| WILHELM FRIEDEMANN BACH (1710-1784) Fantasie c-Moll, F.15 (Berlin, c.1784) * grave-vivace-grave * andantino-vivace-andantino * arpeggio-prestissimo * adagio * cantabile * allegro di molto * grave-vivace-prestissimo * grave-arpeggio-un poco allegro CARL PHILIPP EMANUEL BACH (1714-1788) Sonata in f Minor, Wq.62/6 [H.40] (1744) 1. Allegro 2. Andante 3. Presto Spirituoso e staccato JOHANN FRIEDRICH AGRICOLA (1720-1774) Sonata per il Cembalo solo, in F Major (Berlin, 1762-3) 1. Allegro assai 2. Larghetto 3. Allegro assai JOHANN SCHOBERT (1735-1767) Sonata IV en re mineur from Six Sonates pour le Clavecin, Op.XIV, Paris, c.1765-6 1. Allegro assai 2. Andante 3. Presto WOLFGANG AMADEUS MOZART (1756-1791) Fantasie d-Moll, K.397 (Wien, 1782 or 1786-87) fragment; spurios the last 10 bars, probably by August Eberhard Müller (1767-1817) * andante * adagio-presto-tempo primo-presto-tempo primo * allegretto |
| uesta pagina è la prima di una serie dedicata al Settecento musicale di area austro-tedesca, secolo i cui contrasti stilistici risultano particolarmente evidenti soprattutto guardando alla musica prodotta altrove negli stessi decenni. Non si tratta unicamente di una contrapposizione dovuta alle diverse collocazioni temporali dei cinque musicisti qui proposti, tutti vissuti nel pieno del XVIII secolo e le cui date di nascita, più o meno equidistanti, rientrano, comunque, in un periodo di durata inferiore ai cinquant’anni – spaziamo dal figlio primogenito di Bach, il suo prediletto Wilhelm Friedemann, nato a Weimar nel 1710, fino alla nascita di Mozart del 1756, questi i due estremi che abbiamo posto ad apertura e chiusura dei brani clavicembalistici qui presentati -. C’è però un forte contrasto, di natura anche religiosa, legato al fermento culturale che, attraversando tutto il secolo, porterà a scuole ben distinte ma non estranee l’una all’altra: è la trasformazione dello stile musicale in Germania, che dal tardo barocco tenderà, da un lato verso forme di preclassicismo, il cosiddetto stile galante di transizione, praticamente onnipresente nell’Opera come nella produzione strumentale, di matrice italiana e molto presente nelle aree cattoliche come Dresda e Vienna. Dall’altro, c’è il filone musicale di derivazione nordica, la scuola della Germania del nord, di area protestante, sponsorizzata da Federico il Grande ed i cui principali esponenti sono proprio Wilhelm Friedemann e Carl Philipp Emanuel Bach, i maggiori interpreti del cosiddetto Empfindsamer Stil. Le due tendenze musicali cui si è fatto cenno, erano già all’epoca messe in chiara contrapposizione da influenti personaggi, basti pensare al severo giudizio che Christian Friedrich Daniel Schubart (1739-1791), trattatista musicale e compositore tedesco, scrive nel suo Ideen zu einer Ästhetik der Tonkunst (Hohenasperg, 1784-5), nel denunciare come superficiale lo stile galante di Piccinni, Paisiello e la maggior parte dei loro contemporanei filo-italiani. Al contrario Schubart elogia l’importanza de ”l’espressione del sentire”, come “perno aureo attorno al quale ruota l’estetica musicale” facendo esplicito riferimento alla profonda espressività delle composizioni di C. P. E. Bach e della sua scuola. Come nella Fantasia in do minore (F.15), che W. F. Bach probabilmente compose nel 1784 a Berlino, il suo ultimo anno di vita. Il brano presenta una scrittura che, apparentemente, è conseguenza diretta di quella del padre Johann Sebastian; uno splendido susseguirsi, imprevedibile, di sezioni lento-veloce-lento, alcune caratterizzate da stretta polifonia imitativa (fugati), altre da veri e propri cantabili all’italiana che, inutilmente, cercano di stemperare la drammaticità cupa e senza speranza che ritorna sempre, per l’intero brano della durata ragguardevole di 16 minuti. C’è una eterna lotta tra lo stile conservatore ed il linguaggio musicale dominante dell’era classica, ma il risultato è qualcosa di totalmente nuovo, che ha spinto