a mattina del 5 Settembre 1638 la Francia si svegliò inondata dal suono delle campane a festa. Infine era nato l'attesissimo erede, Louis le Dieudonnè. "E' un miracolo" dichiarò il Primo Ministro Cardinale Richelieu, e come tale lo vide anche la madre, la regina Anna d'Austria che aveva aspettato 23 lunghissimi anni, anni di umiliazioni e di ambascie, con la paura di dover lasciare la Francia, e la minaccia continua di ritorsioni per le sue simpatie filo-ispaniche da parte del re e del cardinale, suo acerrimo nemico. Ma finalmente tutto questo scompariva, un bimbo, bello, robusto, con addirittura già due dentini, era venuto al mondo per fare di lei, decisamente attempata per l'epoca, la donna più felice e la madre più appagata che corte francese abbia conosciuto. Dopo due anni sarebbe nato anche il secondogenito Filippo, che pur amato teneramente mai riuscì a soppiantare dal cuore materno la vera e propria adorazione che la regina aveva per il suo primogenito. Amore ricambiato dai due figli e centuplicato negli anni della sua Reggenza. Nel 1642 vennero infatti a mancare a pochi mesi l'uno dall'altro sia Luigi XIII che il Cardinale Richelieu e la Francia si trovò di nuovo ad affrontare un lungo periodo di reggenza. Che la regina affrontò con coraggio e determinazione fin dall'inizio, facendo abrogare dal Parlamento il testamento fortemente restrittivo nei suoi confronti che aveva lasciato il re, ed avendo al suo fianco un formidabile alleato, il delfino di Richelieu, il cardinale italiano Giulio Mazarino. Se c'è un fortissimo elemento di discontinuità fra le due reggenze che in meno di due lustri caratterizzarono la storia della monarchia francese, questa è data proprio dall'atteggiamento della regina madre che fortemente accentratrice in Maria de' Medici, fin a cercare di sottomettere alla sua volontà il figlio, quasi ad annullarlo umanamente e politicamente, fu invece, da parte di Anna d'Austria, volto tutto all'interesse del re infante, a mantenere ben saldo il timone dello Stato per consegnarlo a lui e alla creazione di una forte personalità che avrebbe gettato le basi per quel grande re che sarebbe diventato Luigi XIV. L'unità di visione e la coesione di intenti fra la regina e il suo primo ministro furono totali. Anche nei drammatici anni della rivolta parlamentare e nobiliare denominata Fronda quando dal 1648 al 1653 Anna d'Austria con i principi fu costretta a lasciare Parigi, vagando fra i castelli della Corona in cerca di protezione, assediata dai ribelli, fra i quali molti Principi del Sangue come i Condè e Mademoiselle de Montpensier, la fitta comunicazione epistolare fra lei e il cardinale in esilio, lascia intendere una complicità che va anche oltre il semplice rapporto fra sovrano e funzionario di Stato, senza voler accettare però ipotesi azzardate come una liaison amorosa che la specchiata virtù della sovrana non avrebbe mai reso possibile. Certo Giulio Mazarino era italiano, e da buon protégé dei Barberini, grande amante dell'arte italiana e soprattutto della musica che si andava ad evolvere a Roma e a Venezia nella forma dell'opera. Si riallacciarono così quei contatti che già Maria de' Medici aveva intrecciato con compositori ed esecutori italiani, invitando Giulio e Francesca Caccini al Louvre, ma negli anni della reggenza si infittiranno gli eventi musicali che avranno per protagonisti troupes italiane, come nel dicembre del 1645 quando la Compagnie des Italiens rappresenterà, come testimonia la Gazette di Théophraste Renaudot, La Finta Pazza di Sacrati su un libretto di Giulio Strozzi nella Sala del Petit Bourbon con macchine e scene di Giacomo Torelli che stupirono tutti per la loro bellezza e inventività. Torelli geniale architetto e scenografo italiano, era reduce infatti dalla strabiliante, ma fallimentare dal punto di vista economico, esperienza veneziana del Teatro Novissimo e possiamo quindi immaginare, quanto possa aver realizzato con i fondi illimitati della corte di Francia. Negli anni successivi le rappresentazioni saranno continue: nel febbraio del 1646 l'Egisto di Cavalli sarà rappresentato al Palais Royal, la sontuosa residenza di Richelieu dove la regina aveva trasferito la