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GEORGE FRIDERIC HANDEL (1685-1750)

Giulio Cesare in Egitto

Marie-Nicole Lemieux: Giulio Cesare
Karina Gauvin: Cleopatra
Romina Basso:
Cornelia
Emőke Baráth:
Sesto
Filippo Mineccia: Tolomeo
Johannes Weisser: Achilla
Milena Storti:
Nireno
Gianluca Buratto: Curio

Il Complesso Barocco
dir. Alan Curtis

Naïve OP 30536 (3 CD)

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La prima versione del Giulio Cesare, andata in scena a Londra nel 1724, è un’opera immensa con oltre tre ore e mezza di musica e soprattutto è un tour-de-force per i due protagonisti principali (Cesare e Cleopatra) che cantano ben otto arie ciascuno, più un duetto e un paio di ariosi o recitativi accompagnati a testa. Il successo di una registrazione dell’opera dipende quindi in larga parte dai cantanti che interpretano questi due personaggi.

Qui troviamo in questi ruoli Marie Nicole Lemieux e Karina Gauvin, due cantanti che non amo particolarmente, soprattutto a causa della loro impostazione vocale che è più adatta secondo me al repertorio ottocentesco che non a Handel: voci robuste, con un vibrato molto ampio (che nel caso della Lemieux diventa facilmente eccessivo) e viceversa agilità un po’ appannate. Alcuni mesi fa avevo avuto l’opportunità di ascoltare alla radio un’esecuzione dal vivo dell’opera da parte degli stessi interpreti e le mie perplessità ne erano uscite rafforzate. Anche perché la concorrenza è notevole: le registrazioni integrali dell’opera da parte di Jacobs (1991), Minkowski (2002) e Petrou (2009) hanno tutte molti punti di forza e l’ultima in particolare è di gran lunga la mia preferita.

In questi CD tali problemi sono meno appariscenti, forse grazie ai tecnici del suono o forse per un maggiore autocontrollo, soprattutto da parte della Lemieux. Anche così però siamo lontani dall’avere un’esecuzione ideale. In particolare la voce molto scura della Lemieux mi sembra poco adatta al ruolo di Cesare: se nei brani più patetici (come il recitativo accompagnato Alma del gran Pompeo) la sua pesantezza vocale può essere compensata dalla maggiore intensità emotiva che ne risulta, nei passaggi più rapidi la cantante canadese risulta molto meno convincente (si ascolti ad esempio il da capo di Empio dirò tu sei). In definitiva la Lemieux come Cesare può essere preferita a Marijana Mijanović nella registrazione di Minkowski (un mezzosoprano dalla voce brutta e stonata, che ricorda quella di un controtenore) ma risulta decisamente sfavorita nel confronto con Jennifer Larmore (Jacobs) e Kristina Hammarström (Petrou).

Karina Gauvin se la cava meglio nel ruolo di Cleopatra ma non sempre riesce ad essere convincente. All’inizio, ad esempio, Cleopatra è sprezzante col fratello Tolomeo e smorfiosa con Cesare, ma sia Non disperar sia Tutto può donna vezzosa ci mostrano una Gauvin impegnata più ad emettere una voce piena e levigata che non ad infondere sentimento in ciò che canta. Molto preferibile, da questo punto di vista, Emanuela Galli con Petrou, ma anche chi cercasse il puro fascino vocale farebbe meglio allora ad ascoltare Magdalena Kožená con Minkowski.

Le cose migliori vengono invece dalla coppia Cornelia/Sesto, cioè dall'ottima Romina Basso e dal soprano ungherese Emőke Baráth. Quest’ultima in particolare tratteggia un Sesto dalla voce particolarmente giovane e argentina, ma non per questo privo di grinta quando necessario. I suoi abbellimenti nei da capo sono probabilmente i più convincenti, così come la sua capacità di far percepire i sentimenti del personaggio. La Basso dal canto suo è come sempre stilisticamente impeccabile e dà vita ad una Cornelia nobile e altera. La sua voce si amalgama molto bene con quella di Sesto ed il grande duetto Son nata a lagrimar è uno dei momenti più belli dell’opera. Probabilmente se alla Basso fosse stato affidato il ruolo di Cesare e alla Lemieux quello di Cornelia l’opera ne avrebbe complessivamente guadagnato.

Mediocre invece il Tolomeo di Filippo Mineccia, che cerca (come usuale fra i controtenori) di caricare di cattiveria il suo personaggio per farci dimenticare una voce non certo esaltante, dal falsetto molto evidente e piuttosto nasale. Infine Johannes Weisser impersona molto bene il non semplice ruolo di Achilla, perfido e traditore ma al tempo stesso innamorato: convincente nei recitativi e bravissimo nelle arie (i suoi trilli e le sue variazioni sono molto più belli di quelli della Lemieux).

La direzione di Curtis non è per fortuna soporifera (come in altri casi ahimè è accaduto). L’inossidabile direttore americano ha fatto stavolta un ottimo lavoro sia con i recitativi, che in media sono cantati molto bene, sia con l'orchestra che riesce sempre a mantenere una certa tensione. Avrei da obiettare solo su alcune arie in cui ha esagerato con lo staccato, ma per il resto la sua direzione è ottima. Le riprese nelle arie sono sempre arricchite di abbellimenti in modo efficace ma senza esagerazioni.

La presa del suono è dettagliata e privilegia le voci rispetto all’orchestra, con un effetto non molto naturale ma probabilmente gradito all’ascoltatore medio. Nel complesso si tratta di un cofanetto che avrà probabilmente successo non tanto fra gli amanti del barocco quanto fra gli appassionati di opera più tradizionalisti ed in particolare fra i tanti fan di Karina Gauvin. È un’incisione che come detto sopra racchiude anche diverse cose buone, ma che non arriva comunque a eguagliare l'incisione di Petrou, che rimane a mio parere quella più emozionante e coinvolgente, nonché meglio cantata, fra le versioni in commercio.

Maurizio Frigeni, 17 febbraio 2013

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