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CD & DVD Reviews

Indice / Index

GALUPPI · LATILLA · BERTONI
Christmas at San Marco

Ferdinando Bertoni: Kyrie in fa maggiore;
Baldassare Galuppi: Messa per San Marco (1767);
Baldassare Galuppi: Adeste fideles, mottetto;
Gaetano Latilla: Sinfonia in sol maggiore;
Baldassare Galuppi: Te Deum in do maggiore.

Gemma Bertagnolli, soprano
Valentina Varriale, soprano
Mary-Ellen Nesi, contralto
Julien Behr, tenore
Clemens Heidrich, basso
Vocal Concert Dresden
Dresdner Instrumental-Consort
Peter Kopp
Berlin Classics 0300063BC

Questo CD è dedicato ad una "ricostruzione" della messa di Natale del 1767 nella Basilica di San Marco a Venezia. La tradizione voleva che il maestro di cappella (Baldassare Galuppi, all'epoca) componesse il Gloria e il Credo della messa, mentre il Kyrie veniva composto dal primo organista (Ferdinando Bertoni, che diventò poi Maestro di cappella alla morte di Galuppi). Il Sanctus e l'Agnus Dei erano solitamente sostituiti da un mottetto e da un brano strumentale: in questo CD sono stati scelti allo scopo il mottetto Adeste fideles di Galuppi ed una sinfonia di Gaetano Latilla, che all'epoca era vice maestro a San Marco. Il CD è completato da un Te Deum di Galuppi, perché quell'anno dopo la messa di mezzanotte fu cantato appunto da questo inno.

In realtà solo la Messa di Galuppi può essere associata con certezza al Natale del 1767: all'epoca il compositore si trovava in Russia, invitato alla corte di Caterina II, ma gli fu concesso di mantenere il suo posto di maestro di cappella a San Marco, a patto che avesse continuato a far pervenire a Venezia la musica per la messa di Natale, come puntualmente egli fece. Le altre musiche registrate nel CD formano quindi un contorno ipotetico ma plausibile. Un simile lavoro di ricostruzione fu già fatto alcuni anni fa da Filippo Maria Bressan per un CD Chandos: in quel caso si trattava però del Natale del 1766 e le musiche scelte sono diverse rispetto a quelle di questo disco.

Quello che colpisce, ascoltando la Messa ed il Te Deum di Galuppi, è il tono festivo ma al tempo stesso piuttosto austero: poche sono le concessioni al virtuosismo dei cantanti solisti, mentre predominano i movimenti in cui è il coro il protagonista. Questo però nulla toglie alla bellezza della musica, che nella Messa raggiunge vette veramente notevoli. Di tutt'altro tenore invece il breve mottetto per soprano, vera esibizione vocale del cantante solista. La sinfonia di Latilla è a sua volta di sapore prettamente operistico.

Il direttore Peter Kopp schiera per l'occasione un coro di 25 elementi ed un'orchestra 11 violini, 3 viole, 2 violoncelli e 1 contrabbasso, a cui si aggiungono 2 flauti, 2 oboi, 2 corni, timpani, fagotto e organo. La composizione di coro e orchestra rispetta abbastanza bene quelle che erano le forze della cappella ducale che suonava a San Marco nel 1767, ad eccezione del basso continuo, che era all'epoca assai più corposo. Infatti a San Marco venivano usati 4 organi, posti nelle gallerie e nei palchetti, ognuno probabilmente accompagnato da un suo violoncello e un suo violone. Peccato che non sia stato possibile ricreare anche in CD questa sontuosa disposizione sonora.

Kopp è riuscito anche ad avere a disposizione un cast di solisti di tutto rispetto, in cui spiccano i nomi di Gemma Bertagnolli, Valentina Varriale e Mary-Ellen Nesi. Il ruolo vocale più impegnativo è toccato a Gemma Bertagnolli, un soprano la cui voce non sempre piace ma che nella messa si disimpegna bene. Invece il mottetto Adeste fideles appare essere al limite delle sue possibilità (e forse anche un po' oltre). Ma nel complesso la prova dei musicisti è ottima e questo CD è uno dei più interessanti che mi sia capitato di ascoltare negli ultimi tempi, anche perché porta l'attenzione su quel grande musicista che fu Baldassare Galuppi e su una parte ingiustamente trascurata della sua produzione.