corte e il 2 marzo del 1647 si terrà l'avvenimento più importante di questo periodo, l'esecuzione dell'Orfeo di Luigi Rossi, prima opera italiana creata appositamente per i Bourbons. I francesi poterono così apprezzare una "tragicommedia" del più importante compositore romano dell'epoca, rinomato soprattutto per le sue produzioni presso il teatro dei Barberini, realizzata ancora nei canoni del Recitar cantando ma già ricca di bizzarrie e mezz'arie più complesse. La magnifica aria Lasciate Averno non può non aver colpito per la sua tenera e disperata musicalità il gusto locale, versato alla melodia dell'Air de cour, ed infatti Rossi rimarrà l'autore italiano più pubblicato ed imitato in Francia: ancora un secolo dopo autori come Campra ne faranno un loro modello di stile. Gli interpreti provenienti da Roma furono i celebri castrati che già cantavano presso i Barberini come Marcantonio Pasqualini, cantore della Cappella Sistina e Atto Melani castrato alto che sostenne il ruolo di Orfeo, ma anche celebri cantatrici romane come Leonora Baroni chiamata nel 1644 da Mazarino stesso. In quel momento l'apprezzamento della musica italiana e della voce dei castrati che in seguito furono tacciati di essere fenomeni contro-natura, era al suo zenith. Così scriveva nel 1639 Andrè Maugars in la “Réponse faite a un curieux sur le sentiment de la musique en Italie” ...il y a un grand nombre de castrati pour le dessus et pour la haute-contre ... Ils sont tous très assurés de leur partie, et chantent a livre ouvert la plus difficilee musique...Ils sont incomparables et inimitables, non seulement pour le chant, mais encore pour l'expression des paroles, des postures et des gestes. In quegli stessi anni giungeva giovanissimo da Firenze Giovanni Battista Lulli, che dapprima al servizio come paggio di Mademoiselle de Montpensier, presto si imponeva alla corte di Francia entrando nelle grazie di Luigi XIV per la sua abilità come danzatore e diventando nel 1653 compositore della musica strumentale del re e direttore dell'ensemble dei Petis Violons, o Petite Bande, che era stata costituita nel 1648 per la Musique de Chambre legata alla persona del giovane sovrano. Già nel 1657 interverrà con arie italiane nel Ballet de l'Amour malade, solo una deliziosa E che farebbe amor senza cochette ci è giunta, mentre nel 1658 Lulli creerà le musiche per i balletti e le arie italiane del Ballet d'Alcidiane in gran parte ancora centrato su airs de cour di Boesset e Louis de Mollier e nel 1662 le danze per l'Ercole amante di Francesco Cavalli, che si terrà per celebrare le nozze di Luigi XIV e Maria Teresa d'Austria. Quest'ultima opera, rappresentata dopo la morte di Mazarino, sarà un insuccesso, nonostante l'enorme dispendio economico per le scene e le macchine, un teatro fu infatti fatto costruire appositamente, nella salle de machines nel Palays Royal dall'architetto italiano Gaspare Vigarani, testimonianza comunque dei tempi che stavano mutando e del gusto reale che si andava imponendo, insieme alla volontà di dare lustro alla lingua francese, messa in disparte da questa voga italianeggiante imperante negli anni del potere di Mazarino, mentre viceversa si andavano infittendo le riflessioni anche teoriche sul rapporto fondamentale tra poesia e musica e quindi le potenzialità della lingua parlata espressa dal canto per esaltare le passioni. Jean Baptiste Lully, ormai naturalizzato francese andava nel 1661 ad essere nominato surintendant della Chambre du Roi e a conquistare quel ruolo di assoluta supremazia che avrà negli anni successivi, quelli del potere personale di Luigi XIV. D'altra parte i Ballets de cour continuavano ad essere uno spettacolo irrinunciabile in una corte dove all'arte della danza, così amata e praticata, si univano i contenuti politici che in questo modo trovavano una veicolazione immediata e suggestiva. Fin dai balletti che videro protagonista Luigi XIII, come la Delivrance de Renaud, è stato giustamente sottolineato che in questi contesti il corpo fisico e quello politico del re andavano a coincidere in una sola entità, esprimendo attraverso l'esibizione delle figure della danza la "forza" e quindi il potere del sovrano assoluto.
