A Non-Profit Project devoted to the Baroque Age
Reviews, Articles, Historical Insights, Interviews and the greatest Harpsichord Musical Archive of the World!

buttonhomebuttonmusicbuttonfaqbuttonkontaktbuttonindex
Eventi INTORNO al BAROCCO

INTERVISTA A FRANCO FAGIOLI
di Isabella Chiappara
30 settembre 2013

SOMMARIO

  1. LA FORMAZIONE - IL TEATRO COLON
  2. LA SCUOLA DEL BELCANTO
  3. LA TECNICA VOCALE
  4. SCUOLA NAPOLETANA O ANGLOSASSONE?
  5. L'USO DEL VIBRATO
  6. HANDEL - VINCI - PORPORA
  7. IL CASTRATO CAFFARELLI
  8. ERMAFRODITISMO IN MUSICA
  9. CASTRATI RENAISSANCE
  10. STEFFANI - MOZART
  11. CONTROTENORI IN ITALIA OGGI

Official Extract of Franco Fagioli's new album "Arias for Caffarelli"
Fra l'orror della tempesta
Siroe - Hasse


LEGGI anche la recensione CD
di Isabella Chiappara

6. HANDEL - VINCI - PORPORA

I.C. Parliamo dei tuoi ruoli handeliani: hai fatto Ariodante, Demetrio nella Berenice con Curtis, Teseo con Junghanel, Bertarido, altro ruolo che ti calza perfettamente, della Rodelinda, sia a Martina Franca e che nella splendida edizione di Cracovia di questa primavera, il Poro, adesso quali nuovi ruoli di aspettano?

F.F. Prossimamente c'è il Riccardo I che verrà messo in scena al Festival Handel di Karlsruhe nel febbraio 2014, un ruolo molto bello scritto per Senesino.

I.C. Se non sbaglio non devi fare anche un Rinaldo? Ed anche una Clemenza di Tito di Mozart?

F.F. Sì hai ragione, ho troppe cose nella testa, c'è anche il Rinaldo, che farò a dicembre in concerto, poi il Riccardo I e poi sì anche il Sesto di Mozart.

I.C. Certo che sarà molto interessante ascoltare come affronterai questi incredibili ruoli, le arie di bravura del Rinaldo sono straordinarie, spero di poterle ascoltare. Comunque adesso a fine mese hai subito un ruolo handeliano anche se oratoriale, l'Athamas della Semele, al teatro Cuvilles di Monaco. Come lo affronterai questo ruolo oratoriale che come hai detto appartiene ad un'altra Scuola di canto?

F.F. Semele in verità più che un oratorio è un'opera sebbene sia su testo inglese, un oratorio di certo non è, non c’è un tema religioso, quindi è un'opera e come tale va affrontata. Questo di Athamas è l'unico ruolo controtenorile che c'è nella Semele, è un ruolo che quando si presenta sono contento di farlo. Non è un ruolo sopranile, è un ruolo più da contralto. Mi piace farlo perché è, diciamo, il Principe che canta con la voce di testa. Lo faccio con molta gioia anche se è un ruolo abbastanza piccolo, ma è un ruolo interessante.

I.C. Parliamo dell'Artaserse, prima di parlare del CD. L'Artaserse è stato un vero coup de foudre per moltissimi baroccofili di tutta Europa; ci siamo tutti innamorati follemente dell'opera e della sua esecuzione, la critica internazionale vi ha osannato, insomma si è parlato di miracolo e veramente è stata un'operazione strepitosa per tutto l'insieme, dal cast ai musicisti, perché i Barocchisti e Fasolis sono stati eccezionali, tutti i cantanti impegnati lo sono stati, ma il tuo Arbace ha creato un caso assoluto. Ecco, come hai affrontato questo ruolo, siamo in piena scuola napoletana, che era ora che qualcuno ritirasse fuori, devo dire che sono gratissima alla Parnassus Productions e a Max Emanuel Cencic di aver rimesso in campo questa musica strepitosa che era dimenticata nelle biblioteche. Tra l'altro tu avevi fatto l'Artaserse, testo di Metastasio, di Hasse a Martina Franca nell'estate dello stesso anno.

