COSTUME E MUSICA NELLE CORTI DELL'ETÀ RINASCIMENTALE E BAROCCA Dott.ssa prof.ssa ISABELLA CHIAPPARA SORIA LE CORTI RINASCIMENTALI ITALIANE - 1540 - 1570 - La Firenze di Cosimo I De Medici ed Eleonora da Toledo Abito ed immagine dinastica Nel 1539 Cosimo de Medici, duca di Firenze dal 1537, sposava Eleonora da Toledo figlia del potentissimo viceré spagnolo di Napoli, don Pedro da Toledo. Il matrimonio sanciva l'alleanza fra Asburgo e Medici, fra l'Impero di Carlo V e Firenze, l'ultima roccaforte dell'autonomia italiana che strenuamente aveva combattuto per la libertà. Dopo un lunghissimo e massacrante assedio, nell'agosto del 1530 le truppe imperiali erano entrate nella città restaurando il regime mediceo nella persona di Alessandro, che nel 1532 veniva fatto Duca. Dopo l'assassinio di questi, fu il giovanissimo Cosimo, figlio di Giovanni dalle Bande Nere, grandissimo condottiero del ramo cadetto dei Medici e Maria Salviati, a prendere il potere, inaugurando una dinastia che sarebbe durata fino al Settecento. Durante la breve stagione della Repubblica fiorentina grandi personaggi del mondo della cultura come Machiavelli e Pontormo avevano collaborato e avevano fatte proprie le istanze degli insorti. Michelangelo Buonarroti era stato nominato "governatore e procuratore generale sopra alla fabbrica e fortificazione delle mura" prestando il proprio genio ingegneristico ed architettonico alla creazione di bastioni e protezioni alla collina di S.Miniato, e un musicista, fra i sommi di quel periodo, Philippe Verdelot francese ma vissuto fino alla morte in Italia, aveva partecipato vivamente alla lotta politica componendo ben due mottetti a sette voci Sint dicte grates Christo, per l'assedio e la peste, e Letamini in Domino, ispirato ai detti del Savonarola di cui fu seguace. Di lui abbiamo addirittura quello che potremmo definire un vero e proprio inno patriottico quando musicò le prime strofe della Canzone all'Italia del Petrarca (Secondo libro dei Madrigali a cinque voci). Ma le voci appassionate e l'impegno strenuo dovevano spegnersi di fronte all'incalzare dello strapotere austro-spagnolo che ormai, dopo la terribile caduta di Roma con il violento, scellerato massacro del Sacco del 1525, teneva sotto il proprio dominio diretto o indiretto l'Italia intera. A questo potere si doveva alleare Cosimo de Medici, nella presa di possesso del suo Principato. Che comunque ridiede alla città di Firenze e alla Toscana tutta, divenuta nel 1569 Granducato, quella centralità, quel ruolo egemone che aveva avuto nel Quattrocento. Cosimo aveva incontrato la sua futura sposa già nel 1535, durante un soggiorno a Napoli con il duca Alessandro, ma in quel momento era la sorella di lei, Isabella, considerata unanimemente brutta e insipiente, la prescelta dalle potenze alleate, ma leggenda vuole che il giovane avesse già in cuor suo scelto la ancor fanciulla Eleonora, bella e brillante e tanto fece a livello diplomatico che riuscì ad ottenerne la mano dal riottoso padre. Eleonora era a Napoli dal 1532, ed era cresciuta, come tutte le fanciulle del suo rango, nello sfarzo di una corte sontuosa, dove quasi nulla doveva arrivare dell'eco dei forti contrasti che animavano l'aristocrazia partenopea, contraria ad un regime così austero da privarla dell'uso delle armi. Oggi studi recenti hanno portato a situare in questo contesto nobiliare, desideroso di manifestare la propria civiltà altra rispetto a quella dominante spagnola, la nascita del genere musicale della Villanella, che così tanto successo doveva incontrare in tutta Europa. Non sappiamo quale musica ascoltasse la giovanissima principessa, ma possiamo immaginare che la sua educazione, fortemente religiosa, la portasse verso quei maestri della Cappella Fiamminga che Carlo V aveva creato ad immagine di quella Cappella Ducale di Borgogna dei suoi antenati, quei polifonisti sacri quali Josquin Deprez e più tardi Nicolas Gombert e Thomas Crecquillon. Forse aveva potuto ascoltare i villancicos di quello straordinario musicista che fu Juan del