GEORGE FRIDERIC HANDEL (1685-1759) Alessandro opera in tre atti HWV 21 (1726) Julia Lezhneva, Rossane Karina Gauvin, Lisaura Max Emanuel Cencic, Alessandro Xavier Sabata, Tassile Juan Sancho, Leonato In-Sung Sim, Clito Vasily Khoroshev, Cleone The City of Athens Choir Armonia Atenea dir. George Petrou Decca 478 4699 (3 CD) *** a quando uscì in LP l'Alessandro di Handel diretto da Sigiswald Kuijken sono passati 27 anni, durante i quali non ci sono state altre incisioni dell'opera, se si eccettua un album diretto da Nowakowski con un cast di sconosciuti per Koch-Swann, che però è passato praticamente inosservato. E adesso, improvvisamente, ne arrivano sul mercato ben due in contemporanea: questa registrata in studio per Decca ed un'altra registrata dal vivo allo Händel-Festspiele di Karlsruhe nello scorso febbraio. Ho optato per questa versione soprattutto per il cast più convincente e perché Petrou ha dato in passato ottime prove con le opere di Handel (in particolare con Giulio Cesare e Arianna in Creta). Probabilmente ho fatto bene, perché da quello che leggo l'altra incisione sembra decisamente inferiore e soprattutto abbastanza tagliata, mentre questa ha almeno il pregio di essere completa. Avevo qualche perplessità però sia per il gran numero di controtenori sia per il passaggio alla Decca di Petrou, con conseguente radicale cambiamento dei cantanti rispetto a quelli che hanno lavorato con lui nelle incisioni degli scorsi anni. Come dirò in seguito le mie perplessità non erano del tutto infondate, ma nel complesso il cofanetto è migliore di quanto mi aspettassi. L'opera appartiene al leggendario periodo in cui Handel ebbe a disposizione due eccezionali prime donne: Faustina Bordoni e Francesca Cuzzoni, oltre al celebre Senesino come primo uomo, anzi è la prima delle cinque opere che egli compose per questi tre cantanti. Il testo riprende un vecchio libretto di Ortensio Mauro: La superbia di Alessandro, messo in musica per la prima volta da Steffani nel 1690 (Handel evidentemente conosceva questo spartito di Steffani, perché ne trasse anche alcune idee musicali). La vicenda si svolge all'epoca in cui Alessandro Magno è indaffarato nella presa della città indiana di Ossidraca. Nel frattempo deve però fronteggiare due insidie: da una parte sconfiggere un complotto nato all'interno dei suoi generali, alcuni dei quali mal sopportano la sua pretesa di farsi adorare come un dio, e d'altra parte deve destreggiarsi nell'amore fra due belle che se lo contendono: Lisaura, principessa della Scizia, e Rossane, principessa persiana da lui fatta prigioniera. Nell'adattare il libretto Paolo Rolli espanse in modo abnorme la parte "amorosa" relegando il complotto in secondo piano. Questo fu dovuto innanzitutto alla necessità di far brillare i tre cantanti principali e in particolare di assicurare a Cuzzoni e Bordoni lo stesso trattamento. Infatti nell'opera Rossane, Lisaura e Alessandro cantano in tutto ben venti arie e tre duetti, oltre ad un arioso e ad un paio di recitativi accompagnati, mentre agli altri quattro personaggi rimangono solo cinque arie e un arioso. Questo sbilanciamento è tuttavia fatale per l'equilibrio drammatico del testo e conduce ad una vicenda piuttosto slegata e dall'andamento casuale, cosa del resto non nuova negli adattamenti di Rolli. Ciò è probabilmente all'origine della scarsa fortuna che l'opera ha avuto in tempi moderni. Tuttavia anche Handel ha una parte di responsabilità, perché il dover scrivere un così gran numero di arie all'altezza di tre tali virtuosi (e riutilizzando solo in minima parte musiche già composte) lo mise evidentemente a dura prova e non tutte le arie riescono ad essere allo stesso alto livello delle sue più riuscite. Nel terzo atto in particolare sembra a tratti che Handel abbia già sparato tutte le sue cartucce migliori e tiri avanti con poche idee ma molto mestiere. In diversi casi poi il compositore rincorre un virtuosismo un po' fine a sé stesso, nell'evidente intento di compiacere i suoi cantanti ma senza grande convinzione. L’opera abbonda invece di brevi ariosi, sinfonie, recitativi accompagnati e duettini, dovuti in parte ad un libretto piuttosto datato ma che Handel evidentemente amava, vista la cura che pose nella loro realizzazione. Non mancano comunque, in tanta abbondanza di materiale, molte gemme della più bell'acqua. Alessandro, oltre a diverse arie eroiche (fra cui le pregevoli Fra le stragi e Da un breve riposo nel primo atto), ha una grande aria di sdegno (Vano amore) nel secondo atto, mentre risultano meno riuscite le sue arie di carattere amoroso. Per Rossane/Bordoni Handel scrisse le arie più dichiaratamente virtuosistiche, come ad esempio Alla sua gabbia d'oro, dove il riferimento ad un augellin canoro è il pretesto che dà modo alla cantante di esibirsi in una serie infinita di gorgheggi, oppure Brilla nell'alma, chiaramente ispirata a quello stile napoletano che era di moda in Italia all’epoca e di cui Hasse (futuro marito della Bordoni) era uno