F.F. Artaserse è un bellissimo libretto musicato da tantissimi compositori, quest’opera di Vinci è stata una bellissima scoperta ed è stata anche la prima volta che il libretto di Metastasio è stato intonato. Il ruolo che ho fatto io, Arbace, è stato scritto per il grandissimo Carestini, lo stesso cantante per il quale Handel ha scritto l'Ariodante, devo dire che è stata sicuramente una grandissima sfida per me, nel senso che è stato il primo ruolo verso una tessitura più acuta, anche se prima avevo fatto il Teseo sempre di Handel, questo è ancora più alto e diciamo spettacolare, veramente scritto per una star come era il Carestini, e tutto ciò si vede chiaramente nella musica scritta da Vinci. Devo dire che soprattutto mi ha insegnato tantissime cose, e passo a passo quando ho incominciato a studiarlo era come prendere una lezione ogni giorno ad approfondire quel ruolo. Per fare l'Arbace ho dovuto veramente studiare tantissimo con la voce e vedere quale fosse la maniera giusta di cantare in quel registro senza avere alcuna sofferenza nell’emissione.

I.C. Infatti i Vo solcando un mar crudele precedenti ai tuoi fanno abbastanza soffrire chi li ascolta

F.F. Ride. Si è sempre detto che il controtenore non ha la facilità nei ruoli troppo acuti; il controtenore potrebbe suonare un po’ finto quando va negli acuti, come se stesse gridando. Ma di nuovo dobbiamo parlare di tecnica. La tecnica è quella che ti dà la maniera giusta di cantare una nota fuori dal registro, fuori dal centro vocale, e questo è allora quello che fa la differenza nel cantare questi ruoli: la maniera di emettere un acuto nella mia tecnica vuole una perfetta posizione laringea, vuole il corretto passaggio vocale, ci vogliono tantissime cose che io ho dovuto studiare, sebbene fossero già nella mia preparazione e nello studio giornaliero, perché questo ruolo era veramente l'opportunità di metterla sul palcoscenico e cominciare a cantare questa musica che molti cantanti non affrontano anche per una questione vocale. Quindi è stato un ruolo di grandissimo studio e anche di molta gioia perché è un ruolo che fa vedere come è la mia vocalità e quali sono le mie possibilità. Ma devo dire è sempre una questione di tecnica, il suono della voce, come questa suona, in un modo piuttosto che in un altro, è la maniera di avvicinarsi alla tecnica, che ogni cantante ha alla sua maniera e anche nello stesso mondo dei controtenori, nessun controtenore canta come l'altro e questa è una cosa molto bella.

I.C. Tra l'altro l'interpretazione di "Vo solcando un mar crudele" è stata meravigliosa anche dal punto di vista teatrale e scenico: perché sembrava che sul palco ci fosse un vero castrato con le sue paturnie, la sua paura o comunque fatica a continuare quegli incredibili virtuosismi, quindi anche dal punto dal vista attoriale sei stato veramente fantastico, ho amato tantissimo la tua interpretazione.

F.F. Grazie!

I.C. Ma veramente si può dire che l'Artaserse è stato uno spartiacque tra come si interpretava il barocco napoletano ante-Fagioli e post-Fagioli, o comunque ante-Artaserse e post-Artaserse. Tra l'altro una esperienza che ritornerà nel Catone in Utica dello stesso Vinci previsto per l'annata 2014-2015, sempre con un cast tutto maschile di controtenori.

F.F. In questo caso sì, per il Catone in Utica è previsto questo tipo di cast, ma abbiamo in previsione di fare anche il Germanico in Germania di Porpora, dove farò il ruolo di Caffarelli certamente, il ruolo di Arminio.

I.C. Infatti il Germanico in Germania è previsto per l'annata 2015 diretto da Alessandro de Marchi, mentre il Catone in Utica sarà diretto da Riccardo Minasi alla guida del Pomo d'Oro. Nel Catone il tuo ruolo sarà Cesare, se non sbaglio?

F.F. Sì sarà quello il mio ruolo.

I.C. Tu hai anche affrontato quest'inverno il ruolo di Aci nel Polifemo di Porpora, una bellissima interpretazione, un ascolto molto appagante e finalmente la possibilità di ascoltare quest'opera nel modo più corretto secondo me, con un bel cast. Anche lì c'è quell'aria incredibile: l'"Alto Giove" che ogni volta che lo si ascolta fa venire i brividi.