molti studiosi a definire Wilhelm Friedemann (assieme al fratello minore, Carl Philipp Emanuel) come un compositore protoromantico. I due brani successivi, rispettivamente del secondogenito Carl Philipp Emanuel Bach e di Johann Friedrich Agricola, rispecchiano maggiormente quello stile tipicamente definito come galante, misto all’Empfindsamer Stil tedesco. Nel caso della Sonata in fa minore (Wq.62/6) di C. P. E. Bach, si tratta di una composizione abbastanza precedente agli anni della sua maturità, datata attorno al 1744, il cui primo movimento adotta una scrittura contrappuntistica, simile alle Sinfonie a tre voci (composte dal padre proprio per formare musicalmente i suoi primi due figli), mentre l’andante centrale è un bellissimo esempio di movimento lento dalla grande espressività come molti altri ne comporrà negli anni successivi. Il terzo movimento è un presto, anch’esso dal carattere imitativo. La Sonata in fa maggiore di Agricola è, curiosamente, l’unica composizione per tastiera a noi nota di questo famoso allievo di Johann Sebastian Bach, del quale non sembra averne assimilato alcun elemento stilistico; in realtà la fama di Agricola non è tanto legata alla sua musica, che, pur lavorando a Berlino, presenta elementi da entrambi i filoni musicali di cui sopra (produsse anche un certo numero di opere italiane, oltre che cantate per la liturgia protestante), quanto alle sue pubblicazioni di critica musicale ed altri scritti teorici. Dobbiamo ringraziare Agricola per essere stato uno di quelli che hanno contribuito maggiormente a trasmettere il ricordo del sommo maestro, così da accelerarne la riscoperta agli inizi del XIX secolo. La Sonata IV in re minore (Op. XIV) di Johann Schobert, fu pubblicata nei suoi ultimi anni di vita trascorsi a Parigi, attorno al 1765-6, assieme a numerose altre sonate per strumento a tastiera, spesso accompagnate da violino o violoncello ad libitum. E’ ben nota l’influenza di molta musica per tastiera del compositore slesiano sul giovane Mozart e, più in generale, sullo sviluppo formale e stilistico dell’idioma musicale che poi diverrà il linguaggio del classicismo verso la fine del secolo. In effetti, spesso si dice che Schobert abbia contribuito ad un consolidamento degli stili più in voga in quegli anni, quello della scuola di Mannheim, quello dei compositori italiani ed austriaci, ottenendo un risultato di perfetta fusione dagli echi inaspettati. L’impronta dei Bach su questa musica, se presente, appare assolutamente marginale. Il celebre brano mozartiano che conclude la pagina, la Fantasia in re minore (K.397), non è databile con assoluta certezza ma sicuramente collocabile nel periodo viennese, dal 1782 in poi. Alcuni lo hanno definito un omaggio del salisburghese all’Empfindsamer Stil di Carl Philipp Emanuel Bach, come in effetti è, sebbene il brano sia rimasto incompiuto: le ultime dieci battute dell’allegretto finale furono probabilmente completate da August Eberhard Müller (1767-1817), allievo di un altro dei figli di Bach, Johann Christoph Friedrich, il Bach di Bückeburg. La fantasia, analogamente a quella in apertura, è naturalmente da intendersi come un unico movimento da ascoltare tutto d’un fiato; tuttavia, data la struttura interna a sezioni separate, abbiamo dato la possibilità sia per Mozart che per W. F. Bach, di scegliere tra l’ascolto complessivo e quello diretto alle singole sezioni. Senza nulla togliere all’efficacia espressiva di altri strumenti come il clavicordo, il fortepiano ed il più moderno pianoforte, è indubbio il fascino di questa bella interpretazione al cembalo del Maestro Fernando De Luca: tutta la dinamica degli altri strumenti citati viene qui resa in modo egualmente efficace tenendo ben presente le raccomandazioni di Carl Philipp nel suo trattato sul modo corretto di suonare lo strumento a tastiera (Versuch über die wahre Art das Clavier zu spielen, Berlino, [I] 1753, [II] 1787). Zadok, 6 ottobre 2013 | | |