M. F.
10 aprile 2011Torna alle Recensioni

xmassanmarco
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Canaletto
Piazza San Marco Looking East from
the North-West Corner (ca.1758)
National Gallery NG2515, London (source: Wikipedia)

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JOSÉ DE NEBRA
Amor Aumenta el Valor (Lisboa, 1728)

Olalla Alemán (Horacio)
María Eugenia Boix (Clelia)
Marta Infante (Porsena)
Agnieszka Grzywacz (Livio)
Soledad Cardoso (Porcia)
Ana María Otxoa (Calfurnia)
José Pizarro (Mimo)

Los Músicos de Su Alteza
dir. Luis Antonio Gonzales
Alpha 171 (1 CD)

Questo interessante CD è dedicato ad un'opera spagnola (o meglio ad un frammento di opera) di José de Nebra (1702-1768). La storia di questa composizione è peculiare, perché l'opera fu commissionata dall'ambasciatore spagnolo a Lisbona per festeggiare, nel 1728, il matrimonio fra il principe spagnolo Ferdinando di Borbone e l'infanta del Portogallo Maria Barbara.

Il libretto fu scritto in spagnolo da José de Cañizares e si discosta dalla classica zarzuela barocca perché anche i recitativi sono messi in musica, invece di essere semplicemente parlati. Anche le arie si susseguono secondo il tipico schema dell'opera seria italiana. L'unica concessione al gusto spagnolo è la presenza di due personaggi comici, che con i loro battibecchi stemperano la tensione del dramma.

L'opera era in tre atti, preceduti da un prologo e intervallati da altre due composizioni a mo' d'intermezzo. Le tre parti furono commissionate a tre autori diversi: il primo atto fu composto da Nebra, mentre gli altri furono scritti da due autori italiani: Filippo Falconi e Giacomo Facco, entrambi attivi presso la corte di Madrid. Oggi della musica dell'opera ci rimangono solo il prologo (scritto anch'esso da Facco) ed il primo atto, che è quello registrato in questo CD.

La storia riprende (stravolgendola alquanto) la vicenda dell'assedio a Roma da parte del re etrusco Porsenna. Ne sono protagonisti il coraggioso Orazio e la sua amata Clelia, sulla quale però ha messo gli occhi Porsenna, che propone a Roma la pace in cambio dell'avvenente fanciulla. Fanno da contorno Porzia, innamorata respinta da Orazio, e Livio, senatore romano, nonché i due ruoli comici dei servitori Calfurnia e Mimo.

Non solo il libretto, ma anche la musica, appare largamente ispirata alla contemporanea opera italiana: le arie sono lunghe ed espansive, tutte col da capo. L'orchestra, oltre agli archi, comprende oboi e flauti diritti, che vengono sapientemente usati in alcune arie per conferire loro un colore particolare. La musica non è mai banale: indubbiamente Nebra è un compositore molto interessante, che conosceva bene la contemporanea produzione operistica italiana ma che al tempo stesso non manca di originalità. Tuttavia questa è l'unica opera da lui composta per i reali di Spagna, perché a corte si preferiva l'opera italiana. Ciò non toglie che Nebra abbia in seguito composto un buon numero di opere spagnole e di zarzuelas, tutte destinate ai teatri pubblici.

I ruoli principali sono quelli di Orazio e Clelia, che nel primo atto hanno due arie ciascuno, più un duetto. Gli altri personaggi devono invece accontentarsi di un'aria per uno. È interessante notare che nell'opera spagnola dell'epoca i ruoli cantati venivano affidati sempre a donne, sia quelli maschili che quelli femminili, e così fu anche a Lisbona nel 1728. Per questa registrazione il direttore Luis Antonio González ha invece deciso "per portare un po' di varietà" di trasporre per tenore la parte di Mimo, un cambiamento di cui non capisco proprio la necessità e che ci priva del piacere di ascoltare l'opera nella sua veste originale.

