a figura di Johann Christian, detto il “Bach di Londra”, diciottesimo dei figli di Johann Sebastian, fu tradizionalmente associata dalla critica musicale ottocentesca nonché parte di quella novecentesca, all’idea del figlio musicalmente degenere, una vera e propria bestia nera della premiata famiglia Bach. In effetti, biografi e studiosi del passato non avrebbero tutti i torti se il nostro giudizio sull’artista continuasse ad essere basato esclusivamente sul rapporto e sul confronto verso gli illustri membri della sua famiglia, a cominciare dal padre. Johann Christian è stato l’unico Bach che oggi possiamo definire un vero cosmopolita, rassomigliando molto ad Handel: in seguito alla morte del padre (1750), egli fu prelevato di forza dal fratello maggiore Wilhelm Friedemann il quale, strappandolo dalla casa di Lipsia, lo affidò immediatamente all’istruzione musicale dell’altro famoso fratello Carl Philipp Emanuel, a Berlino. Infatti, l'allora quindicenne Christian aveva già mostrato capacità e talento musicale durante i primi anni di studio con il vecchio Johann Sebastian, qualcuno addirittura ipotizzando che la seconda serie per tastiera Das Wohltemperierte Klavier dei primi anni ’40 sia stata raccolta principalmente per lui. Comunque, gli anni di permanenza a Berlino non ebbero come effetto quello di “formattare” il giovane musicista alla maniera dei Bach, perché già nel 1754 lo ritroviamo a Bologna e Milano, a frequentare personaggi quali Padre Martini ed il conte Agostino Litta; attorno al 1757, Bach risulta essere addirittura convertito al Cattolicesimo, neppure Handel si era mai spinto a tal punto, restando fedele al Luteranesimo fino all’ultimo dei suoi giorni. Negli stessi anni, pur orientandosi, almeno apparentemente, verso la composizione di musica sacra su testo latino, il giovane Bach verrà inesorabilmente catturato dalla passione per il teatro musicale, a Napoli e Milano, musicando le sue prime opere su libretto di Pietro Metastasio. Nel ventennio conclusivo della sua vita (1762-82), tutto dedicato a Londra e l’Inghilterra (salvo brevi periodi a Parigi e Mannheim) John, non più Johann, diverrà un compositore affermato di Opera Seria ma non solo; famosi anche i suoi concerti londinesi su sottoscrizione che organizzerà per molti anni assieme al violista da gamba Carl Friedrich Abel, antica amicizia dei tempi di Lipsia. Ora, come dicevamo in apertura a proposito della vecchia interpretazione, a dir poco limitante, della figura artistica di Johann Christian Bach, la moderna musicologia non ha potuto prescindere dall’influenza che egli ebbe su svariati musicisti dell’era preclassica. Basti pensare ai contatti che il giovane Mozart ebbe con Bach durante il biennio 1764-65 (quando il musicista di Salisburgo si trovava in visita con il padre Leopold a Londra) e poi ancora negli anni 1778-79 a Parigi, influenza che come noto lasciò un’impronta indelebile sullo stile di Mozart, in particolare guardando alla sua grande spontaneità melodica e ad alcune capacità di sviluppo formale. Le sonate qui registrate dal Maestro Fernando De Luca, hanno quasi tutte una struttura in tre movimenti, del tipo vivace-lento-vivace, la cui parte lenta non ubbidisce a particolari vincoli formali, mentre gli altri due movimenti hanno generalmente una struttura bipartita con ripresa. Una delle eccezioni è la bella Sonata VI in do minore che J.C. Bach pubblicò come Op.5 in una delle sue due raccolte più mature di musica per tastiera; sebbene alcuni abbiano ipotizzato che la composizione della sonata possa risalire agli anni italiani, quindi precedenti a Londra, in realtà è molto più probabile che la musica risalga proprio alla metà degli anni ’70, soprattutto se osserviamo che la struttura di preludio-fuga-gavotta ricorda la forma tanto impiegata tra i maestri inglesi; il tipo di contrappunto della fuga, appare inoltre molto pseudo-haendeliano e ben poco bachiano. Altra eccezione è la Sonata in mi minore (H.66) che C.P.E. Bach compose poco dopo la morte del padre Johann Sebastian; più che una sonata questa è una vera e propria suite in cinque movimenti, comprensivi anche di tre minuetti alternati, come d’uso tra i maestri della Germania settentrionale; la Courante è veramente straordinaria per come riesce a coniugare passato e presente. D’altra parte, il discorso fatto la volta precedente (cf. 2013-11), lo ritroviamo replicato nell’ambito di una singola famiglia di musicisti, quella dei Bach: molta di questa musica testimonia la dicotomia tra uno stile galante ormai tendente verso tinte preclassiche, ben evidente in Johann Christian, ed un altro stile galante che come tale non vuole identificarsi, essendo basato fondamentalmente sull’Empfindsamer Stil di Carl Philipp Emanuel. C’è da dire che le sonate di quest’ultimo qui presentate appartengono tutte ad un periodo di non ancora completa maturazione nello “stile della sensibilità”, essendo collocate temporalmente ben prima degli anni ’70. A proposito di Emanuel, Christian Bach disse: “mio fratello vive per comporre, io compongo per vivere” - una affermazione che sembra dare una perfetta sintesi di due opposte visioni del mondo. Zadok, 27 ottobre 2013 |