e Muse aleggiano sulla Francia che rinasce, novella Fenice, dalle rovine della guerra civile. Sono Melpomene, colei che canta musa della tragedia, Tersicore che si diletta della danza, Euterpe che governa la musica, Thalia ed Erato muse della commedia e della poesia lirica. E con Apollo, il Sole, che si appresta a diventare il dio incarnato da sovrani, che ne faranno il loro modello di gestione del Potere e dello Stato. Se musica, poesia, commedia e tragedia conosceranno le vette di un Corneille e di un Racine, di un Nicolas Formé e di un Anthoine Boesset, di un Molière e di un François de Malherbe, non è da meno l'arte figurativa dove un rigoglio senza precedenti, farà uscire la Francia da un manierismo esasperato e snervato, grazie alla feconda influenza che il caravaggismo prima e la pittura veneziana e bolognese poi, avranno su pittori di assoluto valore come un Simon Vouet, richiamato a Parigi e nominato nel 1627 peintre du roy o un Valentin de Boulogne, pittore dei Barberini a Roma, o alla caratura tutta classicista di un Nicolas Poussin, il più geniale e colto pittore francese del XVII secolo, e di un Laurent de la Hyre, pittore aulico dal fascino ricercato. sinistra: Simon Vouet - Il tempo vinto dall'Amore, dalla Speranza e dalla fama - 1646c - Bouges Musée du Berry destra: Laurent de la Hyre - Allegoria della Musica - 1649 - The Metropolitan Museum of Art New York Una nuova dinastia regnante sovrintende a questa rinascita ed è quella dei Bourbon, re di Navarra e sovrani di un piccolo territorio nel sud della Francia, ma imparentati con i Valois, ormai senza eredi diretti, dato che la legge salica non permetterà all'ultima discendente, Margherita di salire al trono. Margherita di Valois, la bella, intrigante, libertina e coltissima prima moglie di Enrico IV, la maman-fille del delfino Luigi, che con grande responsabilità lascerà tutti i suoi averi al futuro re, dandogli così quell'imprimatur dinastico che ancora i Bourbon non avevano acquisito definitivamente agli occhi del loro popolo e dell'Europa intera. In fin dei conti Enrico era ancora colui che aveva dovuto abiurare la sua fede riformata, aveva dovuto abbandonare al suo tragico destino l'amatissima Gabrielle d'Estrée per sposare una Medici, Maria, la banchiera italiana come la chiameranno dispregiativamente i francesi, unica via di scampo per ripianare gli ingenti debiti contratti per affrontare il lungo conflitto che l'avrebbe infine portato al trono. Eppure proprio quel matrimonio con una non più giovanissima principessa italiana ma con ascendenze asburgiche, proveniente dalla opulenta Firenze, la capitale indiscussa dell'arte europea del tardo Rinascimento, cresciuta in un Palazzo Pitti traboccante di tesori di pittura, di teatro, di musica, di architettura, figlia del più colto ed intellettuale Principe rinascimentale, quel Francesco I creatore di Pratolino e dello Studiolo, umanista e cabalista, alchimista e filosofo, doveva portare la corte francese ai fasti del Grand Siecle. Vittima di una vera e propria damnatio memoriae da parte degli storiografi francesi già dal Seicento, la figura della regina fiorentina è stata di recente riabilitata, grazie agli studi di Marc Fumaroli e a due mostre, a Blois e a Firenze, che l'hanno vista protagonista. Il suo ruolo indiscusso nel riallacciare quella liaison che già nel '500 era esistita fra Francia e Toscana, nel gettare le basi di quel mecenatismo di impronta italiana, che vede l'Arte come strumento massimo di potere, che caratterizzerà anche l'età di Richelieu e del suo Surintendant Sublet de Noyer, quella protezione accordata ad artisti del calibro di Pourbous il giovane e di Pieter Paul Rubens, rinnovatori dell'immagine dinastica della corte francese, la pongono in un ruolo di primo piano nella transizione dal secolo dei Valois a quello di Luigi XIV. Per altro anche la caratura culturale dello stesso Enrico IV è stata rivalutata alla luce del suo impegno nelle arti, dagli interventi nei nuovi cantieri a Fontainebleau e al Louvre, nella creazione del nuovo Chateau di Saint-Germain-en-Laye e nell'avvio della trasformazione urbanistica ed architettonica della ancora medievale Parigi. A Maria de Medici si deve invece la realizzazione del Palais del Luxembourg, ispirato a Palazzo Pitti e grande cantiere con all'opera artisti italiani, francesi e fiamminghi, come Orazio Gentileschi, autore di una splendida e politicamente corretta Felicità Pubblica e il Rubens, autore delle ventiquattro magnifiche tele celebrative della vita della regina, fonte di continua suggestione per le successive operazioni artistiche in Francia. La continuazione di questo progetto di rilancio e accrescimento della grandeur francese sarà opera del Cardinale de Richelieu, inizialmente creatura della regina, poi suo acerrimo nemico, che aggiungerà alla sua politica artistica un rinnovato senso di supremazia e di orgoglio gallicano che accompagneranno la grande fioritura delle Arti negli anni del suo potere personale, messo però al servizio del re. sinistra: Orazio Gentileschi - La Felicità Pubblica - Parigi Musée du Louvre destra: Pieter Paul Rubens - Matrimonio del Re e di Maria de' Medici - Parigi Musée du Louvre Maria dè Medici arriva a Parigi nel 1600, accompagnata dalla fama di feste più grandiose e magnifiche che Corte possa ricordare, con i sensi