González, in mancanza di informazioni precise per quest'opera, si rifà alla consistenza numerica tipica dell'orchestra usata da Nebra per le sue composizioni teatrali successive: schiera quindi 8 violini, 2 viole, 2 violoncelli e 1 contrabbasso, oltre a 2 oboi, 2 flauti diritti e 1 fagotto. Per il continuo affianca al clavicembalo una tiorba o chitarra e, occasionalmente, un organo. Se la presenza della chitarra è giustificata per un'opera spagnola, sono invece perplesso per la scelta dell'organo: la propensione dei direttori ad usare questo strumento per il continuo nell'opera del Settecento è molto diffusa, ma resta per me ingiustificata e incomprensibile.

L'orchestra comunque suona in modo brillante e preciso e accompagna ottimamente il canto. I cantanti sono molto bravi, anche se in alcuni casi avrebbero potuto osare di più negli abbellimenti dei da capo. Il suono registrato è bello e naturale. Le note di accompagnamento contengono un ampio saggio di Luis Antonio González sull'opera e la sua storia, in francese, spagnolo e inglese, nonché il testo del primo atto. Peccato che non sia stata acclusa anche la sinossi completa dei tre atti, che ci avrebbe fornito un quadro più ampio della vicenda.

Comunque, a parte le riserve di cui sopra, il disco è molto bello e senz'altro consigliabile. Spero anzi di vedere presto in CD altre composizioni vocali di questo autore. Per chi volesse sentirne qualche brano, segnalo che l'opera si può ascoltare integralmente nella pagina dedicata di Deezer.

M. F.
28 marzo 2011Torna alle Recensioni

amoraumentaelvalor

THOMAS ARNE
Artaxerxes

Elizabeth Watts - Mandane
Caitlin Hulcup - Arbaces
Andrew Staples - Artabanes
Christopher Ainslie - Artaxerxes
Rebecca Bottone - Semira
Daniel Norman – Rimenes

The Classical Opera Company
dir. Ian Page
Linn Records CKD358 (2 SACD)

Artaxerxes di Thomas Arne è un'opera inglese del 1762 che conobbe a Londra uno straordinario successo, con ben 111 rappresentazioni documentate fino al 1790. L'opera rimase in repertorio al Covent Garden fino al 1830 e forse ci sarebbe rimasta ancor di più se un incendio nel 1808 non avesse distrutto il manoscritto originale. Fortunatamente l'ouverture, le arie e i duetti erano stati pubblicati e così sono pervenuti sino a noi, insieme al libretto. Per questa incisione i recitativi sono stati riscritti (molto bene, a mio avviso) da Ian Page ed il coro finale da Duncan Druce.

La vicenda, ambientata nella Persia del V secolo a.C., ha il suo motore nel generale Artabanes, che mira alla conquista del potere ed uccide il re Xerxes facendo ricadere la colpa sul principe Darius, il quale viene a sua volta ucciso. Il regno è ora nelle mani di Artaxerxes, fratello di Darius, e anche di lui il perfido generale medita di disfarsi, aiutato dall'amico Rimenes. Ma nell'intrigo resta implicato anche Arbaces, figlio di Artabanes, che viene accusato di essere il vero colpevole della morte di Xerxes. La storia è arricchita dai soliti intrecci amorosi, con la figlia di Xerxes, Mandane, che ama Arbaces, mentre Semira, sorella di Arbaces, ama Artaxerxes. Il libretto completo dell'opera è disponibile on-line assieme alle note scritte per la vecchia incisione della Hyperion. (cliccare su "PDF" nella parte sinistra di questa pagina)

I personaggi principali sono Arbaces e Mandane (6 arie e 2 duetti a testa), interpretati alla prima del 1762 dal castrato Ferdinando Tenducci e dal soprano inglese Charlotte Brent. Il terzo per importanza è il "cattivo" Artabanes (4 arie e 2 recitativi accompagnati) che all'epoca fu impersonato dal tenore John Beard, già protagonista di molte opere ed oratori di Handel. Gli altri tre personaggi hanno solo 3 arie ciascuno: nel 1762 furono affidati al castrato Nicolò Peretti (Artaxerxes), al soprano inglese Miss Thomas (Semira) ed al tenore George Mattlocks (Rimenes).