dei massimi esponenti. Anche le arie che sembrano motivetti più orecchiabili, come Lusinghe più care o Un lusinghiero dolce pensiero (tratta dalla stessa cantata che anni dopo ispirò anche Tornami a vagheggiar nell’Alcina), sono infarcite di divisioni e trilli, per i quali la Bordoni era famosa. Le arie di Lisaura/Cuzzoni in confronto sono più patetiche e drammatiche, come le notevoli No, più soffrir non voglio o Che tirannia d'amor. Malgrado gli sforzi di Handel per trattare le due dive nello stesso modo, rimane l'impressione che la musica composta per la Bordoni sia qualitativamente superiore rispetto a quella della rivale Cuzzoni. I tre cantanti principali di questa registrazione (gli altri cantano così poco che non val la pena di soffermarcisi) fanno un buon lavoro ma non sono esenti da pecche. Sarei pronto a scommettere che se Petrou avesse potuto schierare i suoi soliti cantanti, invece di questi "divi" tanto bravi ma col tempo sempre contato, sarebbe riuscito ad ottenere risultati ancora migliori. La perplessità maggiore viene dalla resa dei recitativi che, con varie sfumature a seconda dei cantanti, sembra un po' affrettata e con una pronuncia non sempre perfetta. Il peggiore in questo è decisamente Cencic (Alessandro) mentre la migliore è la Gauvin (Lisaura). I problemi si notano soprattutto all'inizio del secondo atto, nella lunga scena a tre in cui prima Lisaura e poi Rossane rinfacciano ad Alessandro le parolette dolci che egli ha rivolto alla rivale di turno. Si tratta di una scena da commedia brillante, un genere che Handel aveva già affrontato con ottimi esiti nell'Agrippina, ma che richiede da parte dei cantanti delle buone doti attoriali. Qui ahimè queste doti latitano e l'umorismo della situazione non riesce ad emergere. Julia Lezhneva è ottima come Rossane, nella parte che fu della Bordoni: nessuno meglio di lei oggi potrebbe rappresentare, nel bene e nel male, questa cantante che, come scriveva Quantz "Aveva una lingua flessibile che le permetteva di pronunciare le parole in modo rapido ma distintamente, una gola molto abile nelle divisioni e un trillo molto bello e veloce, che poteva utilizzare con facilità come e quando voleva... Cantava gli adagi con grande passione ed espressione, ma non altrettanto bene...". Infatti anche la Lezhneva si trova decisamente meno a suo agio nelle arie lente e più appassionate, dove spesso si desidererebbe una voce più corposa della sua. Karina Gauvin viceversa è al suo meglio proprio nelle arie più intense e drammatiche di Lisaura. Non che le manchi l'occasione di sfoggiare la sua destrezza nei passaggi rapidi, ma non ha la precisione scolpita e il trillo facile della Lezhneva. Mi è sembrata, come già detto, la migliore del cast per i recitativi, cosa che va a suo onore. Utilizzare un controtenore falsettista per il ruolo che fu di un grande castrato è un triste ripiego che però gode ai nostri giorni di incomprensibile popolarità. Fortunatamente Max Emanuel Cencic riesce ad ottenere una voce quasi decente, ed esibisce solo in minima parte il tipico difetto dei falsettisti, cioè la povertà di armonici che conferisce al suono un timbro vetroso e sgradevole. Questo almeno finché evita le escursioni nel registro più acuto, perché Cencic non sempre resiste alla tentazione e si avventura a volte in note stridule che invece dovrebbe evitare accuratamente. Comunque ha buona intonazione e ottima padronanza delle agilità, sicché è possibile ascoltarlo senza troppa sofferenza, anche se un buon mezzosoprano donna avrebbe fatto sicuramente meglio. George Petrou in generale opera delle scelte esecutive abbastanza sensate. Spesso adotta dei tempi più spediti rispetto a Kuijken e comunque cerca di imprimere alla musica quella propulsione che invece latita un po’ nella versione diretta dal violinista olandese, il cui accompagnamento appare a volte troppo lento e pesante. In un paio di casi Petrou stacca a mio parere dei tempi troppo lenti (ad esempio nell’aria di Tassile Vibra, cortese Amor), ma nel complesso il suo lavoro sulla partitura mi sembra ottimo. Per fortuna evita soluzioni cervellotiche per il basso continuo, limitandosi a una tiorba e due clavicembali. Gli archi sono rappresentati da dodici violini, tre viole, quattro violoncelli e due contrabbassi, quindi rispetto all'orchestra standard usata da Handel a Londra intorno al 1726 sono un po' deficitari nel settore acuto, perché sappiamo che di solito fra violini e viole Handel schierava circa 24 elementi. Incomprensibile e inutile invece la decisione di utilizzare un vero coro, perché sappiamo che Handel, come da prassi comune all’epoca, fece cantare anche le parti corali ai suoi solisti. In complesso dunque si tratta di un cofanetto che migliora senz’altro la vecchia incisione diretta da Kuijken e che contiene diverse cose appetibili. Riservato, a mio parere, soprattutto agli inguaribili appassionati delle opere di Handel. Maurizio Frigeni, 24 ottobre 2012
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