F.F. Sì il Polifemo è un'opera incredibile. Sull'"Alto Giove" devo dire una cosa: cantarlo è come cantare il "Casta Diva" di Bellini, ogni soprano che canta il "Casta Diva" si chiede "oddio cosa fare" è un'aria così famosa, come l'"Alto Giove" che hanno cantato tantissimi colleghi.

I.C. Una bellissima aria non ancora registrata però: lo stesso Jaroussky l'ha registrata solo adesso nel suo ultimo CD su arie di Porpora, tu invece non l'hai registrata nello straordinario CD di cui parleremo.

F.F. Non ancora, diciamo, perché ogni sorpresa può accadere!!!

I.C. Ah bene, ma a proposito di sorprese io ho visto che su YouTube gira il video di un'aria di Cafaro che tu non hai inserito nel CD: come mai, era prevista, è stata esclusa per qualche motivo?

F.F. No l'aria era prevista e per questo incisa ma come tutti i dischi che hanno una limitazione massima di tempo, non è potuta rientrare, ma l'aria "Gonfio tu vedi il fiume" che è una bellissima aria di uno dei primi maestri di Caffarelli, il Cafaro, doveva essere ascoltata. Così ho detto, va bene non entra nel disco, ma mettetela lo stesso in circolazione, perché è importante per il programma di Caffarelli.

Ritornando all'"Alto Giove", un'aria scritta per il grandissimo Farinelli, che era sicuramente un cantante straordinario, che aveva la sua maniera chiara di cantare e questo si vede nella musica scritta per lui. L'"Alto Giove" è un'aria che ha tantissimi aspetti da vedere, sebbene sia un'aria scritta in mi minore, è un'aria che parla di gioia e che parla di gratitudine al Dio, a Giove appunto, e allora è un'aria che va affrontata in un certo modo, ci mette non dico in difficoltà, ma non deve suonare come un lamento, come un pianto e questo è un po’ difficile, ma è bellissimo cantarla. Soprattutto è un'aria impervia, è proprio come ho detto all'inizio cantare il "Casta Diva".

I.C. Infatti è una di quelle arie che bisogna interpretare ancora prima di cantare.

F.F. Certo e tu l'avrai ascoltata tantissime volte forse senza rendertene conto, ma ti dico una cosa che è la purissima verità. Questa musica napoletana è difficilissima da cantare, potrebbe non sembrare ma è così, bisogna dirlo. Come ti ho detto ho cantato Rossini, ho fatto musica da camera di altri compositori, come Bellini e Donizetti, e devo dire che questo è il repertorio più difficile che esiste.

I.C. Perché all'ascolto invece sembra facile: quelle splendide melodie che fluiscono senza fratture, quelle cantilene magnifiche.

F.F. Ma non c'è tempo di pausa! La voce soprattutto nelle arie di virtuosismo di velocità, la voce non ha tempo per nulla, deve essere sempre pronta ad ogni nuova battuta. Invece nella musica del XIX secolo, sembrerà strano quello che dico, non è così: la musica del XIX secolo insegna a cantare, perché è un po’ più amichevole per la voce. Allora bisogna imparare a cantare con la musica belcantista e poi andare a Mozart e al Barocco, fare un percorso un po’ all'inverso. Perché io canto Rossini ed è un piacere veramente grandissimo, perché la voce ha tempo, ha tempo di fare tutto, di spiegarsi in tutte le sue possibilità. Invece in questa musica napoletana la voce non ha il tempo di farlo, e se non ha tempo nelle velocità, ha la difficoltà delle frasi lunghissime e delle arie lunghe. Per esempio il famosissimo "Alto Giove" di cui parlavamo: la sfida dell'"Alto Giove" è veramente farla con le frasi lunghe come è stata scritta, e forse il pubblico non si rende conto di questo fatto. Quella è la difficoltà dell'"Alto Giove" che ha delle frasi lunghissime e che se tu respiri una volta, e non lo devi fare, ti senti il peggior cantante del mondo (ride).

I.C. Devi andare in apnea insomma!