Quello che colpisce dell'opera è l'impianto tipicamente italiano, sia per il libretto (che è una traduzione, ad opera dello stesso Arne, del celeberrimo Artaserse del Metastasio) sia per la struttura, dominata da arie solistiche inframmezzate da recitativi secchi. Insomma, se non fosse cantata in inglese questa sarebbe in tutto e per tutto un'opera seria nella migliore tradizione italiana, tanto che due dei ruoli maschili, come detto, furono scritti per dei castrati. Con la scomparsa dei castrati, nelle rappresentazioni ottocentesche i due ruoli furono cantati da donne, oppure a volte la parte di Artaxerxes fu trasposta e affidata ad un tenore.

L'unica notevole deviazione dallo stile italiano è nella scrittura delle arie, che sono spesso molto brillanti ma più brevi rispetto alle coeve opere italiane e meno inclini al virtuosismo fine a sé stesso. Inoltre solo in un paio di casi hanno la struttura col da capo tipica dell'opera seria. A testimonianza della bellezza della musica, diverse arie sono entrate nel repertorio da concerto di vari cantanti, sia nell'800 che nel '900. Alla brillantezza dell'insieme contribuisce non poco l'orchestra, che è molto ricca di colori, con oboi, clarinetti, corni, trombe e timpani a complemento degli archi.

In questa registrazione l'opera è affidata alla Classical Opera Company diretta da Ian Page, gli stessi che misero in scena l'opera a Londra nel 2009. Fra i giovani cantanti si distingue in particolare Elizabeth Watts (Mandane), ma sono ottime anche le prove del mezzosoprano Caitlin Hulcup (Arbaces) e del tenore Andrew Staples (Artabanes). Il ruolo di Artaxerxes è stato affidato a Christopher Ainslie, controtenore di buona tecnica ma dal timbro molto "britannico", a mio parere un po' fuori posto in questo cast.

L'orchestra è composta, oltre ai fiati già nominati, da 12 violini, 2 viole, 2 violoncelli, 2 contrabbassi, 2 fagotti e 2 clavicembali. Riesce a produrre un grande fragore, quando necessario, ma assecondando sempre i cantanti in modo ammirevole. Inoltre il suono ottenuto dai tecnici è eccezionale, molto naturale e spazioso: da parecchio tempo non mi capitava di ascoltare dei CD registrati così bene. Insomma: una bella incisione di un'opera che secondo me val la pena di conoscere.

M. F.
13 marzo 2011Torna alle Recensioni

arneartaxerxes

GEORGE FRIDERIC HANDEL
Alessandro Severo
(HWV A13)

Αlessandro: Μary-Ellen Nesi, mezzo-soprano
Salustia: Marita Solberg, soprano
Giulia: Kristina Hammarström, mezzosoprano
Albina: Irini Karaianni, mezzosoprano
Claudio: Gemma Bertagnoli, soprano
Marziano: Petros Magoulas, basso

Armonia Atenea
George Petrou, direttore
MDG 609 1674 (2 CD + 1 bonus CD)

Alessandro Severo è un pasticcio composto da Handel nel 1738, per la stessa stagione operistica in cui compose anche Faramondo e Serse. Il libretto è tratto da Apostolo Zeno (1717), ed è lo stesso che era servito da base qualche anno prima per la Salustia di Pergolesi. Handel scrisse ex-novo i recitativi e l'ouverture, nonché un recitativo accompagnato nel terzo atto. Arie, duetti e cori furono invece ripresi da opere precedenti dello stesso Handel. In particolare, la maggior parte della musica (19 arie su 29) fu ricavata dalle tre nuove opere della stagione precedente: Arminio, Giustino e Berenice, forse per compensare il fatto che non era prevista una loro ripresa nella nuova stagione.

La storia è basata sulle vicende di Alessandro Severo, imperatore romano succeduto ad Eliogabalo. Sua madre Giulia riesce brigando a porlo sul trono e gli fa sposare Salustia. Tuttavia ben presto Giulia diventa gelosa della nuora e con uno stratagemma fa firmare al figlio un decreto in cui egli ripudia la moglie e la condanna all'esilio. Il padre di Salustia, Marziano, vuole vendicare la figlia, aiutato da Claudio. I loro piani vengono però sventati da Albina, innamorata respinta da Claudio, che li ascolta complottare e riferisce tutto a Salustia. Quest'ultima interviene quindi per salvare la vita di Giulia, la quale commossa si ricrede e conduce la vicenda verso l'inevitabile lieto fine.

