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ANTONIO VIVALDI (1678-1741)

Orlando furioso RV819 (1714)

Orlando : Riccardo Novaro
Alcina : Romina Basso
Bradamante : Gaëlle Arquez
Astolfo : Roberta Mameli
Medoro : Delphine Galou
Ruggiero : David DQ Lee
Angelica : Teodora Gheorghiu

Modo Antiquo
dir.: Federico Maria Sardelli

Naïve OP30540 (2 CD)

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La genesi di quest’opera è piuttosto complicata: nel novembre 1713 Antonio Vivaldi (insieme a suo padre) è impresario del Teatro S. Angelo a Venezia e come tale mette in scena un Orlando furioso su libretto di Grazio Braccioli. La musica è di Giovanni Alberto Ristori (come attesta il libretto) e l'opera ottiene un grande successo di pubblico (più di 40 rappresentazioni). Nel novembre 1714 Vivaldi propone nello stesso teatro una sua nuova opera (Orlando finto pazzo), sempre su libretto del Braccioli, sperando evidentemente di ripetere il successo dell'anno prima. Invece l'opera è un mezzo fiasco e il compositore corre ai ripari presentando a dicembre di nuovo l'Orlando furioso dell'anno precedente, però con le arie in gran parte riscritte (con ogni probabilità dallo stesso Vivaldi). Nel libretto però il compositore non viene nominato.

Di quest’opera del 1714 ci è pervenuto soltanto un abbozzo di partitura, costituito da una copia dei primi due atti di quello che probabilmente era l'Orlando di Ristori, sopra la quale Vivaldi ha apportato le sue riscritture. Alcune arie non sono state cambiate ma sia Sardelli sia Reinhard Strohm danno per certo che alcune di esse siano ugualmente di Vivaldi: potrebbero essere state inserite già l'anno precedente, come “aggiornamento” della partitura di Ristori per le ultime rappresentazioni. A parte i testi di molte arie, il libretto è lo stesso del 1713 ed è anche sostanzialmente uguale a quello del più noto Orlando che Vivaldi comporrà nel 1727. La musica tuttavia è quasi del tutto diversa: gli unici brani riutilizzati nel 1727 sono i brevi cori, i due duettini di Angelica e Medoro nel secondo atto ed il recitativo con aria di Orlando alla fine del secondo atto (naturalmente trasposto, perché nel 1714 il ruolo di Orlando è affidato ad un basso, mentre nel 1727 ad un contralto).

A parte la mancanza del terzo atto, la partitura ci è tuttavia giunta in una forma alquanto frammentaria: delle ventitré arie, ben nove sono presenti solo in abbozzo, come basso continuo (ma spesso solo l'inizio) e canto (ma a volte neppure quello!), altre sei sono proprio mancanti nel manoscritto. Per fortuna due delle arie assenti si ritrovano con lo stesso testo nell'Ottone in villa (Chi seguir vuol la costanza e Io sembro appunto quell'augelletto), quindi Sardelli le ha riprese da quell’opera. Le altre quattro arie mancanti sono state invece rimpiazzate usando le arie corrispondenti della versione del 1713: due di queste possono essere ascritte con una certa probabilità a Vivaldi, mentre le altre due verosimilmente sono di Ristori.

Infine – e qui viene la parte più problematica dell’operazione di restauro – Sardelli ha deciso di ricostruire anche le nove arie di cui abbiamo solo un abbozzo. Una di queste è identica a Per lo stral che vien da' rai dell'Orlando finto pazzo, e anche in altri tre casi Sardelli è riuscito, adattando il testo, a riutilizzare delle arie dell'Ottone in Villa (Tutto sprezzo e trono e impero, Che fè, che amor e Due tiranni ho nel core). Le altre cinque arie, invece, sono state riscritte di sana pianta dallo stesso Sardelli basandosi sui pochi accenni in partitura, cioè solo la parte del basso continuo (in due casi) oppure il basso continuo con l'incipit del canto (in tre casi). Il risultato non è brutto ma non è neppure memorabile e soprattutto non è autentico Vivaldi. Personalmente avrei preferito, invece di queste “ricostruzioni” poco attendibili, che anche per queste arie fosse usata, quando disponibile, la versione di Ristori del 1713. Anche perché nulla vieta, per quel che sappiamo, che le arie abbozzate in partitura fossero semplicemente delle arie di baule dei cantanti, visto che l’opera fu messa su in fretta e furia.