F.F. Sì è proprio così. Quando ho cantato l'"Alto Giove" avevo una responsabilità immensa sopra di me, è così, o si fa questa versione o si fa l'altra. La difficoltà della Scuola napoletana è sicuramente la velocità ma anche queste frasi che sono lunghissime, eterne.

I.C. E quindi una maestria nel legato, nell'appoggio sul fiato e così via.

F.F. E già e bisogna studiare, studiare tutti i giorni, Dio voglia che arriviamo a farla bene.

I.C. Dunque questo tuo ultimo CD è tutto dedicato alla Scuola napoletana, con anche strepitosi inediti, io sinceramente ho scoperto all'ascolto Manna, Cafaro e Sarro che conoscevo solo di nome, ma poi ci sono anche naturalmente gli Hasse, i Leo, i Vinci, i Porpora, è un florilegio strepitoso di quella Scuola così importante.

7. IL CASTRATO CAFFARELLI

F.F. Ma Isabella, quello che è stato interessante non è stato solo scoprire e cantare queste nuove arie, per me è stato scoprire questo cantante, il Caffarelli. Perché tantissimo si è sempre detto su Farinelli, lo si è sviscerato in tutti i modi, ma di Caffarelli non si è mai parlato e non si è fatto nulla di lui: era un cantante veramente straordinario, aveva delle capacità incredibili, sono stato veramente colpito dalle grandissime possibilità della sua voce, una figura veramente portentosa.

I.C. Tu studiando e cantando le arie che i compositori avevano scritto per lui ti sei reso conto di che mezzi possedesse? quale fosse la sua vocalità?

F.F. Ma certo totalmente, Dio voglia! E anche mi sono reso conto di quali fossero le diversità rispetto al suo collega Farinelli, perché forse la gente non lo riesce a percepire, ma è molto chiaro: Caffarelli aveva tutto di più.

I.C. Quindi secondo te era più dotato vocalmente?

F.F. Forse questo è difficile dirlo perché molta gente non lo accetterebbe, perché Farinelli era così famoso che se dici che Caffarelli era più dotato crei un caso, ma voglio dire che se tu guardi la musica scritta per ogni cantante, ti rendi conto della maniera di cantare che aveva. Allora in Caffarelli, lo stesso suo maestro, il Porpora, gli disse questa frase famosa: "Vai perché non ho più nulla da insegnarti, vai e canta", si può vedere che aveva tutto in grande, tutto di più. Aveva una capacità di cantare acuto senza problemi. A differenza di Farinelli ad esempio, che stava al centro e che andava all'acuto ma ritornava presto, diciamo che faceva delle brevi visite all'acuto, Caffarelli aveva questa possibilità di rimanere in quel registro e fare delle lunghissime frasi in quel registro acuto. E questo è già molto interessante, ma aveva anche una grande capacità nelle note gravi, di cantare nel registro più basso, aveva delle agilità incredibili e delle frasi lunghissime da cantare.

I.C. Ho trovato particolarmente strepitosa la tua interpretazione dell'aria di Pergolesi dall'Adriano in Siria "Lieto così talvolta", che è un'aria che io adoro, a livello di "Alto Giove", e devo dire che il tuo modo di cantarla mi ha veramente scioccato ed incantato nello stesso tempo: perché tu canti insieme con l'oboe, esegui le stesse frasi musicali dell'oboe, siete più che all'unisono, siete una cosa sola, la tua voce diventa oboe. Ecco secondo te è un'aria che spiega il modo di cantare di Caffarelli?

F.F. E certo: questa facilità di mettere la voce in scena, questa capacità di colorare la voce così come il testo o la scena ha bisogno.

Sono tantissimi gli aneddoti che si possono raccontare su Caffarelli, ma parlando di quest'aria di Pergolesi "Lieto così talvolta", è vero che è un'aria molto conosciuta ma io l'ho voluta nel disco, anche se l'idea era quella di presentare le arie meno conosciute ed inedite cantate da Caffarelli e che erano nel suo repertorio: per questo non ho inserito nel CD arie dal Serse o dal Faramondo, perché già ampiamente note, ma l'aria "Lieto così talvolta" era un'aria che ci voleva nel disco perché è veramente un gioiello del barocco e della musica italiana, e dimostrava al meglio le capacità di Caffarelli, il suo cantare in modo così magistrale.

