ANTONIO VIVALDI Catone in Utica (ricostruzione del primo atto con musiche di Alessandro Ciccolini) Topi Lehtipuu: Catone Ann Hallenberg: Emilia Roberta Mameli: Cesare Sonia Prina: Marzia Romina Basso: Fulvio Emőke Baràth: Arbace Il Complesso Barocco dir.: Alan Curtis Naïve OP30545 (3 CD)
a prima di questo dramma per musica fu data a Verona nell'aprile 1737. Il testo originale del Metastasio è del 1728 e, piuttosto inusualmente, prevedeva alla fine il suicidio sul palcoscenico di Catone. Evidentemente la cosa dispiacque, tant'è che lo stesso poeta cesareo modificò il finale già nel 1729, facendo morire Catone dietro le quinte. Ma otto anni dopo, nell'opera di Vivaldi, la morte di Catone è addirittura omessa, “affine di rendere il Dramma più breve e più lieto nella presente Stagione di Primavera”, come avverte il libretto a stampa. La storia racconta le ultime ore di Catone, capo dei Pompeiani che combattevano Giulio Cesare, asserragliato ad Utica con la figlia Marzia e l'alleato Arbace, principe di Numidia. Cesare arriva con le sue truppe e con il generale Fulvio, il quale porta a Catone un messaggio del Senato che lo invita ad arrendersi. Catone rifiuta sdegnosamente le profferte di pace di Cesare ed il suo destino è segnato. Naturalmente il Metastasio aggiunge ai fatti storici vari intrecci amorosi: Marzia ama Cesare ma è corteggiata da Arbace, che la vorrebbe sposare per suggellare la sua alleanza con Catone. Inoltre ad Utica è presente anche la vedova di Pompeo, che qui si chiama Emilia: Fulvio la corteggia, ma lei desidera soltanto la morte di Cesare. Lo strano “lieto fine” non è l'unico cambiamento apportato al testo metastasiano: otto arie vennero cancellate e delle diciotto rimanenti ben undici hanno testi diversi da quelli che compaiono nel libretto originale. Inoltre Vivaldi sposta alla fine del primo atto l'aria di Arbace Che legge spietata, scambiandola di posto con l'aria di Marzia È follia se nascondete, sicché Marzia rivela al pubblico fin dall'inizio il suo amore per Cesare. Questo spostamento potrebbe avere motivazioni drammaturgiche, come sostiene Reinhard Strohm nel suo saggio sulle opere di Vivaldi, ma più probabilmente fu fatto per accontentare Giacomo Zaghini, che interpretava a Verona il ruolo di Arbace: questo personaggio infatti ha solo due arie e quindi possiamo immaginare che Zaghini, giovane cantante in ascesa, premesse per avere una maggiore visibilità. Purtroppo la musica del primo atto è andata completamente perduta: delle sette arie che conteneva, solo quella cantata da Marzia (È follia se nascondete) può essere ricostruita con certezza, perché Vivaldi la riutilizzò l’anno successivo nella Rosmira fedele. Questo pone gli interpreti di fronte a varie opzioni: nella sua pionieristica incisione del 1984, ad esempio, Claudio Scimone eseguì solo i due atti che ci sono pervenuti, mentre Jean-Claude Malgoire, 17 anni dopo, decise di tentare una ricostruzione del primo atto, ricomponendo i recitativi e riadattando sei arie tratte da altre opere di Vivaldi. Lo sforzo di Malgoire, tuttavia, non ha dato un risultato molto soddisfacente. Forse per questo Alan Curtis e Alessandro Ciccolini hanno optato per una soluzione ancora più drastica: delle sei arie da ricostruire, solo una è stata ripresa da un’altra opera di Vivaldi (L'ira mia bella sdegnata, adattata da Là sul margine del rio dell'Atenaide), mentre le altre cinque sono state riscritte di sana pianta da Ciccolini, basandosi su temi vivaldiani. Il risultato non è spiacevole ma non è neppure molto vivaldiano: soprattutto lo stile appare piuttosto antiquato, rispetto al Vivaldi maturo del 1737. Perciò il CD che contiene il primo atto va considerato a mio avviso come un simpatico bonus, ma ha un interesse musicale pressoché nullo. È comunque da apprezzare la dovizia di particolari con la quale Ciccolini spiega il lavoro di ricostruzione nelle note allegate al cofanetto. Il personaggio più importante dell’opera è Cesare, interpretato nel 1737 dal soprano Lorenzo Girardi: le cinque arie che Vivaldi gli affida (una sola delle quali ripresa da un'opera precedente) spaziano