GEORGE FRIDERIC HANDEL (1685-1759) Aci, Galatea e Polifemo serenata a tre HWV 72 Aci: Roberta Invernizzi, soprano Galatea: Blandine Staskiewicz, mezzosoprano Polifemo: Lisandro Abadie, basso La Risonanza Fabio Bonizzoni, direzione Glossa GCD 921515 (2 CD)
uesta serenata, come racconta il bel saggio di Carlo Vitali incluso nel cofanetto, fu commissionata a Handel dalla duchessa Aurora Sanseverino, per il matrimonio della nipote a Napoli nel 1708. Il libretto di Nicola Giuvo caratterizza molto bene i personaggi: Galatea è fiera e decisa a non cedere alle lusinghe del ciclope, mentre Aci è lo stereotipo dell'innamorato fedele e sottomesso. Polifemo, dal canto suo, è ad un tempo crudele e minaccioso ma anche un po’ ridicolo nella sua ottusa vanagloria. Dell’esecuzione del 1708 si sa poco: l'unica cosa quasi sicura è che il ruolo di Polifemo fu cantato da Antonio Manna, un basso dall'estensione verso il grave eccezionale. Le arie che Handel scrisse per lui, non a caso, sono le più note dell’opera, e anche quelle che il Sassone riutilizzò maggiormente negli anni successivi, come Sibilar l'angui d'Aletto, Precipitoso nel mar che freme, Fra l'ombre e gl'orrori e Impara, ingrata. Ma anche fra le arie di Galatea e Aci si trovano cose pregevoli, come la dolente Sforzano a piangere, la meravigliosa Qui l'augel di pianta in pianta ed il terzetto Dolce amico amplesso, che Handel riadattò molti anni più tardi come duetto per l'opera Poro re dell'Indie. Dopo la pionieristica incisione del 1986, diretta da Charles Medlam e con Emma Kirkby nel ruolo di Aci, in anni più recenti sono apparse altre due notevoli registrazioni fatte in studio, dalle caratteristiche per certi versi complementari. La prima è quella diretta nel 2002 da Emmanuelle Haïm per EMI/Virgin, con un cast vocale d'eccezione (Sandrine Piau, Sara Mingardo e Laurent Naouri), che punta tutto su di una vocalità sfarzosa, ma è a volte eccessiva e improbabile in certe scelte interpretative. Alcuni tempi, per esempio, sono assai discutibili (come nell’aria Qui l'augel di pianta in pianta, dilatata fino a durare quasi undici minuti) e la strumentazione del basso continuo è ipertrofica. La seconda è quella di Marco Vitale per Brilliant Classics del 2007, che a fronte di cantanti di minor nome dispiega però una grande cura del dettaglio e una maggiore attenzione alla prassi esecutiva. Il suo punto debole è costituito a mio parere dai recitativi, che sono eseguiti troppo rigidamente rispetto alle esigenze di una buona resa drammatica. Questa nuova incisione avrebbe potuto essere una felice sintesi fra queste due visioni contrapposte, ma alla prova dei fatti si rivela un'occasione mancata. Innanzitutto Blandine Staskiewicz è il punto debole del cast: la parte di Galatea ha una tessitura troppo grave per il mezzosoprano francese, che inoltre esibisce un'intonazione non sempre convincente e soprattutto non riesce ad infondere vitalità al suo personaggio. Peccato, perché Roberta Invernizzi tratteggia invece un Aci ideale, dalla voce d’usignolo ma dalla grande carica emotiva: è la sola che mi abbia pienamente convinto nei recitativi. Anche Lisandro Abadie ci dà una buona prestazione: ottimo nelle agilità, raggiunge senza sforzo anche le note più gravi. Però è meno persuasivo sotto il profilo della resa espressiva. In generale comunque i recitativi mi sembrano meno curati rispetto alle due incisioni citate sopra: non solo sono eseguiti in modo troppo rigido, ma mancano anche di convinzione da parte dei cantanti. Inoltre alcune scelte di tempo appaiono poco azzeccate: ad esempio è un piacere ascoltare Qui l'augel di pianta in pianta dalla meravigliosa voce di Roberta Invernizzi, ma il piacere è parzialmente rovinato dalla decisione di eseguirla troppo velocemente. Se l’intento di Bonizzoni era quello di marcare la differenza rispetto all’incisione EMI allora l’effetto è stato ottenuto, ma il risultato finale è tutt’altro che positivo. Anche gli abbellimenti non convincono, rimanendo a metà strada fra la ricercata semplicità di Vitale e la debordante esibizione vocale della Haïm. Alla fine del secondo CD è stato inserito come bonus il duetto Cor fedele, tratto dalla cantata Clori, Tirsi e Fileno. Si tratta del duetto fra Tirsi e Fileno (e non fra Tirsi e Clori, come erroneamente riportato nel libretto accluso) che conclude la cantata, nella prima versione composta da Handel. Si tratta di un brano interessante, perché quasi sempre al suo posto si preferisce eseguire il terzetto Vivere e non amar, tratto dalla seconda versione della cantata (anche Bonizzoni infatti usò questo per la sua incisione, nel 2008). Questo duetto ha un testo alquanto misogino, infatti i due pastori, dopo essersi liberati dall'amore per l'ingrata Clori, cantano insieme: Senza occhi e senza accenti, / senza sdegni e lamenti, vuol che sian gli amanti / la donna di oggidì. Ecco quindi che Handel, forse per non urtare la suscettibilità di qualche signora, pensò bene di sostituirlo con un terzetto in cui anche Clori canta insieme ai suoi due ex spasimanti. In definitiva mi sembra che questo cofanetto cerchi di sfruttare la popolarità della fortunata serie delle cantate incise per Glossa da Bonizzoni, ma senza averne i meriti. Gli unici motivi di interesse, per me, sono le arie di Aci cantate da Roberta Invernizzi e il duetto inserito come bonus: un po’ poco per consigliarne l'acquisto. Maurizio Frigeni, 7 ottobre 2013
|