Encima, ma difficilmente le villanelle come Madonna tu mi fai lo scorrucciato che infiammavano i palazzi di Napoli e che pure furono apprezzate da Carlo V durante il suo soggiorno del 1535. L'unione con Cosimo de Medici, doveva essere lunga e felice, allietata da una numerosa prole, che doveva garantire il proseguimento della dinastia, anche se numerosi lutti la funestarono negli ultimi anni. La Duchessa stessa doveva precocemente morire nel 1562, probabilmente di tubercolosi, ma minata dalla sofferenza di vedersi privata degli amatissimi figli Giovanni e Garzia. La sua ricchissima dote poteva garantirle un uguale sfoggio di lusso che fin dalle sue prime apparizioni al fianco del novello sposo si manifestò in tutta la sua pienezza. Il suo arrivo a Livorno fu particolarmente eclatante vestita di raso nero "tutta piena di gran punti d'oro, così in testa et col colletto" e già in quell'occasione Eleonora manifestava una eleganza altera che la poneva molto lontano dal gusto italiano e soprattutto fiorentino di quegli anni, dei quali il miglior esempio è dato dal ritratto di Lucrezia Panciatichi del Bronzino del 1540. Qui si proiettava un'immagine femminile, che pur risentendo di una nuova austerità nei costumi con una maggiore negazione del busto e il suo appiattimento tramite insaldature o cartoni, ancora riusciva a restituire, grazie alle maniche della veste rigonfie e roccettate e alla morbida acconciatura ornata dal mazzocchio, quella naturale Grazia che tanto aveva caratterizzato i primi trenta anni del '500 italiano. Eleonora da subito fa mostra di recepire quella moda ma di reinterpretarla alla luce del nuovo gusto europeo segnatamente spagnolo che le fa preferire una silhouette più sottile, meno esasperata nei volumi, con una netta predilezione per sottane accompagnate spesso da ricche sopravvesti come le zimarre. Queste ultime erano la versione femminile dei roboni maschili, aperte e sciolte ad accompagnare la sempre maggiore rigidità degli abiti sottostanti. Il manifesto di questo stile che doveva alimentare l'immagine dinastica dei Duchi, e che poi fu largamente imitato, è sicuramente il ritratto di Eleonora con il figlio Giovanni, probabilmente del 1545, di Agnolo Bronzino, che diventerà il ritrattista ufficiale della Casata. Agnolo Bronzino - Ritratto di Eleonora da Toledo con il figlio Giovanni Firenze Galleria degli Uffizi
Eleonora qui indossa una sottana, ma così ricca da far dimenticare che questo capo era nato nel primo '500, come appunto abito di sotto. Le sue maniche aderenti e staccate lo provano indiscutibilmente. D'altra parte a testimoniare la decisa predilezione della Duchessa per questa tipologia è la sua presenza massiccia nei "Giornali di entrata ed uscita" della Guardaroba che, redatti dal 1544, documentano esaustivamente il suo gusto. La sottana del ritratto è realizzata in un tessuto rarissimo e preziosissimo, sicuramente realizzato dalle manifatture fiorentine, e del quale forse c'è anche traccia in una nota di acquisto dello stesso Cosimo per un drappo simile il 31 gennaio 1543 per la considerevolissima somma di 296 doppioni d'oro. Si tratta di un tessuto di velluto controtagliato nero su teletta d'argento, broccato di ricci d'oro e d'argento che presenta il classico motivo della cosiddetta melograna. Un tessuto che era un vanto per le manifatture cittadine, le sole in grado di realizzare un lavoro così difficile e complesso, ma anche armonioso ed elegante, oltre che preziosissimo per l'altissima qualità dei materiali usati. Un vero capolavoro che la Duchessa ostenta anche in nome e per conto dei suoi sudditi, così come l'enorme diamante tagliato a tavola che le pende da una collana di impareggiabili perle di inusitata grandezza. Il diamante, come le collane di perle e la ricchissima cintura a rosario, tutti gioielli che sarebbero rimasti patrimonio famigliare, sono il primo esempio, non solo di un rinnovato gusto per il gioiello ricco e vistoso, ma anche di quel suo uso strumentale ad una immagine di apparato di Stato che ne caratterizza la presenza in tutta la ritrattistica dinastica di antico regime. Ma tutto il ritratto trasuda lusso ed ostentazione, nel quale tutto partecipa a darci un senso di alterità: dalla bellezza algida della Duchessa, a quel materiale pittorico che sembra esso stesso fatto di pietre dure, a quella levigatezza delle superfici che ancora oggi incanta chi lo ammira agli Uffizi. Agnolo Bronzino - Ritratto di Eleonora da Toledo - Praga Narodni Galerie
