ANTONIO VIVALDI (1678-1741) Ercole sul Termodonte Vivica Genaux (Antiope) Joyce DiDonato (Ippolita) Patrizia Ciofi (Orizia) Diana Damrau (Martesia) Rolando Villazón (Ercole) Romina Basso (Teseo) Philippe Jaroussky (Alceste) Topi Lehtipuu (Telamone) Europa Galante Fabio Biondi, violino e dir. Virgin Classics 69454509 (2 CD) Di quest'opera, la cui prima andò in scena a Roma nel 1723, non ci è pervenuta alcuna partitura originale, ma soltanto il libretto. Fortunatamente però quasi tutte le arie ci sono state tramandate attraverso delle copie singole, che si trovano soprattutto in due raccolte conservate a Parigi e a Münster. Dei 42 numeri presenti nell'opera (esclusi i recitativi) ce ne sono pervenuti 30 e ben 23 di questi brani sopravvissuti sono derivati da opere precedenti dello stesso Vivaldi, tanto che quest'opera si configura più come un auto-pasticcio che come un lavoro originale. Questo però non depone necessariamente a sfavore del suo valore artistico, anche perché il libretto è piuttosto interessante. Si tratta di un rimaneggiamento di Le Amazoni vinte da Ercole, scritto da Antonio Salvi nel 1718: il mitico eroe, in una delle sue famose dodici fatiche, deve recuperare le armi di Antiope, la regina delle Amazzoni, e per far ciò si reca in riva al fiume Termodonte aiutato da tre valorosi principi greci: Teseo, Alceste e Telamone. Lì i quattro incontrano Antiope con le sue sorelle Ippolita e Orizia e con la giovane figlia Martesia. Inutile dire che le schermaglie fra i due schieramenti si trasferiscono ben presto dal piano militare a quello amoroso: alla fine Teseo si sposerà con Ippolita e Alceste con Martesia, mentre solo Ercole resterà immune alla seduzione delle donne guerriere. Come si vede si tratta di un intreccio dal sapore ancora seicentesco, poco allineato con le raffinatezze di un Metastasio ma evidentemente in grado di solleticare la fantasia del pubblico romano. Anche perché, come noto, a Roma i ruoli femminili erano interpretati da castrati e questo contribuiva a rendere la vicenda ancor più ambigua e pruriginosa. Anche tre dei ruoli maschili furono affidati a castrati, mentre Ercole era interpretato da un tenore. Per poter gustare appieno l'opera è necessario un certo lavoro di ricostruzione. Un primo tentativo è stato fatto da Alan Curtis e Alessandro Ciccolini nel 2006: il loro lavoro servì per una rappresentazione messa in scena a Spoleto e registrata su DVD, ma il restauro era largamente incompleto e per molti altri versi poco soddisfacente. Ora Fabio Biondi propone questa sua nuova ricostruzione e lui stesso fornisce nelle note accluse al cofanetto un elenco dettagliato di tutte le arie con i vari passaggi che hanno portato al risultato finale e con le linee guida del suo lavoro. In molti casi non è stata necessaria alcuna scelta, perché l'aria ci è pervenuta completa oppure perché è rintracciabile in un'altra opera di Vivaldi. Invece si è dovuta trovare una soluzione per alcune arie che ci sono pervenute in forma semplificata (voce, continuo e una singola linea strumentale). E qui ci sarebbe da ridire su alcune delle scelte operate, in particolare sul fatto che in alcuni casi, sebbene l'aria sia stata anche utilizzata in altre opere, si sia comunque deciso di operare delle modifiche. Inoltre Biondi ha voluto includere anche alcune delle parti perdute: tre brevi cori e tre arie (due di Orizia e una di Ercole), che ha riscritto adattando brani da altre opere di Vivaldi. La motivazione principale data da Biondi è che in questo modo si riesce a ripristinare il personaggio di Orizia, le cui quattro arie sono andate tutte perdute, e questa tutto sommato mi pare un'idea sensata. Invece non sono assolutamente d'accordo sulla decisione di eliminare ben quattro arie (di Ippolita, Antiope, Teseo e Telamone) fra quelle che ci sono