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GIROLAMO FRESCOBALDI: Fiori Musicali (estratti) - Canzoni a quattro DOMENICO MAZZOCCHI: Madrigali GIOVANNI PIERLUIGI DA PALESTRINA: Ricercari CHERUBINO WAESICH: Canzoni e Madrigali GIROLAMO KAPSBERGER: Ballo quarto Ensemble Mare Nostrum Vox Luminis Andrea De Carlo, direzione e basso di viola Ricercar RIC 320 *** Qualche tempo fa scrivendo di Landi e del suo Sant’Alessio mi intrattenevo a lungo sul proficuo patronage nel campo musicale della famiglia Barberini, che era in quel momento al potere a Roma con Maffeo, ossia Urbano VIII, al soglio pontificio. I principi Francesco ed Antonio, cardinali di Santa Romana Chiesa, nonché cardinal nepoti con tutti i previlegi del ruolo, non solo avevano inaugurato dal 1632, nel teatro attiguo al loro palazzo, un vero e proprio impresariato teatrale con il ripetersi stagionale di melodrammi in musica di capitale importanza per l’evoluzione del genere, ma davano anche un’enorme importanza al mecenatismo musicale, dando vita ad una fitta attività nelle loro residenze. Musicisti come Stefano Landi, Domenico Mazzocchi, Marco Marazzoli furono organici alla corte dei Cardinali, che apprezzavano grandemente anche la musica strumentale, come testimoniano gli straordinari strumenti della loro collezione, oggi conservati al Museo degli strumenti musicali di Roma, fra i quali la bellissima “arpa Barberini”. Un recente studio di Martin Kirnbauer in un simposio internazionale sulla viola da gamba italiana (Magnano 2002) ha messo in risalto come sia Francesco che Antonio possedessero “sei viole che facessero conserto” e in una tela delle collezioni barberiniane di Giovanni Maria da Orvieto del 1639 viene raffigurata “l’accademia del Mazzocchi cioè diversi ragazzi che suonano viole e cantano”, intendendo evidentemente il gruppo musicale legato al maestro di cappella di Francesco Barberini, Virgilio Mazzocchi, del quale risultano dai documenti numerosi acquisti di musiche “per esser suonate sopra le viole”. Ancora più esplicitamente, nella raccolta di Madrigali del fratello di questi, Domenico, dedicata al Cardinale, si fa riferimento al “complesso di viole” indicando come essi furono pensati “per alleviar l’animo dalla gravezza dei pubblici affari [...] con il sentirli cantare sopra il concerto delle sue viole”. Nell’avviso “agli amici lettori” Mazzocchi spiega chiaramente che i madrigali potevano anche essere eseguiti sugli strumenti e il madrigale Chiudesti i lumi, Armida porta l’indicazione “per le viole”. Tutto questo contrasta con l’opinione ampiamente diffusa che con l’utilizzo sempre più esteso del violino, diventato sicuramente dalla fine del ’500 il re degli strumenti suonati in Italia, si sia abbandonata la pratica dell’uso della viola da gamba nelle sue diverse tessiture, che viceversa, soprattutto con la particolarissima viola bastarda, un basso di viola dalla grande possibilità espressiva nella tecnica delle diminuzioni e passaggi grazie alla sua incredibile estensione, era ancora frequentissima all’inizio del ’600. Lo stesso Monteverdi iniziò la sua attività di musicista alla corte di Mantova come violista, come testimoniano il fratello Giulio Cesare e la presenza della viola nei suoi ritratti più antichi. A Roma grande risalto nei primi anni del secolo aveva avuto la figura di virtuoso di un Horazio da Parma, sicuramente Orazio Bassani, citato anche dall’abate Maugars nella sua Risposta a un curioso sul sentimento della musica in Italia, e negli anni dei Barberini ci sono tracce di diversi violisti di valore, fra i quali Leonora Basile, Marco Fraticelli e soprattutto Cherubino Waesich, mentre l’uso del complesso di viole è presente anche nelle cantate di Marco Marazzoli. Alla riscoperta di questa pratica a Roma è dedicato il bel CD degli ensemble Mare Nostrum e Vox Luminis, diretti da Andrea De Carlo al basso di viola e con la direzione artistica di Claude Lejeune, grande esperto dal punto di vista musicologico dell’epoca. In particolare si è voluto porre in risalto l’opera di Cherubino Waesich, tedesco trapiantato a Roma come il liutista suo conterraneo Giovanni Girolamo Kapsberger. Waesich aveva pubblicato a Roma nel 1632 una raccolta completa di musica per viole da gamba: Canzoni a cinque di Cherubino Waesich da sonarsi con le viole da gamba denominata Opera seconda, lasciando presumere che ci fosse stata anche un’Opera prima, oggi scomparsa. Pochissime le notizie che abbiamo di Waesich, inizialmente legato alla famiglia dei Conti Sforza e in seguito organista a Santa Maria in Trastevere, maestro di cappella a San Giuliano dei Fiamminghi e ancora organista nella chiesa della Nazione tedesca, Santa Maria dell’Anima. La scrittura delle Canzoni a cinque viole (sedici) e di due madrigali a sei voci e sei viole concertanti, è già legata alla seconda prattica monteverdiana, con l’uso del basso continuo, ed è estremamente brillante, con grande uso di diminuzioni e un dialogo molto serrato fra gli strumenti dalla diversa tessitura. Le canzoni sono tutte divise in due parti, la prima più melodica ad andamento binario, la seconda ancora imitativa. Oltre a due di queste canzoni del Waesich si è voluta applicare la pratica di trasporre per complesso di viole delle partiture inizialmente previste per strumenti a tastiera, soprattutto le scritture a quattro voci che ben si prestavano a questa interpretazione. Così troviamo registrati nel CD toccate e ricercari dai Fiori Musicali di Girolamo Frescobaldi, insieme a madrigali di Domenico Mazzocchi, fra i quali il sopra citato Chiudesti i lumi, Armida, a due ricercari di Palestrina e a una suite di danze di Kapsberger. Malgrado il CD si concluda con una audacia interpretativa, la trasposizione per complesso di viole della Sonata K84 di Domenico Scarlatti, decisamente fuori tempo massimo per questo genere di contenuti musicali, l’esecuzione dei brani è molto buona, con i diversi interpreti che creano un eccellente gioco di contrasti timbrici, con abili passaggi nelle diminuzioni e rendendo ampiamente merito alla brillantezza e al virtuosismo della musica. Anche i madrigali eseguiti dall’ensemble Vox Luminis risultano estremamente idiomatici e gli interpreti molto bravi nella complessa polifonia di stampo antico di Domenico Mazzocchi. Un CD che consiglio vivamente a tutti coloro che amano l’affascinante timbro della viola da gamba, a coloro che desiderano approfondire la conoscenza del panorama della musica strumentale italiana della prima metà del ’600 e a tutti coloro che sono convinti che i consort of viols siano una caratteristica musicale della sola Albione. Isabella Chiappara, 5 settembre 2012
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