Nella vita quotidiana Eleonora vestiva molto più semplicemente, non molto diversamente dalle nobildonne fiorentine che dovettero presto seguirla in questo gusto che pur guardando alla Spagna e in misura minore alla Francia, ancora riusciva a mostrare autonomia e libertà nelle scelte. Ad esempio l'uso del verdugale, cono rigido in "bastoni" di giunco incurvati, ancora non si impone, come nel resto d'Europa. Il busto pur irrigidito solo negli anni '60 si allungherà a punta creando un secondo cono, che incontrandosi con quello della parte inferiore del corpo, darà vita a quella figura deformata ed innaturale che in Italia non incontreremo prima del penultimo decennio del '500, e comunque mai negli anni di Eleonora. La novità maggiore dei due decenni centrali del secolo sarà rappresentata dalle sopravvesti: innanzitutto la zimarra che sappiamo preferita da Eleonora, dato che la porta nei suoi ritratti, come in quello postumo del 1572 che le dedicò il figlio Francesco negli affreschi di Alessandro Allori per il suo Studiolo, o in quello del Bronzino del 1560 alla Galleria Sabauda di Torino. E' indossata generalmente su una sottana detta bastarda, perché probabilmente molto più ricca di quelle normali. Ma anche e soprattutto un tipo di sopravveste chiusa con il punto vita segnato e portato più in basso verso l'inguine con una punta che andrà sempre più accentuandosi, un alto colletto montante sormontato da quello del velo da collo, e corti barangoni (spallini) rigonfi, chiamata alla francese roba o veste, naturalmente sempre indossata sopra ad una sottana, ma anche ad un busto e sottanino separati. Ne abbiamo magnifici esempi negli abiti indossati dalle figlie di Eleonora nei loro ritratti come in quello di Maria del 1555-1558 di Mirabello Cavalori, in una splendente veste di raso turchino o in quello di Isabella del Bronzino del 1560 circa in velluto nero. Entrambi ispirati alla moda francese degli anni di Caterina de Medici, danno mostra di un nuovo gusto per forme avvitate, più affusolate e una presenza molto più marcata di gioielli, nelle cinture e nei collari, oltre che nei bei frenelli che trattengono i capelli ormai raccolti strettamente al capo, anche se ingentiliti da piccoli riccioli a cuore intorno alla fronte, i francesi arcelets. Fra gli orafi preferiti dalla Duchessa c'era naturalmente Benvenuto Cellini che per lei realizzerà una cintura divenuta famosa: "di piacevole invenzione di mascherette e d'altro" che probabilmente Eleonora indossa nel suo ritratto già citato ora a Torino. Per altro queste tipologie di vesti stanno a poco a poco soppiantando le antiche anche nel resto d'Italia. Alcuni bellissimi ritratti provenienti da Bergamo e Brescia di Alessandro Bonvicino detto il Moretto degli anni '40 e di Giovan Battista Moroni degli anni '50-60 confermano queste tendenze, in alcuni casi con un po' di provincialismo in più. Sono soprattutto esemplari come modelli delle due tendenze, quella vecchia e quella nuova, due ritratti di Moroni, entrambi del 1555. Nel ritratto di Isotta Brembati, nobile poetessa bergamasca, l'abito è ancora una sontuosa camora (o sottana alla fiorentina) in velluto verde con fitti racemi d'oro broccati, ampiamente scollata anche se l'alta gorgiera sostenuta da uno zibetto da mano, copre leggermente il seno. Quello della Dama in rosso ora identificata con certezza con un'altra poetessa, Lucia Albani Avogadro, è invece una soprana (o veste in fiorentino) di un cangiante raso taffetas rosso scarlatto chiusa in vita, ma aperta su una sottana di velluto dello stesso colore con riflessi dorati, dovuti