Messaggio del Maestro Federico Guglielmo (9 novembre 2010) Mi permetto di segnalare una serie di inesattezze/imprecisioni nel suo articolo di cui dovrebbe essere dato “emendamento”. Lei scrive che solo 7 arie su 28 sono state successivamente riutilizzate in altre opere per sostenere fondamentalmente che ci troviamo di fronte ad una composizione ancora di scarso rilievo. Beh dal mio punto di vista la situazione va letta in chiave assolutamente opposta. Considerando che si tratta della prima opera (anche se come saprà alcuni studi di M. White stanno cambiando le prospettive sugli esordi teatrali di Vivaldi) il numero di arie riprese in seguito va valutato come estremamente significativo. E poi ci sono arie come “Gelosia” e “Come l’onda” che diverranno alcuni dei maggiori “hits” vivaldiani di sempre! Venendo allo specifico della nostra registrazione: l’opera non è stata tenuta “in frigorifero” e tantomeno ciò è stato fatto per sfruttare l’onda della versione Naïve... semmai è vero il contrario dato che è uscita due mesi prima... Capita che per anni non ci si occupi di una composizione e poi contemporaneamente accada che più direttori/gruppi se ne interessino contemporaneamente. Ma non è proprio questo il caso visto che la nostra produzione (presentata in pubblico al Teatro Olimpico di Vicenza il 22 giugno del 2008) doveva essere negli stores già nel 2009 e solo una serie di disguidi legati alla generale crisi della discografia (ovvero in questo caso il cambio “in corsa” di casa discografica, visto che la prima destinataria, pur famosa e titolatissima, non era più in grado di fare fronte alle nostre necessità, soprattutto in termini di distribuzione internazionale). Fatico comunque a capire come una registrazione posta in vendita (e con riscontri che mi dicono già estremamente lusinghieri, oltre ogni mia aspettativa) due mesi prima dell’altra potrebbe usufruire del “traino”... Alcune imprecisioni del suo testo che mi sta a cuore segnalarle: abbiamo usato esattamente l’organico di musicisti della prima esecuzione, come da “libri paga con nomi degli esecutori” (sopravvissuti al tempo e conservati alla Bertolliana di Vicenza). Nella lista paghe troverà infatti 1 viola da brazzo (modernamente indicata come viola nel nostro booklet) mentre “le due violette” altro non sono (andando a confrontare con i nomi degli esecutori) che i due violoncelli da noi utilizzati. Come lei ben sa per gli strumenti della famiglia del violoncello (e dintorni) regnava in quegli anni una gran confusione terminologica e non possiamo pretendere che chi ha scritto il libro paga di quella produzione fosse un esperto di organologia. Tuttavia si trattava di due esecutori di violoncello. Quanto al violone ovvero contrabbasso potremmo discuterne con diletto per anni (ed io sono spesso un sostenitore dell’importanza del violone in 8 piedi per la musica strumentale veneziana). Nella traduzione inglese del booklet potranno anche avere indicato genericamente “bass” di certo so (si vedano pure le foto) che abbiamo utilizzato un violone a cinque corde (ed in 16 piedi viste le dimensione non cameristiche della sala che pure non è la Avery Fischer Hall). Per i recitativi, come da lei giustamente evidenziato, abbiamo optato per un taglio (non drammatico ma significativo ed in ogni caso non privando il senso drammaturgico) seguendo proprio le indicazioni di Vivaldi quando revisionò se medesimo. E le fonti manoscritte ed il libretto sono stati seguiti con particolare cura (laddove per esempio l’edizione curata dal pur insigne musicologo Cross ed utilizzata nelle registrazioni Chandos e Naïve attribuisce a Caio un’aria che il libretto chiaramente definisce di Cleonilla, oltre a contenere diversi svarioni di testo musicale). Sul numero contenuto degli strumentisti utilizzati valgono le osservazioni sopra riportate... infatti si è suonato al Teatro Olimpico, acustica di per sé straordinaria, e non in un grande teatro d’opera ottocentesco. Sul presunto “alleggerimento del tessuto strumentale” affidando alcune arie ad un violino solo o al gruppo a parti reali devo dire che - pur essendo queste prassi ampiamente documentabili, ed utilizzate frequentemente da riconosciuti testimoni della “auspicata brillantezza”, abbiamo inteso fare questo con estrema moderazione e sempre guardando, aria per aria, al contesto musicale ed espressivo richiesto. Poi si entra nella sfera dei gusti (e/o in caso dei pregiudizi) personali. Dovremmo infine ed una buona volta interrogarci su cosa si intende per brillantezza. Sulla brillantezza “classica” non può che trovarmi d’accordo. Vivaldi è colore luminoso ma all’occorrenza anche estremamente sfumato e di certo continuamente vario, siamo d’accordo ma è anche grande classicità delle strutture e delle forme. Se invece per brillantezza intendiamo quella specie di ormai modaiola (e alla fine “facile”) tendenza ad estremizzare le partiture, beh allora più che di brillantezza io parlerei di “gusto del bizzarro”. Lo capisco ma non lo lo condivido, come il sale sulle pietanze: quando se ne mette troppo poi non se ne sa più fare a meno... anche se non fa tanto bene alla salute (ovvero in questo nostro caso forse al rispetto delle intenzioni di chi compose). Qui siamo tuttavia nella sfera del gusto personale. Ed ognuno trova quel che giustamente preferisce. La risposta Mi dispiace che lei abbia concentrato la sua attenzione sulle inesattezze e sulle differenze d'opinione, perché il mio parere su questi CD è tutt'altro che negativo: ho scritto infatti che ritengo questa incisione superiore a quella di Hickox per la Chandos, il che non mi sembra poco. Prendo atto delle sue precisazioni sull'organico strumentale. Resto del parere che l'organo (così come la chitarra o l'arpa) debba essere evitato nelle opere. Così come preferirei non ascoltare dei falsettisti nei ruoli che furono dei castrati. Ma questa ovviamente è la mia opinione: mi rendo conto che il gusto del pubblico DI OGGI va a volte in un'altra direzione. La rassicuro sul fatto che per "brillantezza" non intendo assolutamente "bizzarria" e che anzi detesto quegli esecutori che usano tali mezzucci per sedurre il pubblico. Infine, a prescindere da queste episodiche diversità di vedute, mi lasci dire che apprezzo molto quello che lei fa per la musica barocca e che spero di ascoltare presto altri CD di musiche da lei dirette o, meglio ancora, di sentirla suonare dal vivo. M.F. |