo Medonte, con una crescita dell'intensità drammatica che trova finalmente conclusione nel finale combattimento fra Medonte ed Arsace che vince, grazia il tiranno lasciandogli il regno e convola alle felicissime nozze con Selene. Una grande storia d'amore quindi, contrastata fino all'ultimo, con l'eroina sempre in travaglio per la libertà e la paura per la sorte sua e dell'amato. Una storia che si inserisce in quel "terzo genere" come è stato definito quello che andava ad incunearsi negli ultimi decenni del Settecento fra opera seria ed opera buffa, con le sue tematiche sentimentali, che tanto incontravano il gusto della borghesia. Si può dire che addirittura in questa trama ci sia una prefigurazione di quella pièce a' sauvetage che tanta fortuna troverà a cavallo fra '700 e '800, soprattutto in ambito francese, dove comunque il "sentimentale" era nato insieme con il mélodrame teatrale, tanto esaltato da Diderot e Mercier, proprio per venire incontro a tematiche che potevano essere apprezzate da una Borghesia sempre più rilevante nel complesso gioco sociale della fine dell'Ancien Régime. A questa trama di forti contrasti amorosi Mysliveček risponde con una musica esemplare che proprio nei rapporti fra colori e dinamiche anch'esse contrastate trova la sua cifra estetica più pregnante. Insieme con le nuove forme di modello di aria in due tempi che si vanno sempre più diffondendo nelle opere serie cosiddette "riformate". Sono diversi i rondò in quest'opera, tutti al culmine della tensione drammatica ed affidati ai due protagonisti Arsace e Selene. Splendida è la "grande aria" di Selene al centro del secondo atto: un rondò molto complesso che potremmo riassumere con una serie di arie e recitativi accompagnati ABAB che iniziano con un potente recitativo accompagnato cui segue un'aria cantabile, proseguono con una agitata fase drammatica in cui continui sbalzi di agogiche ci danno tutto il tormento dell'anima della fanciulla, per terminare in una tesissima coda finale, una vera e propria "stretta" in cui le dinamiche si fanno sempre più esacerbate e i contrasti cromatici violenti. Anche Arsace ha un bellissimo rondò, che conobbe una enorme fortuna nella sua diffusione a mezzo stampa per i concerti privati. E' Luci belle se piangete, in una perfetta forma bipartita, la prima cantabile, la seconda decisamente più contrastata. Selene quasi alla fine del terzo atto canta un'altra aria bipartita dagli affetti contrastanti, affanno e speranza che nella prima parte si traducono in un tema patetico, mentre l'incombente terrore per la morte dell'amato prende quasi la forma di un'aria di furore. Innovativi anche i finali d'atto, nel primo un bellissimo duetto fra i due amanti, un terzetto con il tiranno Medonte nel secondo. A quest'ultimo sono destinate arie prevalentemente con il da capo, diverse di furore, così come sono tutte in quest'ultima forma le arie dei comprimari Evandro, Zelinda e Talete. I cantanti furono, come era prammatica a Roma tutti uomini, i soprano castrati Michelangelo Bologna e Tommaso Consoli furono rispettivamente Selene ed Arsace, due ruoli importantissimi, non a caso i cantanti erano abbastanza celebri, soprattutto il Consoli, per il quale Mozart creò i ruoli di Aminta nel Il Re pastore e di Ramiro nella Finta Giardiniera. Gli altri castrati erano i meno noti, Biagio Parca, della Cappella pontificia, Evandro, Silvestro Fiammenghi, Zelinda e Lorenzo Galeffi soprano alto, Talete. Il ruolo di Medonte era tenuto dal famoso Giacomo David, il tenore più celebrato del tardo Settecento e primo Ottocento, l'inventore del tenore classico, che già prefigurava quello preromantico. David era particolarmente apprezzato per il suo timbro baritenorile in grado di escursioni molto estese nel registro acuto grazie all'uso del "falsettone". Infatti le sue arie sono particolarmente virtuosistiche, anche se decisamente più convenzionali. Un'opera decisamente bella che fino a questo momento, come per altro gran parte della produzione di Mysliveček, era ignota alle produzioni discografiche. Finalmente un'incisione dell'Ensemble "L'Arte del mondo" diretto da Werner Ehrardt è giunta a colmare in parte questo incredibile vuoto conoscitivo, con la registrazione del Medonte in un live da un concerto al Bayer Kulturhaus di Leverkusen, pubblicato dalla Deutsche Harmonia Mundi. Una produzione notevole affidata alle voci di Thomas Michael Allen nel ruolo di Medonte, Juanita Lascarro e Susanne Bernhard rispettivamente Selene ed Arsace, Stefanie Elliott Evandro, Lorina Castellano Zelinda e Ulrike Andersen, Talete. Se l'orchestra mostra un'ottima padronanza nel dispiegare le accese dinamiche della musica non completamente soddisfacente può risultare la scelta delle voci, troppo omogenee nel timbro quelle sopranili, con la necessità di dover seguire giocoforza il libretto per individuare i diversi personaggi non particolarmente caratterizzati timbricamente, anche se tutte le cantanti sono molto brave, virtuose nelle colorature la Elliott e la Castellano, perfette nel loro ruolo drammatico la Lascarro e la Bernhard. Più discutibile il tenore Allen, non proprio al meglio nel ruolo del titolo, che molto richiede in prestanza vocale. Comunque è talmente un evento poter ascoltare la musica di Mysliveček e per altro in una edizione molto buona nell'insieme che mi sento di consigliare il cd caldamente a tutti coloro che amano l'opera al suo passaggio epocale di fine secolo. Isabella Chiappara, 8 dicembre 2012
Josef Mysliveček - Medonte Thomas Michael Allen - Medonte Juanita Lascarro - Selene Susanne Bernhard - Arsace Stephanie Elliott - Evandro Lorina Castellano - Zelinda Ulrike Andersen - Talete L'Arte del Mondo Werner Ehrhardt Dirigent Andrea Keller Konzertmeisterin 88697861242 Deusche Harmonia Mundi
Copyright 2012 Isabella Chiappara Soria | Leggi anche: Josef Mysliveček MEDONTE opera seria in tre atti RECENSIONE di M. Frigeni | |