probabilmente a fili d'oro nella trama. Come negli esempi fiorentini un alto colletto montante si appoggia alla gorgiera e piccoli spallini accoltellati lasciano uscire le strette maniche della sottana che terminano in manichelli di pizzo, inaugurando una moda che avrà un'enorme fortuna nei decenni a venire. Meno gioielli vistosi rispetto ai ritratti dinastici, ma una analoga ricchezza e consapevolezza di rango, provata dall'essere ritratti a figura intera, ancora molto rari nella pittura europea. Eleonora come Duchessa di Firenze si pone quindi come modello ideale, che sia anche simbolo del suo ruolo e del valore che la sua Casata vuole ritagliarsi nel consesso degli Stati europei. D'altra parte queste sono le esigenze e il programma del consorte Cosimo che fin dall'inizio del suo Principato, pur mostrando piena fedeltà all'Imperatore e alla Spagna, tenta di muoversi con una relativa autonomia, cercando di liberarsi da quella pesante tutela, anche e soprattutto con l'affermarsi della sua piena sovranità. Sono le feste celebrative e dinastiche quelle durante le quali si dispiega tutta la magnificenza di cui è capace una casa regnante e con i Medici ne vediamo già tutti gli elementi primari. Dal matrimonio con le sue entrate trionfali prima a Pisa e poi a Firenze, dove la Duchessa, con il suo seguito di gentildonne spagnole fa sfoggio di abiti sontuosi, accompagnata da un corteo dove risaltano le ricche livree dei paggi e i fornimenti in oro e argento dei cavalli. Eleonora entra e percorre tutta la città trasformata da una serie di archi trionfali realizzati dal Tribolo, un artista che diremmo organico alla corte dove più volte sarà l'ideatore di addobbi scenici e costumi come nelle Stanze e negli Intermezzi della commedia Il commodo di Antonio Landi data il 9 luglio, terzo giorno dei festeggiamenti. Qui per la prima volta, oltre la scena rivoluzionaria di Bastiano, detto Aristotile da Sangallo, saranno proprio gli Intermedi, con il loro portato allegorico ed elegiativo della nuova dinastia, le musiche madrigalistiche di Francesco Corteccia, i ricchi costumi descritti in modo particolareggiato nella cronaca redatta per l'occasione da Pier Francesco Giambullari, a rappresentare il momento più importante della rappresentazione. Ritroviamo il riferimento al Duca-Sole nel quarto intermedio dove un Sileno virgiliano canta accompagnato da un violone, dissimulato da una testuggine una canzonetta (madrigale) che dice: Oh begli Anni de l'Oro, o secol divo! alhor non rastro, o falce; alhor non era visco, nè laccio; et no 'l rio ferro e l' tosco: ma sen già puro latte il fresco rivo mel sudavano le querce; ivano a schiera Nymfe insieme et pastori, al chiaro e l' fosco. O begli anni del l'Or, vedrovvi io mai? Tornagli, o nuovo Sol, tornagli homai. Naturalmente siamo in tutta la sua pienezza allegorica nel mito arcadico, dove il Duca - Sole si fa portatore di una nuova era dell'Oro. Durante il banchetto nuziale del primo giorno sono addirittura le Muse, e Apollo, vestito di porpora e d'oro che accompagnandole con la lira ad arco, cantano un madrigale a sette voci di Francesco Corteccia ognuna suonando uno strumento diverso introducendo le Città toscane omaggianti gli Sposi ducali. Gli intermedi sono tutti di soggetto pastorale e satirico, con cori di ninfe e baccanti, sirene e mostri marini, tutti vestiti all'antica, secondo le parole del Giambullari. La seconda natura, quella dell'Antico, della Classicità in cui Arte e Natura coincidono, la "pristina forma" degli antichi saranno d'ora in avanti il modello su cui si affermeranno le nuove forme di potere. La scena festiva sarà la reale protagonista ormai di tutte le uscite pubbliche dei sovrani, dai Battesimi, alle Nozze, ai Funerali stessi trasformati in momenti celebrativi. Fu con certezza creata per le celebrazioni delle nozze dell'erede Francesco con l'Arciduchessa Giovanna d'Austria, matrimonio prestigiosissimo che rinsaldava il legame con gli Asburgo, la grande Messa Ecco si beato giorno di Alessandro Striggio a quaranta parti