Il testo funziona nel complesso abbastanza bene, anche se si notano alcune incongruenze derivanti probabilmente dall'adattamento. Anche la selezione delle arie appare ben riuscita: Handel, con minimi cambiamenti, riesce nella maggior parte dei casi ad inserirle in modo ottimale nel nuovo contesto. Solo in un paio di occasioni l'adattamento appare un po' forzato. Purtroppo nella versione del libretto che accompagna questi CD ci sono moltissimi evidenti refusi, alcuni dei quali (pochi, per fortuna) vengono ripresi anche dai cantanti. Peccato, perché la resa dei recitativi è stata per il resto molto curata in questa incisione.

Il personaggio di Alessandro è piuttosto debole: più che un eroe è un fantoccio in balia di moglie e madre, che sono le vere protagoniste. Però Handel gli assegnò la parte principale (5 arie e 1 duetto con Salustia), probabilmente per accontentare il suo primo uomo della stagione, il castrato Caffarelli. Due delle sue arie in particolare sono rifacimenti di arie celeberrime scritte originariamente per Carestini: Con l'ali di Costanza (dall'opera Ariodante) e Salda quercia (dall'Arianna in Creta), anche se nell'adattarle al nuovo cantante Handel le abbreviò e semplificò notevolmente. Notare che questa versione light di Con l'ali di Costanza viene oggi a volte erroneamente eseguita anche nell'Ariodante.

Il principale ruolo femminile è invece quello di Salustia (Elisabetta Du Parc nel 1738) che ha 4 arie e 2 duetti, mentre Handel ridimensionò il ruolo di Giulia (3 arie e 1 duetto) a favore di Albina (5 arie): è probabile che ciò fosse dettato non solo da intenzioni drammaturgico-musicali ma anche da motivi di gerarchia fra le sue cantanti (Antonia Merighi e Maria Antonia Marchesini rispettivamente). Infine i due ruoli minori dei cospiratori (Claudio e Marziano, con 3 arie ciascuno) furono affidati al soprano Margherita Chimenti e al basso Antonio Montagnana.

Con questa incisione George Petrou ritorna ad occuparsi di Handel, dopo aver registrato nel 2004 l'altro pasticcio Oreste e soprattutto dopo averci dato nel 2009 quella che per me è la migliore incisione esistente del Giulio Cesare. Anche in questo caso credo che l'interpretazione sia di altissimo livello. In particolare, come al solito con Petrou, c'è una grande cura nella resa dei recitativi e inoltre nelle arie gli abbellimenti sono abbondanti ma mai banali o fuori stile.

L'orchestra è cambiata rispetto alle ultime incisioni di Petrou: ora si chiama Armonia Atenea anziché Orchestra of Patras, ma suona sempre in modo impeccabile, aiutata da una presa del suono molto naturale. Anche la consistenza numerica è aumentata: Petrou schiera 13 violini, 4 viole, 4 violoncelli, 2 contrabbassi, 2 oboi, 2 flauti traversi, 1 fagotto, 2 corni e 2 trombe, con 2 clavicembali e 1 tiorba per il continuo.

Fra i cantanti spiccano in particolare le prove di Mary-Ellen Nesi e Kristina Hammarström, bravissime sia nelle arie che nella resa dei recitativi. Marita Solberg è un po' meno precisa nei recitativi ma se la cava comunque molto bene nell'intenso ruolo di Salustia. Irini Karaianni con la sua voce di contralto dà ottimo corpo ad Albina, innamorata e vendicativa al tempo stesso. Infine, anche nei ruoli di contorno, sia Gemma Bertagnolli che Petros Magoulas cantano in modo molto apprezzabile.

Questa è la prima incisione assoluta dell'Alessandro Severo, che probabilmente non è un capolavoro ma è lo stesso una composizione molto godibile e magnificamente interpretata. Le note di accompagnamento, a parte i refusi già segnalati nel libretto italiano, contengono un bel saggio di David Vickers su quest'opera e la sua storia e alcune brevi impressioni di George Petrou (in inglese, francese e tedesco).