pervenute. Biondi cerca di giustificare tale scelta col desiderio di non creare troppo sbilanciamento nel numero di arie assegnate ai vari personaggi, ma io sospetto invece più semplicemente che ordini dall'alto gli abbiano imposto di rimanere entro lo spazio di due CD, costringendolo a tagliare qualcosa. Questo sospetto è avvalorato da un'altra decisione a mio parere assurda: quella di abbreviare moltissimo i recitativi, con un risultato secondo me al limite del presentabile. È vero che si tratta di recitativi ricostruiti, ma la loro funzione, che dovrebbe essere quella di far capire all'ascoltatore la vicenda, risulta vanificata se vengono accorciati in questo modo. A questo punto sarebbe stato più saggio eliminarli del tutto e lasciare spazio alle altre arie. Anche se, devo riconoscerlo, i pochi recitativi superstiti sono stati ricomposti in modo molto convincente. Naturalmente Biondi, così prodigo di spiegazioni sulle arie, non dice assolutamente nulla sul fatto che i recitativi sono stati tagliati. Così come non dice nulla su di un'altra scelta per me sciagurata: quella di aver trasposto la parte di Telamone da contralto a tenore. Comunque, a parte le questioni storico-filologiche, l'altro motivo d'interesse di questo cofanetto è costituito dai cantanti, perché la Virgin ha schierato un cast formato da alcune delle più affermate vedette della scena operistica. L'impressione tuttavia è un po' deludente: il cast stellare brilla di luci singole ma manca spesso l'insieme. All'ascolto questo effetto patchwork emerge molto chiaramente e d'altronde, secondo le note accluse, l'opera è stata registrata dal 24 al 31 luglio 2008, poi dal 2 al 6 gennaio 2009 e infine dal 6 al 7 giugno 2010. Quindi il sospetto che i vari cantanti abbiano lavorato singolarmente e che poi il tutto sia stato assemblato dai tecnici del suono diventa quasi una certezza. Notare che anche la qualità audio lascia a desiderare: il suono è piuttosto compresso e le voci sono state prese troppo da vicino, ciò che rende il risultato poco naturale. Fra i singoli cantanti mi ha colpito negativamente la prestazione di Villazon, che a volte dà l'impressione di non aver mai letto prima quello che sta cantando, oltre ad avere una voce per nulla adatta a questo repertorio. E non mi è piaciuto neppure Jaroussky, che esibisce le solite pecche nella resa dei recitativi e che con la sua vocetta avrei visto meglio nei panni della ragazzina Martesia che non in quelli di Alceste. La Damrau, anche se canta molto bene, non è molto credibile nel ruolo della giovinetta inesperta che fa le sue prime conoscenze col mondo maschile. Ottime invece Romina Basso, Vivica Genaux e Joyce DiDonato, che cantano le arie loro affidate con la consueta maestria. L'orchestra schierata da Biondi è abbastanza ampia: 13 violini, 4 viole, 3 violoncelli, 2 violoni, tiorba e clavicembalo, a cui si aggiungono 2 corni, 3 oboi, 2 fagotti e i timpani. Lo stesso Fabio Biondi suona il violino e anche la viola d'amore solista in una delle arie ricostruite. L'accompagnamento orchestrale è ottimo, ma come si è detto è alquanto penalizzato dalla presa del suono. Malgrado tutti i suoi difetti questo album rappresenta un'occasione unica (e chissà quando ripetibile) di ascoltare quest'opera di Vivaldi in CD, ed alla fine il risultato è comunque decisamente migliore rispetto al DVD registrato da Curtis qualche anno fa. Le note accluse sono molto esaustive: Frédéric Delaméa ha curato la parte storica mentre Fabio Biondi, come detto, quella relativa al lavoro di ricostruzione. Insomma: se siete vivaldiani incalliti come me, non potrete fare a meno di comprarlo... Chi volesse ascoltare qualche pezzetto dell'opera può rivolgersi alla pagina di JPC, dove sono disponibili i primi 60 secondi di quasi tutte le tracce. M. F. 19 dicembre 2010 | | |