Dicevo che ci sono molti aneddoti su di lui: si diceva che non fosse una persona molto facile, si comportava da divo, ma si vede che per lui il tema del canto era molto chiaro, giocava con i colleghi, magari pure un po’ pesantemente, aveva una personalità molto interessante e una maniera di cantare che era incredibile.

I.C. Tra l'altro si comprò anche un titolo nobiliare alla fine della sua carriera, si costruì un grande palazzo a Napoli, insomma fu un grande personaggio.

F.F. Forse la Storia non ha tramandato abbastanza la sua notorietà, tutto si è maggiormente incentrato su Farinelli. Ma bisogna anche dire che Farinelli ha avuto alla fine della sua carriera e vita una posizione politica che lo ha consegnato alla Storia, soprattutto in merito alla decisione di rimanere in Spagna, presso il re, ma accanto a Farinelli esistevano tutti questi altri grandissimi cantanti: il Caffarelli, il Carestini, tutte le grandi stars dell'opera italiana, è difficile dare metri di giudizio, chi fosse più bravo dell'altro.

I.C. Ed erano tantissimi: soprattutto a Roma dove cantavano anche nei ruoli femminili. A me personalmente piace molto il ruolo del castrato che nell'opera seria cantava l'Eroe, in tutta la musica barocca il castrato era l'Eroe, ma anche l'Amoroso.

F.F. Certamente.

8. ERMAFRODITISMO IN MUSICA

I.C. Ecco, come si può affrontare sul palcoscenico questo tipo di ruolo, quest'immagine fortemente maschile, ma cantata con voce femminile, con una forte dose di androginia, di ermafroditismo?

F.F. Ma che dirti: come si affronta?!? Quando ho incominciato a cantare in questo registro l’ho fatto per la gioia di sentirlo. Dico sempre che noi cantanti decidiamo di diventare cantanti quasi per narcisismo, perché a noi stessi piace ascoltarci, amiamo quello che riusciamo a fare con la nostra voce. Allora quando io cantavo con la voce di petto, non mi piacevo quanto quando cantavo con quella di testa, sulla quale cosa si è basata la scelta di diventare controtenore.

Quando io canto non penso all'ambiguità del ruolo, anche di quella sessuale, veramente non penso a nulla di questo, questa è la mia voce. Quando io interpreto, interpreto soltanto, non ho alcun concetto nella mia testa. Certamente ho letto sull'ambiguità sessuale dei ruoli nella musica barocca, mi rendo conto che quando la gente mi ascolta forse percepisce quegli elementi di androginia, quel tipo di suggestione, ma è proprio questo, ciò che è interessante dell'arte, ciò che produce in colui che ascolta: l'artista interpreta, quello che avviene sulla scena è un fatto artistico, è un momento magico, nel quale colui che ascolta non sempre è in connessione con il cantante. E questo rende interessantissimo il rapporto fra il pubblico e l'artista.

I.C. Tra l'altro quello che in molti cogliamo, è il tuo rapporto che potremmo definire "sensuale" con il pubblico: hai una grandissima capacità di coinvolgere emotivamente lo spettatore, questo è dovuto senz’altro al tuo modo di cantare, alla tua voce ma anche alle tue capacità interpretative, al modo in cui pieghi la tua voce alle esigenze interpretative.

F.F. Ma io sono felicissimo di sapere che il pubblico sperimenta questo tipo di emozione quando io sono sulla scena: perché questo è il ruolo dell'artista, che deve far muovere le emozioni in chi ascolta. Io come interprete sono portatore di una situazione già avvenuta. Ho letto il trattato di Tosi, che è stato anche un castrato, oltre che maestro di canto. Lui parla della "Nobiltà" del cantante, questa parola per me è molto grande nella quantità delle possibilità dell'intendimento che ci sono all'interno di essa. La "Nobiltà" è un concetto molto vicino al Belcanto e partecipa anche della tecnica, questa impostazione non solo della voce ma anche delle attitudini corporali e mentali nel momento di cantare. E questa situazione della "Nobiltà", ci porta anche ad una situazione di "Umiltà", davanti a quello che si interpreta. Parlo naturalmente della nobiltà d'animo, dello spirito, non quella dei titoli, che spesso vanno anche alle persone che tanto nobili non sono.