L'opera di Handel occupa due CD (158 minuti) ma nel cofanetto viene offerto come bonus un terzo CD contenente il breve monologo comico Don Crepuscolo, scritto nel 1815 per il teatro di Corfù dal compositore greco Nikolaos Mantzaros (autore fra l'altro della musica dell'inno greco). La musica, che ricorda Cimarosa, Donizetti e Rossini, non mi è parsa particolarmente interessante, anche se l'interprete vocale (il basso Christophoros Stamboglis) è molto bravo.

M. F.
1 febbraio 2011Torna alle Recensioni

ASevero

JOHANN ADOLF HASSE (1699-1783)
Marc’Antonio e Cleopatra

Jamie Barton, mezzosoprano (Marc’Antonio)
Ava Pine, soprano (Cleopatra)

Ars Lyrica Houston
Matthew Dirst, direttore
Dorian DSL-92115 (2 CD)

Questa magnifica serenata fu composta dal giovane Hasse nel 1725 per un banchiere napoletano, che la fece eseguire nel suo palazzo da due grandissimi cantanti: il giovane castrato Farinelli nella parte di Cleopatra e il contralto Vittoria Tesi, specializzata nei ruoli en travesti, come Marc’Antonio. A mia conoscenza non esistono incisioni precedenti di questo lavoro, sicché il cofanetto può vantare a buon diritto la scritta World Premiere Recording.

I due protagonisti, nel libretto di Francesco Ricciardi, s’incontrano subito dopo la sconfitta di Marc’Antonio ad Azio ad opera di Ottaviano: nei loro sentimenti si mescolano il reciproco amore, l’orgoglio ferito, il timore per il futuro, fino alla decisione finale di morire insieme piuttosto che consegnarsi al nemico. Naturalmente sappiamo che la realtà storica fu meno romantica, ma il risultato poetico è di ottimo livello e con i suoi colori contrastanti ben si presta ad essere messo in musica.

L’ensemble Ars Lyrica Houston suona in questi CD con 6 violini, 2 viole, 1 violoncello, 1 violone, 2 oboi/flauti diritti, 1 flauto traverso, 1 fagotto, 1 tiorba/chitarra e 1 cembalo, suonato quest’ultimo dal direttore Matthew Dirst. E già qui cominciano le mie perplessità, perché Hasse non ha messo fiati in partitura e non vedo la necessità di "colorare" l’accompagnamento orchestrale, quando in questa musica l’attenzione è concentrata soprattutto sul canto. Forse Dirst ha voluto copiare le scelte fatte da Jacobs quando eseguì in concerto questa serenata nel 2001: del resto Jacobs è "famoso" proprio per la sua mania di aggiungere oboi e flauti anche quando non previsti in partitura.

Purtroppo però il direttore americano non ha la stessa abilità di Jacobs nello scegliere i tempi più "giusti" e nell’assecondare i cantanti. Inoltre, particolare non trascurabile, le sue cantanti sono le pressoché sconosciute Jamie Barton e Ava Pine, mentre Jacobs poteva contare su due star come Vivica Genaux e Isabel Bayrakdarian. Il risultato quindi, sebbene di buon livello, è piuttosto deludente rispetto alle aspettative. In particolare, gli abbellimenti nei da capo sono piuttosto trattenuti e le cantanti non riescono ad entusiasmare, mentre la scansione del tempo appare a volte un po’ troppo squadrata.

Anche la qualità della registrazione lascia piuttosto a desiderare a mio parere: il suono è evidentemente compresso e manca un equilibrio realistico fra voci e strumenti. Piuttosto singolare che la Dorian si vanti dell’eccellenza delle sue riprese audio, se poi produce cose di questo tipo. Insomma, i fan del Caro Sassone dovranno attendere a mio parere un’occasione migliore per ascoltare un’esecuzione che renda veramente giustizia a questo capolavoro. Nel frattempo possono cercare di procurarsi in rete (non è difficile) la registrazione radiofonica del concerto di Jacobs del 2001, che è sicuramente migliore di questa.