Anche l'air de cour non era mai uscita dal gusto del pubblico francese, con nuovi autori che si imponevano, come Michele Lambert, autore di una splendida Ombre de mon amant che farà la fortuna della cantatrice Hilaire Dupuis, e che nel 1661 fu creato maitre de la musique a corte, intrecciando una comunanza di interessi con lo stesso Lully che ne sposerà la figlia. Nei cercles delle Précieuses, la musica era una componente importante come testimoniano diverse immagini pittoriche dove la pratica di eseguire musiche accompagnate dal canto intorno ad un tavolo è esemplarmente descritta. Ma chi erano queste donne chiamate preziose che tanto crudelmente saranno messe alla berlina da Moliere nella sua famosa commedia? E quale la ragione della assoluta condanna di un fenomeno interessantissimo ed importantissimo per la storia dell'universo femminile? Essa è da vedersi soprattutto come fortemente rappresentativa di una volontà di cancellare, con il discredito e finanche il ridicolo, una destabilizzante e preoccupante presa di coscienza del valore della cultura femminile all'interno di una società totalmente misogina, laddove donne acculturate, che discettavano di letteratura, scienza, musica, poesia ed amore erano viste come una variabile troppo pericolosa alla vita sociale e mondana. Un gruppo di più di un centinaio di donne, appartenenti in gran parte all'alta aristocrazia, per almeno un trentennio, con il culmine tra la metà e la fine degli anni '50, divenne assoluta protagonista della vita mondana parigina. Una lettera del cavaliere de' Sevigné ne certifica la nascita nel 1654 A Parigi c'è un tipo particolare di fanciulle e di donne chiamate "preziose", che usano un linguaggio e hanno un aspetto e un'andatura meravigliosi: e c'è una carta fatta apposta per navigare nel loro paese, ma il termine, di provenienza spagnola e significante grazioso, carino, era già stato usato per le appartenenti al cercle di Madame de Ramboulliet, naturalmente senza il livore e la protervia usate da Moliere o dall'Abate di Pure(1). Certo che anche la grande presenza di donne nel movimento della Fronda, come Madame de Longueville, Madame de Chevreuse o Mademoiselle de Montpensier, le femmes fortes, che presero nelle loro mani un movimento, un'avventura così pericolosa e fallimentare, mettendoci tutte loro stesse, come e più di mariti e fratelli, può aver fatto riflettere sulla pericolosità latente dell'universo femminile, che nella conquistata libertà anche sessuale, manteneva però inalterata la sudditanza al monolitico potere giuridico e famigliare maschile. La consapevolezza della propria inferiorità sociale non impediva infatti alla preziosa di avere un'alta opinione di se stessa e del proprio valore anche culturale, nel rispetto che doveva alle regole sociali non dimenticava, in quella sorta di zona franca che erano i cercle alla moda, di poter autonomamente esprimere giudizi e svolgere attività che le erano di norma negate dalla severa disciplina famigliare. Anche la moda femminile di quei decenni, dal 1640 al 1660, non poteva tranquillizzare un'opinione pubblica che sul controllo delle donne aveva da millenni fondato il proprio predominio.
Abiti e forme provocanti, nudità, si mantennero infatti inalterate anche nei decenni della Reggenza e dei primi anni del regno di Luigi XIV. Anzi le scollature si accentuarono diventando en bateau, ossia da spalla a spalla, e perdendo dalla fine degli anni quaranta collarette e gorgerette che ancora potevano velare in parte le maestose scollature, mentre le braccia rimanevano ampiamente scoperte fino ai gomiti. Le bas de jupes e de robes si mantennero gonfie e morbide, solo il punto vita ricominciava una lenta discesa che alla fine lo riportava alla ben nota forma triangolare verso l'inguine. Questo ritorno al passato sarà però di segno totalmente opposto rispetto alla volontà di coercizione e di negazione del corpo naturale che questa forma moda aveva avuto nel Cinquecento e nel primo Seicento; rappresentava invece un desiderio di modellare quello stesso corpo attraverso parametri estetici che andavano a creare forme sinuose ed eleganti, una vita sottile come un virgulto che esaltava dei fianchi morbidi con gonne ampie come corolle fiorite, un modello femminile che non a caso incontrerà un enorme successo nell'Ottocento romantico. Per tutti gli anni quaranta continueranno ad essere indossate anche le morbide hongreline, con ampie tassets che coprivano interamente i fianchi. Si amerà portare alla vita, legati da nastri, piccoli oggetti leziosi, come specchietti, ventagli o i primi orologi portabili. I riccioli si allungheranno sulle tempie fin a raggiungere le spalle, i culebutte si trasformeranno in più morbidi rond alti sulla nuca, un naturel sempre più marcato caratterizzerà questi anni che precedono il ritorno ad una vita di corte sicuramente più formale e ad abiti più impostati sartorialmente. Alla fine di questo periodo vedremo infatti il ritorno di vesti aperte anteriormente a mostrare le jupes interne, con i lembi rialzati posteriormente da nastri e spille gioiello.
Primi anni di regno di Luigi XIV >>> continua la lettura (parte II) |