I.C. Questo è molto interessante perché viene innanzitutto dalla parte dei castrati, che molto spesso erano sì delle stars ma anche dileggiati.

F.F. Ma tu devi capire che quella era un'epoca, che noi difficilmente possiamo oggi comprendere, in cui i castrati imparavano le cose positive che quel passato era in grado di dare. Per me questo concetto che ho letto nel libro di Tosi è fondamentale, è una regola. Tu avrai visto senz’altro la gestualità, i movimenti, il portamento che c'era nel teatro barocco, i costumi, gli stessi ritratti che venivano fatti ai castrati quando cantavano sul palcoscenico, se tu vedi sono sempre posture molto nobili e luminose, perché loro imparavano quello, i loro insegnanti gli dicevano di atteggiarsi in quel modo. Se tu leggi Tosi, lui parla della postura corporale, e quando parla di questa fa sempre l'esempio della Nobiltà, e questo concetto della Nobiltà riappare tanto nella linea vocale, come nella maniera di essere sul palcoscenico. Ma io associo molto la parola Nobiltà, al sentimento umano dell'Umiltà e parlando di quello che l'interprete fa sul palcoscenico, che deve essere di servizio, cioè ci si deve mettere al servizio della musica che si interpreta, e per questo è fantastico, è magico, quello che si trasmette e che il pubblico riceve. Io vado sul palcoscenico e mi metto al servizio della musica, di quello che sto cantando, e per quello sono d'accordo con quanto mi dici di questi sentimenti, che parlano dell'emozione, ma anche dell'ambiguità sessuale, o della sensualità, questo è incredibile, questo è fantastico, ed io credo che deriva dall' unione fra l'anima al servizio di quello che si sta facendo in quel momento e che possiede questa magia di produrre nella gente che ti sta ascoltando e vedendo questi sentimenti, e le sensazioni che prova il pubblico.

I.C. Di portare in fin dei conti il pubblico a questa emozione, che poi era la finalità del teatro barocco: quella di emovere gli affetti.

F.F. Io ripeto spesso che questi castrati, questi cantanti dell'epoca hanno avuto una formazione ed una situazione di vita molto speciale. Non bisogna dimenticarlo. Loro erano castrati, erano evirati, era una situazione terribile, avevano la sofferenza nella voce, questo si capisce, non era assolutamente una vita facile. Loro imparavano fin da piccoli, da dopo quella terribile operazione, una maniera di vivere, un modo di confrontarsi con quella realtà. E poi il pubblico, come anche accade oggi, riceveva quello che l'artista dava, in quella maniera che rende magico il teatro. Quelle parole come divo, rivali, sono tutte parole, concetti fatti dal pubblico. Ma non bisogna dimenticare che questa gente aveva una formazione molto ampia, non soltanto nella parte musicale, ma anche nella parte spirituale, e questo rendeva l'artista come era, ed era questo che portava la gente a vivere quelle emozioni. Perché loro stessi portavano una sofferenza nella gola, la loro croce era nella gola, che portava tantissima gioia ma anche tantissimo dolore.

9. CASTRATI RENAISSANCE

I.C. A proposito di questa capacità degli artisti di portare alla gioia e di offrirla anche a se stessi in qualche modo, come giudichi tu, che sei parte integrante ormai di quello stars system, questo grande successo che ovunque, oddio decisamente molto meno in Italia, ma l'Italia ahimè non fa più testo da troppo tempo, stanno avendo i controtenori, o meglio i mezzo soprani maschili come realmente siete, che è decisamente innegabile ed abbastanza travolgente.

F.F. Guarda io dico sempre che non è la stessa cosa essere stato un controtenore venti anni fa che oggi. Venti anni fa si chiedeva un po’ meno ai controtenori, la voce dei controtenori ha avuto uno sviluppo tecnico immenso fino ad oggi, che dà modo un poco di avere questa possibilità di cantare la musica napoletana per i castrati dalle difficoltà incredibili di cui abbiamo parlato. Si può anche parlare di un ciclo, chissà stiamo ritornando al gusto dell'epoca dei castrati. Certamente non siamo castrati, ma ritorna il gusto per quella vocalità.

I.C. Ritorna il gusto per quel tipo di voce ed anche per quella musica dimenticata per troppo tempo, per quel virtuosismo spettacolare. E' in atto una vera Castrati Renaissance.