attraverso una grande varietà di forme e di stati d'animo, dalla sublime delicatezza di Se mai senti spirarti sul volto, all'imponente sfoggio di virtuosismo dell'eroica Se in campo armato. Ma anche la musica composta per gli altri è di tutto rispetto. Catone fu impersonato dal tenore Cesare Grandi e Vivaldi scrisse per lui tre arie completamente nuove: le due che ci sono pervenute mostrano con notevole efficacia il furore di Catone contro la figlia traditrice. Anche Emilia canta tre arie, tutte composte ex novo per il soprano Maria Giovanna Gasparini. Doveva trattarsi di una cantante dai mezzi formidabili, perché la musica che Vivaldi scrisse per lei è di un virtuosismo spinto spesso all'estremo e comprende un'estensione vocale molto ampia: le due sue arie che ci sono pervenute (Come invano il mare irato e Nella foresta) sono fra le più note dell'opera. In confronto è piuttosto sottotono il personaggio di Marzia, interpretata dalla beniamina di Vivaldi, Anna Girò: delle sue tre arie, ben due riciclano delle “arie parlanti” che Vivaldi aveva già composto per lei: Se parto, se resto tratta dal Farnace (1732) e Il povero mio core tratta dalla Dorilla in Tempe (1726). Il cast del 1737, oltre al già ricordato soprano Zaghini come Arbace, comprendeva infine il contralto Elisabetta Moro nel ruolo di Fulvio: le sue due arie sono entrambe riprese dalla Ginevra, principessa di Scozia del 1736. L'opera fu un grande successo. Ne abbiamo testimonianza da una lettera dello stesso Vivaldi e anche dal principe Karl Albrecht di Baviera, che assisté all'opera il 26 maggio 1737, un mese almeno dopo la prima. Secondo quest'ultimo l'unico cantante notevole era il Girardi, mentre “le reste de la troupe étoit mediocre”. Da Vivaldi invece apprendiamo che una parte notevole del successo fu dovuta ai balli e che “il paese non è amante degl'Intermezzi onde questi molte sere si tralasciano”. La musica dei balli non compare nella partitura e quindi probabilmente non era di Vivaldi; la loro presenza estesa può spiegare in parte come mai il resto dell'opera fosse di durata piuttosto breve. In questa registrazione la parte di Cesare è affidata a Roberta Mameli, che ci dà un'ottima prova, con una bella voce squillante, dal trillo sicuro. A tratti manca un po' di corpo, soprattutto nel registro più grave, ma a mio parere non sfigura affatto nel confronto con Cecilia Gasdia, che incise lo stesso ruolo con Scimone trent’anni fa, anzi esibisce una maggiore padronanza stilistica e sa osare di più. Ma anche gli altri cantanti fanno un ottimo lavoro e appaiono tutti all'altezza della situazione: dall'inflessibile Catone di Topi Lehtipuu, alla volitiva Marzia di Sonia Prina, con un plauso particolare a Emőke Baráth, che tratteggia molto bene il personaggio minore di Arbace. L'unica cantante che mi ha lasciato un po' insoddisfatto rispetto alle attese è Ann Hallenberg nel ruolo di Emilia: anche se nelle agilità è inappuntabile, la sua voce ultimamente assume sempre più connotati sopranili e le note gravi a tratti ne soffrono, soprattutto nell’impervia Nella foresta. Alan Curtis dal canto suo dirige molto bene e non v’è traccia dell’eccessiva compostezza di altre sue prove: l'orchestra ha un bel suono pieno e vigoroso ed accompagna i cantanti in modo ottimale. Si nota anche un grande impegno nella resa dei recitativi, che sono uno dei punti di forza di questa registrazione: tutti i cantanti li rendono in modo molto naturale e con ottima pronuncia, mentre l'accompagnamento non è mai invasivo. Gli abbellimenti nelle riprese, piacevoli e abbondanti, sono stati scritti da Alessandro Ciccolini. Infine, la presa del suono è superba, con un ottimo bilanciamento fra orchestra e cantanti. Insomma, se si lascia da parte la questione della ricostruzione e si considera il primo CD come una specie di curioso bonus, direi che questa nuova incisione si colloca ai vertici fra le opere della Vivaldi Edition e ci consegna quella che è ad oggi la migliore registrazione di questa bella pagina del Prete Rosso. Maurizio Frigeni, 22 settembre 2013
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