ancora riboccanti di suoni e canti e meraviglie. Musiche che già risuonavano nei saloni della corte come nelle più piccole ruelles (2) degli hotels parigini. Tutti grandi amanti della musica i Bourbon che proseguendo le consuetudini già invalse nel secolo precedente, porteranno la corte francese a diventare un modello per tutta l'Europa. In particolar modo lo strutturarsi del comparto musicale in tre organismi: la chambre du roy, con un maitre che guidava un complesso grandioso di liuti, flauti e viole a cui si aggiungeva il gruppo dei Vingt-quatre Violons, composto da dessus, hautes-contres, tailles, quintes e basses, la chapelle royale con Pages e Chantres gloria dei Surintendant de la Musique da Boesset a Formé con i massivi effetti policorali nelle Messe e nei Mottetti, e infine la Grande Ecurie con i suoi strumenti a fiato su cui primeggiavano i dodici Grandes Hautbois, protagonisti della vita musicale nelle cerimonie pubbliche, solennità e festività, ma anche carousels e ballets de cheval. Tutti questi complessi potevano unirsi in quello che è ancora come nel Cinquecento il grande e principale intrattenimento alla corte di Francia, il ballet de cour. Numerossimi i ballets che si susseguiranno per tutto il regno di Enrico IV, scomparso per mano di un fanatico nel 1610, la reggenza della regina Maria e il regno di Luigi XIII, ottimo ballerino fin da giovanissimo, e protagonista in tutti i grandi ballets con finalità politiche, come quello del 1617 de La Délivrance de Renaud, o nel Ballet de Madame (1615) dove interpreterà il Sole, seguendo in questo l'ultimo Valois e precedendo il figlio Luigi XIV. Le musiche per questi ballets erano naturalmente scritte dai compositori che a corte si alterneranno nella carica di Surintendant come Pierre Guédron che morirà nel 1620 e Anthoine Boesset che la otterrà nel 1623. Il ballet du roy si svolgeva tutti gli anni a Carnevale e coinvolgeva dame e cortigiani oltre i sovrani, anche se incomincia a comparire un maitre a dancer, ed aveva come sua sede previlegiata la salle de Petit-Bourbon al Louvre che in quelle occasioni era allestita con apparati grandiosi realizzati dall'italiano Alessandro Francini, ingegnere idraulico dalla eccezionale inventiva, già creatore delle fontane di Pratolino e chiamato a Parigi da Maria de Medici. Le sue scene per il Giardino di Armida nella Delivrandce de Renaud, fra le quali un palcoscenico girevole, destarono grande stupore e furono imitate fin alla corte di Monaco. Le Quattro Allegorie per Luigi XIII di Deruet , fantastiche nella loro fiabesca irrealtà, fanno sicuramente pensare a particolari allestimenti teatrali, anche se naturalmente è impossibile fare un raffronto diretto. Marten Pepyn - Ballo alla corte di Francia - 1604 - Musée Puouchkine Mosca Claude Deruet - Allegorie della corte di Luigi XIII - l'Acqua - Orleans Musée de Beaux Arts Claude Deruet - Allegorie della corte di Luigi XIII - Fuoco - Orleans Musée des Beaux Arts Luigi XIII, le roy corneillienne, uomo dalla personalità complessa, introverso e fortemente misogino, troverà nella musica, a cui era stato educato fin da bambino, un antidoto alla melanconia e la sua sensibilità musicale era così intensa da esserne accompagnato per tutta la vita, dalla nascita, dove un violinista accompagnava i suoi sonni di infante, sino alla morte, dove volle accanto a sè il suo liuto. Sarà anche compositore unendo questa passione alla sua grande devozione, musicherà infatti dei salmi tratti dalla Paraphase de Psaumes de David di A. Godot. Ma se musiche sacre, suites di danze e fanfare risuonavano nei palazzi e castelli del re, sono le Airs de cour, ad essere le vere, grandi protagoniste della vita musicale francese.(3) Nulla come l'Air de cour rappresenta la quintessenza dell'esprit degli anni di Luigi XIII, fatto di spirito libertino, culto dell'amore, della courtoisie e della galanterie, travestito spesso in forme pastorali, arcadiche come nel coevo romanzo icona di tutta la bonne société parigina, l'Astrée di Honoré d'Urfé. Come gli aristocratici pastori della foresta di Forez, femmes précieux e honnêtes hommes si specchiavano nella loro ricerca amorosa, nella scelta di un locus amoenus dove allontanarsi da vizi e corruzione, in un paesaggio fantastico ed artificioso i cui sentieri erano i percorsi della Carte de Tendre. Le airs di Pierre Guédron, Anthonie Boesset o Etienne Moulinié, nella loro versione per voce sola accompagnata dal liuto, anche se esistono versioni polifoniche, prodotte verosimilmente per la Corte, erano il complemento ideale alla civil conversazione dei cercles del Grand Monde che proprio in quegli anni, grazie all'influenza di Madame de Rambouillet e della sua Camera Azzurra (4) andavano a contrapporsi alla Corte, creando un fenomeno tipico della società aristocratica francese, lo sdoppiarsi del gentiluomo in cortigiano e uomo di mondo, dando vita a una sorta di due universi paralleli, contigui ma diversi, seppur frequentati dalle stesse persone, in una alternanza che premiava ora l'uno ora l'altro. Come vedremo Luigi XIV introietterà con Versailles il Monde che ritroverà i suoi spazi durante la Reggenza per mai più sparire nel corso del Settecento. Simon Vouet - Suonatrice di chitarra Roma collezione Marchesi Patrizi Naro Montoro La Francia dei Bourbon >>> continua la lettura (parte II) |