M. F.
10 gennaio 2011Torna alle Recensioni

hassemarcleo

ANTONIO VIVALDI (1678-1741)
Ercole sul Termodonte

Vivica Genaux (Antiope)
Joyce DiDonato (Ippolita)
Patrizia Ciofi (Orizia)
Diana Damrau (Martesia)
Rolando Villazón (Ercole)
Romina Basso (Teseo)
Philippe Jaroussky (Alceste)
Topi Lehtipuu (Telamone)

Europa Galante
Fabio Biondi, violino e dir.
Virgin Classics 69454509 (2 CD)

Di quest'opera, la cui prima andò in scena a Roma nel 1723, non ci è pervenuta alcuna partitura originale, ma soltanto il libretto. Fortunatamente però quasi tutte le arie ci sono state tramandate attraverso delle copie singole, che si trovano soprattutto in due raccolte conservate a Parigi e a Münster. Dei 42 numeri presenti nell'opera (esclusi i recitativi) ce ne sono pervenuti 30 e ben 23 di questi brani sopravvissuti sono derivati da opere precedenti dello stesso Vivaldi, tanto che quest'opera si configura più come un auto-pasticcio che come un lavoro originale.

Questo però non depone necessariamente a sfavore del suo valore artistico, anche perché il libretto è piuttosto interessante. Si tratta di un rimaneggiamento di Le Amazoni vinte da Ercole, scritto da Antonio Salvi nel 1718: il mitico eroe, in una delle sue famose dodici fatiche, deve recuperare le armi di Antiope, la regina delle Amazzoni, e per far ciò si reca in riva al fiume Termodonte aiutato da tre valorosi principi greci: Teseo, Alceste e Telamone. Lì i quattro incontrano Antiope con le sue sorelle Ippolita e Orizia e con la giovane figlia Martesia. Inutile dire che le schermaglie fra i due schieramenti si trasferiscono ben presto dal piano militare a quello amoroso: alla fine Teseo si sposerà con Ippolita e Alceste con Martesia, mentre solo Ercole resterà immune alla seduzione delle donne guerriere.

Come si vede si tratta di un intreccio dal sapore ancora seicentesco, poco allineato con le raffinatezze di un Metastasio ma evidentemente in grado di solleticare la fantasia del pubblico romano. Anche perché, come noto, a Roma i ruoli femminili erano interpretati da castrati e questo contribuiva a rendere la vicenda ancor più ambigua e pruriginosa. Anche tre dei ruoli maschili furono affidati a castrati, mentre Ercole era interpretato da un tenore.

Per poter gustare appieno l'opera è necessario un certo lavoro di ricostruzione. Un primo tentativo è stato fatto da Alan Curtis e Alessandro Ciccolini nel 2006: il loro lavoro servì per una rappresentazione messa in scena a Spoleto e registrata su DVD, ma il restauro era largamente incompleto e per molti altri versi poco soddisfacente. Ora Fabio Biondi propone questa sua nuova ricostruzione e lui stesso fornisce nelle note accluse al cofanetto un elenco dettagliato di tutte le arie con i vari passaggi che hanno portato al risultato finale e con le linee guida del suo lavoro.

In molti casi non è stata necessaria alcuna scelta, perché l'aria ci è pervenuta completa oppure perché è rintracciabile in un'altra opera di Vivaldi. Invece si è dovuta trovare una soluzione per alcune arie che ci sono pervenute in forma semplificata (voce, continuo e una singola linea strumentale). E qui ci sarebbe da ridire su alcune delle scelte operate, in particolare sul fatto che in alcuni casi, sebbene l'aria sia stata anche utilizzata in altre opere, si sia comunque deciso di operare delle modifiche.

Inoltre Biondi ha voluto includere anche alcune delle parti perdute: tre brevi cori e tre arie (due di Orizia e una di Ercole), che ha riscritto adattando brani da altre opere di Vivaldi. La motivazione principale data da Biondi è che in questo modo si riesce a ripristinare il personaggio di Orizia, le cui quattro arie sono andate tutte perdute, e questa tutto sommato mi pare un'idea sensata. Invece non sono assolutamente d'accordo sulla decisione di eliminare ben quattro arie (di Ippolita, Antiope, Teseo e Telamone) fra quelle che ci sono pervenute. Biondi cerca di giustificare tale scelta col desiderio di non creare troppo sbilanciamento nel numero di arie assegnate ai vari personaggi, ma io sospetto invece più semplicemente che ordini dall'alto gli abbiano imposto di rimanere entro lo spazio di due CD, costringendolo a tagliare qualcosa.