F.F. Infatti c'è questo fascino per i controtenori e questo è una cosa positiva perché porterà anche la voce del controtenore a una vera analisi, oltre che a un grande sviluppo, una vera analisi della voce. L'unica cosa che io ho da dire è che bisogna ascoltarci bene, questo è molto importante. Perché la voce di controtenore sta avendo uno sviluppo tecnico molto interessante ed allora bisogna ascoltarla, bisogna valutarla così come si fa con una voce più tradizionale. Perché è vero che oggi si sa cosa aspettarsi da una voce di soprano, di un mezzo soprano o di un tenore, ma a dire la verità non si sa cosa aspettarsi da una voce di controtenore, nessuno sa dire cosa sia giusto o sbagliato in una voce di controtenore e questo ci mette in una posizione un po’ diversa, che va considerata molto attentamente.

10. STEFFANI - MOZART

I.C. Anche perché avete tutti voci molto diverse l'una d'altra, chi più pura e cristallina, chi più scura o corposa. Io stessa che seguo da anni l'universo controtenorile sono rimasta scioccata dall'interpretazione dell'Artaserse ed è stata la dimostrazione che si può ascoltare con grandissimo godimento un'opera cantata da soli controtenori, avendo tutte le gamme possibili, tutte le sfumature di quel registro.

Adesso mi piacerebbe che ci parlassi di questa esperienza con la Bartoli nello Stabat Mater di Steffani, perché io lo sto ascoltando molto e devo dire che è un testo musicale di una bellezza travolgente, di una spiritualità, di una intensità che raramente si ritrova nella musica sacra italiana della stessa epoca. Naturalmente con Steffani siamo agli antipodi della Scuola napoletana. Che tipo di emozioni ti ha dato interpretare questo compositore e con la Bartoli?

F.F. Premetto che concordo con te sulla straordinaria bellezza di questa musica. Con la Bartoli già ci conosciamo dal 2005 quando ho cantato con lei il Giulio Cesare di Handel a Zurigo e abbiamo sempre avuto un rapporto molto carino. Lei è una persona molto generosa, un'artista incredibile come già tutti sappiamo, io l'ammiro tantissimo e cantare con lei è sempre una gioia, è come sempre dico una lezione di canto, anche perché con lei quando ci incontriamo parliamo molto di tecnica, è sempre un aiuto molto grande. Con lei oltre al Giulio Cesare, abbiamo fatto il recital che hai sentito tu, adesso lo Stabat Mater di Steffani è stata una bellissima esperienza, anche fare quei duetti con lei, perché come hai detto tu prima, le voci funzionano bene insieme: è stata una gioia molto grande partecipare a questo progetto, e scoprire questa bellissima musica.

I.C. Bene Franco anche sugli impegni futuri credo che abbiamo detto quasi tutto. Io avevo notato anche questa Clemenza di Tito di Mozart nella quale interpreterai Sesto, un altro ruolo straordinario, mai però affidato ad un controtenore.

F.F. Sì farò il Sesto, una bellissima parte, e sono contentissimo di cantarla perché io dico sempre ai direttori artistici dei teatri: per favore non giudicate prima di aver ascoltato. A me piacciono questi ruoli, mi piace cantarli, certamente è da sempre che sono cantati da mezzo soprani femminili ma adesso, se c'è una voce che lo può fare, perché no, prima ascoltate un controtenore e poi decidete. Questa possibilità che mi dà il teatro di Nancy in Francia mi ha reso molto felice, perché il Sesto è un ruolo che è stato scritto per un castrato, l'Idamante dell'Idomeneo è stato scritto per un castrato, anche il Ramiro della Finta Giardiniera è un ruolo scritto per un castrato: Mozart ha scritto tantissimo per i castrati, io sarei felicissimo di interpretare tutti quei ruoli, ma ci vuole che i direttori dei teatri aprano la loro mentalità, il loro intendimento cambi. Volentieri, se devo cantare un ruolo che da anni è cantato da mezzi soprani, vado e faccio l'audizione, non ci sono problemi, perché ci vuole l'ascolto prima di giudicare. Per esempio quei ruoli rossiniani, come l'Aureliano in Palmira che è stato scritto per Velluti che è stato l'ultimo castrato, ma anche il Malcom della Donna del Lago, certamente non è stato scritto per un castrato, perché già non si potevano più utilizzare sulle scene, e quindi è stato scritto per un mezzo, ma se ci fossero stati ancora castrati, per quelli Rossini avrebbe scritto. Io questi ruoli certamente sarei felicissimo di farli. In Italia ad esempio al Festival Rossini di Pesaro, non si sperimentano nuove voci, certo è una questione di gusto, ma se non si ascolta, non ci sarà mai quell'apertura che sarebbe bene augurabile. Se poi il suono non piace non si fa, ma almeno ascoltate e valutate.