recentemente riscoperta. Un imponente apparato fu approntato a Santa Maria del Fiore sotto la cupola del Brunelleschi, con una macchina di nuvole nella quale erano situati musicisti e cantanti in vesti di angeli, profeti e santi, un grandioso monumento visivo e sonoro che sul versante del sacro dovette accompagnare quelli festivi a Palazzo Ducale, con l'allestimento della Cofanaria di Francesco D'Ambra nella Sala dei Cinquecento. L'intera vasta sala fu trasformata dal Vasari con un ricco apparato del quale facevano parte le gradinate per il pubblico e il palco rialzato e botolato sul quale si svolgeva la rappresentazione. E' a partire da questo evento che gli intermedi nella loro forma scenografica e musicale, acquisteranno un ruolo sempre più rilevante, tanto da diventarne i reali protagonisti. In particolare questi, che furono scritti da Giovambattista Cini e musicati da Alessandro Striggio e Francesco Corteccia, trattavano le storie di Amore e Psiche. Con le scene del Buontalenti che facevano largo uso di macchine, sono gli immediati precedenti della cosiddetta scena mutevole che solo nel 1568 e nella stessa sala per la rappresentazione dei Fabii di Lotto del Mazza, si realizzerà a pieno con le mutazioni a vista dei periaktoi. Ma è anche la musica a contribuire allo scatenarsi degli affetti. Del lamento patetico scritto per Psiche da Striggio le cronache raccontano che ... si sentì in un momento un mesto, ma soavissimo, e dolcissimo concerto, percioche ne i Serpenti erano con singolare artifizio congegnati quattro violoni, & ella poi cantò con tanta grazia, che si vide trarre a più d'uno le lagrime da gl'occhii Al centro della Sala, con le pareti adornate da vedute di "tutte le piazze delle città del dominio di loro Eccellenze" e di figure femminili che simboleggiavano le ore della notte, che segnavano cioè il tempo della Festa, un palco era apprestato per i Duchi, la famiglia ducale e gli ambasciatori. Questo, posto così al confluire delle maggiori coordinate della visione, si offriva quindi come Spettacolo nello spettacolo. E il Corpo del regnante, con le sue vesti e gioielli esclusivi, i suoi ricchi corteggi, diventerà lo schermo su cui il potere si proietterà, che darà la cifra della sua Magnificenza e Liberalità. La Scena del Principe dunque come luogo deputato dei nuovi trionfi, con teatro, musica e moda a giocare ruoli primari, perché nell'Età barocca a divenire, tutta l'immagine del Potere sarà Spettacolo e Meraviglia. (c) 2011 Isabella Chiappara Soria
BIBLIOGRAFIA - AA.VV. La scena del principe - Firenze e la Toscana dei Medici nell'Europa del Cinquecento - Firenze 1980
- AA.VV. - Le Villanelle alla napoletana -Novara 2006 (in particolare il saggio di Dinko Fabris)
- Chiappara Soria Isabella - Storia della Moda in Italia 1490-1590 - testo in attesa di pubblicazione presso la De Luca ed. - Dispense Accademie di Belle Arti Viterbo e Roma
- Mila Massimo - Breve storia della musica - Torino 1963
- Orsi Landini Roberta - Niccoli Bruna - Moda a Firenze 1540-1580 - Firenze 2005
- Pirrotta Nino - Li due Orfei. Da Poliziano a Monteverdi - Torino 1969
- Povoledo Elena - Origini e aspetti della scenografia in Italia. Dalla fine del Quattrocento agli intermezzi fiorentini del 1589 - in Pirrotta Nino - Li due Orfei - Torino 1969
- Zorzi Ludovico - Il teatro e la città. Saggi sulla scena italiana - Torino 1977
- Sito internet: striggio.ifagiolini.com - in particolare: Hugh Keite - Historical notes: Genesis of the Striggio 40 parts works
BREVE DISCOGRAFIA RAGIONATA - Alessandro Striggio - Mass in 40 parts - Missa Ecco si beato giorno
I Fagiolini - Robert Hollingworth - Decca - Villanelle alla napolitana
Renata Fusco soprano - Conserto Vago - Massimo Lonardi liuto e direzione - Amadeus - Paragon 2006 - Orlando furioso - Madrigali sul poema di Ludovico Ariosto
La Compagnia del Madrigale - Arcana - Music for the Spanish Kings - Renaissance music from the neapolitan court
Jordi Savall - Hesperion XX - Virgin veritasx2
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