Questo sospetto è avvalorato da un'altra decisione a mio parere assurda: quella di abbreviare moltissimo i recitativi, con un risultato secondo me al limite del presentabile. È vero che si tratta di recitativi ricostruiti, ma la loro funzione, che dovrebbe essere quella di far capire all'ascoltatore la vicenda, risulta vanificata se vengono accorciati in questo modo. A questo punto sarebbe stato più saggio eliminarli del tutto e lasciare spazio alle altre arie. Anche se, devo riconoscerlo, i pochi recitativi superstiti sono stati ricomposti in modo molto convincente. Naturalmente Biondi, così prodigo di spiegazioni sulle arie, non dice assolutamente nulla sul fatto che i recitativi sono stati tagliati. Così come non dice nulla su di un'altra scelta per me sciagurata: quella di aver trasposto la parte di Telamone da contralto a tenore.

Comunque, a parte le questioni storico-filologiche, l'altro motivo d'interesse di questo cofanetto è costituito dai cantanti, perché la Virgin ha schierato un cast formato da alcune delle più affermate vedette della scena operistica. L'impressione tuttavia è un po' deludente: il cast stellare brilla di luci singole ma manca spesso l'insieme. All'ascolto questo effetto patchwork emerge molto chiaramente e d'altronde, secondo le note accluse, l'opera è stata registrata dal 24 al 31 luglio 2008, poi dal 2 al 6 gennaio 2009 e infine dal 6 al 7 giugno 2010. Quindi il sospetto che i vari cantanti abbiano lavorato singolarmente e che poi il tutto sia stato assemblato dai tecnici del suono diventa quasi una certezza. Notare che anche la qualità audio lascia a desiderare: il suono è piuttosto compresso e le voci sono state prese troppo da vicino, ciò che rende il risultato poco naturale.

Fra i singoli cantanti mi ha colpito negativamente la prestazione di Villazon, che a volte dà l'impressione di non aver mai letto prima quello che sta cantando, oltre ad avere una voce per nulla adatta a questo repertorio. E non mi è piaciuto neppure Jaroussky, che esibisce le solite pecche nella resa dei recitativi e che con la sua vocetta avrei visto meglio nei panni della ragazzina Martesia che non in quelli di Alceste. La Damrau, anche se canta molto bene, non è molto credibile nel ruolo della giovinetta inesperta che fa le sue prime conoscenze col mondo maschile. Ottime invece Romina Basso, Vivica Genaux e Joyce DiDonato, che cantano le arie loro affidate con la consueta maestria.

L'orchestra schierata da Biondi è abbastanza ampia: 13 violini, 4 viole, 3 violoncelli, 2 violoni, tiorba e clavicembalo, a cui si aggiungono 2 corni, 3 oboi, 2 fagotti e i timpani. Lo stesso Fabio Biondi suona il violino e anche la viola d'amore solista in una delle arie ricostruite. L'accompagnamento orchestrale è ottimo, ma come si è detto è alquanto penalizzato dalla presa del suono.

Malgrado tutti i suoi difetti questo album rappresenta un'occasione unica (e chissà quando ripetibile) di ascoltare quest'opera di Vivaldi in CD, ed alla fine il risultato è comunque decisamente migliore rispetto al DVD registrato da Curtis qualche anno fa. Le note accluse sono molto esaustive: Frédéric Delaméa ha curato la parte storica mentre Fabio Biondi, come detto, quella relativa al lavoro di ricostruzione. Insomma: se siete vivaldiani incalliti come me, non potrete fare a meno di comprarlo...

Chi volesse ascoltare qualche pezzetto dell'opera può rivolgersi alla pagina di JPC, dove sono disponibili i primi 60 secondi di quasi tutte le tracce.

M. F.
19 dicembre 2010Torna alle Recensioni

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