I.C. Tu il Sesto lo senti nelle tue corde, d'altra parte sei un mezzo ed è un tuo ruolo. Io devo dire che amo molto l'interpretazione di Sesto della Bartoli, ma aspetto la tua interpretazione che ascolterò con grande piacere se faranno, come spero, una diretta radio.

F.F. Ma il Sesto è un ruolo per mezzo scritto all'epoca per un castrato, come lo Exultate iubilate. Adesso sono felicissimo di avere la possibilità di interpretarlo. Ma bisogna sempre muovere i pregiudizi, perché la gente magari non pensa che un controtenore può coprire questi ruoli che la tradizione ha sempre affidato alle donne.

I.C. Ma se pensi che per tantissimo tempo i ruoli di Rossini scritti per mezzo soprani o contralti erano affidati a soprani coloratura, si sono fatti e si faranno sempre più passi giganteschi nell'interpretazione.

F.F. Infatti, ma tornando all'Italia che tu dici non ama i controtenori, io invece ho un sentimento molto carino nei confronti dell'Italia che mi piace.

11. CONTROTENORI IN ITALIA OGGI

I.C. Beh in Italia hai avuto anche il Premio Abbiati della critica musicale.

F.F. Certo, io sono molto grato che l'Italia mi abbia dato questo premio perché averlo dato ad un controtenore è stato un fatto incredibile.

I.C. Sì è stato un po’ una grande sorpresa per tutti coloro che invece amano i controtenori, confrontando questo premio con la mancanza assoluta dei controtenori nella programmazione dei teatri italiani, come anche a livello concertistico.

F.F. Spero con tutta la mia anima che se un teatro dovesse produrre il Rinaldo di Handel, possa ascoltare e farlo fare ad un controtenore in grado di interpretarlo. Ad esempio la Scala di Milano ha fatto un Rinaldo ma ha chiamato un mezzo soprano donna a farlo. Io lo farei molto volentieri. Spero che i teatri si aprano a questa voce, certo non a tutte, non tutti i controtenori sono in grado di interpretare questi ruoli. Comunque spero di tornare in Italia al più presto.

Certo che quello che succede in Italia è incredibile perché tutto è iniziato in Italia, tutto quello di cui abbiamo parlato è nato in Italia, è nato dalla vostra mentalità, dalla vostra maniera di essere. Allora speriamo di cantare in Italia presto. E spero che piaccia anche il mio CD su Caffarelli, alla critica e al pubblico, così potrò venire a cantarlo in Italia e i promotori di concerti si mostrano un po’ più interessati.

I.C. Lo spero proprio. Devo dire che ancora non ho letto recensioni italiane. Comunque c'è una critica favorevole, il fatto che ti abbiano dato l'Abbiati è segno di una grande attenzione. E c'è anche una critica che ha sempre giudizi molto lusinghieri nei confronti dei controtenori, e ci sono anche molti fans del canto controtenorile, il problema come tu hai giustamente evidenziato sono i teatri e i loro direttori, i loro pregiudizi.

Io ti voglio ringraziare per questa lunga conversazione che ci ha permesso di sviscerare un po’ tutti i quesiti che i fans si ponevano sulla tua voce e sulle tue scelte artistiche.

F.F. Io ringrazio voi, alla prossima.

fagioli

Torna agli EVENTI

handelvauxhall1falernoducandevater1738

HOME & NEWS - Newsletter

cccommons

Legal Stuff - Privacy and Cookies

Many thanks to all the volunteers
of saladelcembalo.org!

buttonhome1buttonmusic1buttonfaq1buttonkontakt1buttonindex1cccommons