orniamo sulle sonate del salisburghese, dopo l’ultima pagina che pubblicammo tre anni fa (giugno 2016), quando Fernando De Luca ne interpretò cinque, precisamente le sonate n. 8, 11, 13, 16 e 18. Oggi presentiamo altrettante composizioni, eseguite e registrate a Roma sullo stesso strumento francese a doppio manuale: le sonate no. 1, 2, 9, 12 e, nuovamente, la n. 16 (che allora fu invece eseguita su una tastiera a singolo manuale).
Entrambe le prime due sonate (No. 1/K.279, No. 2/K.280) sono tradizionalmente associate al breve periodo che Mozart trascorse a Monaco di Baviera, dal dicembre 1774 al marzo 1775, per preparare e rappresentare La finta giardiniera. Stilisticamente, entrambe le due composizioni, sembrano ancora ispirate a quelle di Joseph Haydn, in particolare il movimento conclusivo della prima in do maggiore con il suo carattere umoristico tipicamente haydiniano e poi, soprattutto la seconda in fa maggiore che è stata messa più volte in relazione diretta con la Hob.XIV:23 del 1773, composta nella stessa tonalità. L’adagio centrale in fa minore, come in Haydn, è un movimento in tempo di Siciliana, sebbene lo sviluppo che Mozart disegna appaia sostanzialmente diverso.
La Sonata in re maggiore (No. 9/K.311) fu composta nel 1777, durante un’altra breve incursione di Mozart, stavolta a Mannheim, viaggio che il compositore ventunenne intraprese accompagnato dalla madre. Come si evince dalle lettere del novembre e dicembre 1777 dirette al padre Leopold, questa composizione si pensa sia legata ad un impegno che Mozart prese nei confronti della famiglia Fraysinger di Monaco, avendo promesso una sonata alla figlia minore Josepha. Nel primo movimento troviamo un chiaro esempio di ripresa “a specchio”, ovvero dove il tema principale ritorna alle battute finali del brano, seguendo quindi una struttura di “ricapitolazione all’inverso” del precedente materiale tematico. Un tipico procedimento caro ai musicisti della corte di Mannheim.
La Sonata in fa maggiore (No. 12/K.331), la più celebrata e nota del gruppo, fu completata probabilmente a Vienna tra la seconda metà del 1782 e la fine dell’anno successivo, basandosi su materiale composto precedentemente a Salisburgo (come fu ipotizzato da Alan Tyson da una attenta analisi dei manoscritti autografi). I passaggi impegnativi del terzo movimento - Allegro assai - la pongono ad un livello di difficoltà tecnica superiore rispetto alla maggior parte delle altre composizioni per tastiera di Mozart, mentre l’opposto può dirsi per la Sonata in do maggiore (No. 16/K.545), datata giugno 1788 sempre a Vienna. Nonostante quest’ultima fu concepita “per principianti”, rappresenta un vero e proprio gioiello miniaturizzato della produzione mozartiana, che il compositore non riuscì mai a pubblicare in vita.
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8 giugno 2019