| LEONARDO VINCI (1690-1730) Fileno – Cantate per soprano Mesta, oh Dio, tra queste selve Fille, tu parti? Oh Dio! (di Alessandro Scarlatti) Mi costa tante lacrime Amor, di Citerea Parto. Ma con qual core Recorder sonata in a minor Emanuela Galli - soprano Francesca Cassinari – soprano Anna Stegmann – flauto diritto Stile Galante dir. Stefano Aresi Pan Classics PC 10266
ella cantata sei-settecentesca ormai si sono sviscerate tutte le dinamiche, che la vedono grandemente protagonista della vita musicale in molte realtà italiane ed europee, anche se è soprattutto a Roma (sede oltretutto dell'Accademia dell'Arcadia, principale responsabile della grande influenza che i temi pastorali ebbero sul genere) che se ne ebbe la maggiore diffusione. Ma anche Napoli non è da meno: i più importanti musicisti e la nuova scuola compositiva provengono da quella città, dove la musica è pervasiva nelle diverse sedi cittadine deputate allo scopo: teatri, chiese, palazzi e corte. E napoletano è anche Leonardo Vinci, o meglio calabrese di Strongoli ma trapiantato presto nella città partenopea, dove entra al Conservatorio dei Poveri di Gesù Cristo trovando come insegnante Gaetano Greco, allievo di Francesco Provenzale, il più eminente musicista napoletano seicentesco. Il suo primo incarico sarà quello di Maestro di Cappella di Don Paulo di Sangro, principe di Sansevero, da dove inizierà una carriera fulminante, gremita di successi che lo vedranno protagonista come operista sulle scene non solo napoletane ma europee. Soprattutto a Londra, dove le sue opere, in gran parte su libretto di Metastasio, conobbero una grande fama. La sua attività lo porterà a diventare nel 1725, alla morte di Alessandro Scarlatti, pro-Vicemaestro della Cappella Reale di Napoli, ma la sua carriera fu bruscamente interrotta da una morte prematura per un avvelenamento in circostanze oscure. Le cantate presenti in questa incisione sono sicuramente di provenienza napoletana: la più intrigante, soprattutto dal punto di vista documentario, è Parto. Ma con qual core, dedicata a Faustina Bordoni, famosissima cantantrice moglie di Hasse, celebre per le sue interpretazioni di opere serie fra le quali quella di Vinci Publio Cornelio Scipione data nel 1722 al teatro San Bartolomeo. Il mezzosoprano, che si apprestava a lasciare Napoli per seguire il marito nei suoi successi europei, probabilmente la cantò in una occasione forse privata, ma numerosi sono i riferimenti al mondo musicale napoletano fra i quali un accenno a Rosmira, protagonista della Partenope, famosa produzione vinciana di anni precedenti. La cantata è tutto sommato abbastanza corsiva, convenzionale nel dolore della partenza, anche se comunicato in un iniziale intenso recitativo e in due arie in stile galante di cui la seconda, Qual ruscelletto, aria di paragone dal ritmo semplice e cantabile. Una seconda cantata del CD ha per protagonista un'altra cantatrice all'epoca celeberrima, il soprano Vittoria Tesi che la interpretò con grandissimo successo, tanto che la partitura è oggi conservata in numerose biblioteche europee. Mesta, oh Dio, tra queste selve è una tipica cantata arcadica per voce sopranile, improntata a grande virtuosismo, a cominciare dalla messa di voce con cui viene inaugurata la prima aria fino alle ricche colorature che caratterizzano la seconda aria di impronta descrittiva In mezzo all'onde irate. È più interessante però il lungo recitativo che incatena le due arie, con i suoi continui cambi di affetto, dal furore al lamento alla concitazione. Le cantate Mi costa tante lacrime e Amor, di Citerea sono decisamente meno interessanti, di tono galante la seconda e caratterizzata da un insistito affettuoso. La cantata Fille, tu parti? Oh Dio! sebbene attribuita un tempo a Vinci è invece da iscrivere con ogni probabilità ad Alessandro Scarlatti e sicuramente non è il miglior Scarlatti che io conosca. Una bella sonata per flauto dolce, decisamente virtuosistica, conclude un CD che tutto sommato si dimostra un po’ deludente. Non tanto per l'interpretazione: l’ensemble Stile Galante suona bene e con belle dinamiche cromatiche, il flauto di Anna Stegmann esegue egregiamente la sonata, creata per un virtuoso dello strumento e i due soprani danno prova della loro bravura: soprattutto la Cassinari, il cui timbro trovo decisamente più adatto a questo repertorio, mentre la Galli, egregia interprete, ha però un timbro troppo esacerbato, languido, poco potente, per queste arie che richiedono comunque voce importante e fortemente caratterizzata. In conclusione un CD non molto appagante sul versante edonistico, probabilmente anche a causa di una musica di livello non eccelso (fatta salva la cantata Mesta, oh Dio) ma che comunque è meritevole di ascolto, anche per meglio conoscere questo autore all'epoca così celebrato. Isabella Chiappara, 17 giugno 2012
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