Le otto arie restanti sono le uniche conservate integralmente e in tutti i casi erano già presenti nel 1713, quindi si tratterebbe di aggiunte all’opera di Ristori che Vivaldi aveva già attuato l’anno precedente. Una di esse, cioè l’aria di Orlando Ho cento vanni al tergo, fu riutilizzata anche nell'Orlando del 1727 e quindi l'attribuzione a Vivaldi è quasi sicura, ma per le altre è necessaria una certa cautela, anche se Sardelli dà la paternità vivaldiana per certa. Queste sette arie rappresentano, insieme alle altre quattro prese dalla versione del 1713, l’unico materiale musicale nuovo e sicuramente autentico presente in questi CD. A parte la questione dell’attribuzione si tratta di arie piuttosto brevi e a mio parere non particolarmente interessanti, a parte un paio di casi, come l'aria di Astolfo Ah fuggi rapido oppure quella di Ruggiero Piangerò sin che l'onda del pianto.

Per quanto riguarda l’interpretazione dei cantanti, ho apprezzato soprattutto Riccardo Novaro come Orlando, anche se il suo ruolo è basato più sulla recitazione che sulle arie. Nel 1714 il personaggio fu affidato ad Anton Francesco Carli, lo stesso che aveva impersonato Claudio cinque anni prima nell’Agrippina di Handel. Il ruolo principale, con cinque arie, è invece Alcina: nel 1714 fu interpretato da Anna Maria Fabbri, un mezzosoprano che cantò anche in altre opere del Prete rosso. Romina Basso si disimpegna ottimamente, anzi l'ho trovata molto più in voce rispetto ad altre sue recenti prove: pur essendo le sue arie brevi e poco impegnative, è insieme a Novaro la migliore nei recitativi.

Seguono per importanza Bradamante e Ruggiero, che hanno quattro arie a testa e ai quali tocca probabilmente il materiale musicale più interessante in questi due atti dell’opera: nel 1714 le loro parti furono cantate da Elisabetta Denzio e dal castrato Andrea Pacini. Gaëlle Rodriguez affronta molto bene le arie e nei recitativi, pur essendo un po’ ingessata, fa un ottimo lavoro. Invece David DQ Lee purtroppo esibisce i soliti difetti tipici dei falsettisti: dizione imperfetta e note acute stridule.

La coppia cadetta (tre arie a testa e due brevi duetti) è formata da Angelica e Medoro, personaggi affidati nel 1714 a Margherita Gualandi e Girolama Valsecchi. Teodora Gheorghiu canta benissimo nelle arie ed anche nei recitativi, malgrado qualche lieve imperfezione qua e là. Delphine Galou non ha una voce che mi fa impazzire e canta i recitativi tutti un po' allo stesso modo, però nelle arie non è male. Ottima infine Roberta Mameli nel piccolo ma impegnativo ruolo di Astolfo (2 arie), che nel 1714 fu interpretato dal castrato Francesco Natali.

Il cast dei cantanti quindi nel suo complesso è buono, come ottima è la prova dell’orchestra. Rimangono tutte le perplessità suesposte sia sull’attribuzione a Vivaldi di molte arie sia sull’opportunità di ricostruire le parti abbozzate. Anche perché l’opera, pur essendo un documento di per sé interessante, non è certo fra le migliori che Vivaldi abbia scritto. La direzione di Sardelli è come al solito molto vivace e le arie sono ben curate. Invece non mi pare che abbia dedicato ai recitativi troppe energie: non si è ripetuto il piccolo miracolo che aveva compiuto Alessandro De Marchi qualche anno fa con la registrazione per Naïve dell’Orlando finto pazzo, quando pur in presenza di un’opera non eccelsa ci aveva consegnato dei recitativi magistralmente scolpiti.

Finisco con un'annotazione sul nome: quest'opera si chiama Orlando furioso, mentre quella più nota del 1727 dovrebbe chiamarsi solo Orlando (questo il titolo nel libretto). Purtroppo l'uso ormai ha invece riservato a quest'ultima versione l'appellativo furioso, col risultato che questo cofanetto per evitare confusione è stato intitolato Orlando 1714: il contrario di ciò che dovrebbe essere.

Maurizio Frigeni, 24 novembre 2012

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