| LEONARDO VINCI (?1696-1730) Artaserse Arbace: Franco Fagioli Mandane: Max Emanuel Cencic Artabano: Daniel Behle Artaserse: Philippe Jaroussky Semira: Valer Barna-Sabadus Megabise: Yuriy Mynenko Coro della Radiotelevisione svizzera Concerto Köln dir.: Diego Fasolis Virgin Classics 60286925 (3 CD)
curioso che né Handel né Vivaldi abbiano musicato l'Artaserse. Questo lavoro di Metastasio è infatti uno dei libretti di maggior successo nella storia della musica, essendo stato utilizzato da decine di compositori dalla sua creazione, nel 1730 a Roma, fino alle propaggini del XIX secolo, ovviamente spesso con importanti modifiche per adattarlo alla qualità dei cantanti disponibili e all'evoluzione del gusto del pubblico. La storia si ispira ad una congiura di palazzo realmente avvenuta alla corte degli Achemenidi, la casa regnante dell'impero persiano. Nel 465 a.C. il re Serse I (per inciso, proprio il protagonista dell'omonima opera di Handel) fu ucciso dal comandante delle guardie reali Artabano, una delle più potenti figure della corte e con evidenti mire al potere imperiale. Secondo una versione della storia, Artabano dopo l'omicidio riuscì a convincere Artaserse, uno dei figli di Serse, che il responsabile era stato il primogenito Dario, che di conseguenza fu ucciso da Artaserse stesso: un evento che Metastasio inserì all'inizio dell'opera, probabilmente per mostrare la bontà di cuore di Artaserse il quale dapprima esita assai ad agire contro il proprio fratello e poi è torturato dai sensi di colpa quando scopre che Dario era in realtà innocente. In ogni caso, Artaserse alla fine scoprì l'inganno, aiutato dal voltafaccia del generale Megabise, marito di una delle figlie di Serse, che inizialmente si era schierato con Artabano, e mise a morte Artabano e tutti i suoi figli. Nell'adattare la storia il Metastasio si mantenne tutto sommato fedele al suo svolgimento. Cambiò però il finale, per venire ovviamente incontro all'esigenza dell'epoca di terminare con un lieto fine, ed inserì le altrettanto necessarie sottostorie amorose. Infine, il poeta creò il personaggio di Arbace, figlio di Artabano, che ha un doppio ruolo chiave nella storia. Metastasio infatti attribuì il fattore scatenante dell'omicidio di Serse al desiderio di Artabano di vendicare la decisione del re di esiliare Arbace, "reo" di aver chiesto la mano dell'amata principessa Mandane (anche se il desiderio di mettere le mani sull'impero per sé e il figlio è sempre ben presente in Artabano, come i recitativi mostrano). Artabano però mette involontariamente il figlio nei guai quando gli consegna la spada insanguinata, utilizzata per ammazzare il re, in modo che la nasconda: Arbace viene catturato e ritenuto responsabile del regicidio. Questa svolta della storia scatena una serie di reazioni a catena che coinvolgono tutti i personaggi del dramma. Arbace infatti è il perno di una fitta rete emotiva: è legato da profonda amicizia ad Artaserse, che in teoria dovrebbe giudicarlo per la morte del padre; ama riamato, come già detto, un'altra figlia di Serse (e sorella di Artaserse); è fratello di Semira, che a sua volta è l'amata di Artaserse. L'unico estraneo a questo vortice di sentimenti contrastanti è il cinico Megabise, cospiratore confidente di Artabano (e che, paradossalmente a confronto con la realtà storica, è l'unico a morire alla fine). Dopo il primo atto, destinato a presentare la situazione e questo intreccio emotivo-sentimentale, il resto della storia è dedicato ai tentativi dei vari personaggi di salvare o mettere a morte Arbace, il quale contribuisce alla propria disgrazia rifiutandosi di tradire Artabano in nome dell'amore e del dovere filiale, come ogni eroe barocco che si rispetti. La verità è ristabilita nell'ultima scena dell'opera: nel corso di una solenne cerimonia Arbace, che poco prima ha dimostrato la sua innocenza salvando Artaserse da una rivolta orchestrata ad arte dai cospiratori uccidendo Megabise, si accinge a bere una coppa di veleno destinata in principio ad Artaserse. Solo a questo punto Artabano è costretto ad uscire allo scoperto per evitare la morte del figlio, il quale riesce ad ottenere clemenza per il padre che viene solamente esiliato e non messo a morte. Eliminata la cospirazione e scagionato Arbace, le due coppie di innamorati possono quindi riunirsi in pace e celebrare il lieto fine. Si può comprendere come mai questa storia abbia avuto tanto successo: in aggiunta alla complicata trama politica, la contrapposizione tra amore e dovere, tanto cara all'estetica dell'opera barocca, è declinata in molteplici modi che consentono di mostrare un amplissimo spettro di reazioni. A dispetto della sua grande diffusione dell'epoca, però, le case discografiche hanno finora esitato a riproporre l'Artaserse in una qualche forma. Anche se alcune arie di vari autori spuntano in qualche disco di recital qua e là, fino ad ora ne esisteva solo una versione completa (due, se si conta quella di Thomas Arne con il libretto tradotto in inglese): quella (eccellente) composta da Terradellas ed eseguita dalla RCOC diretta da Juan Bautista Otero. Neppure l'Artaserse di Hasse (che contiene la notissima aria Pallido il sole) o il pasticcio per il pubblico londinese che vide Senesino e Farinelli sullo stesso palco (e per il quale fu composta la memorabile hit Son qual nave ch'agitata) sono state giudicate sufficientemente interessanti – o commerciabili – per essere prese in considerazione. Lodi quindi alla Virgin che ha deciso di pubblicare l’Artaserse di Vinci: si tratta della prima intonazione dell’opera, messa in scena come già detto nel 1730 per il pubblico romano, e quindi come da tradizione il testo del Metastasio è rispettato alla lettera. Si tratta di un libretto estremamente bilanciato: 5 su 6 personaggi hanno lo stesso numero di arie (5), e solo Megabise ha 3 arie; c’è un leggero sbilanciamento a favore di Arbace, che canta anche un duetto con Mandane e un arioso in apertura del terzo atto. Buona parte della gerarchia musicale è quindi dettata dalle scelte del compositore. Vinci usa al meglio la leggera emergenza di Arbace rispetto agli altri elevandolo a protagonista con una serie di arie che coprono un grande spettro di affetti, oltre ovviamente al sublime duetto con Mandane che è l'ultimo brano musicale prima del coro finale. Questa incisione ha anche il merito di aprire uno squarcio sull’opera italiana tra gli anni 1720 e '30, ancora scarsamente rappresentata in disco (al di fuori dei soliti Handel e Vivaldi, che comunque ebbero percorsi molto personali), ed in particolare sul cosiddetto stile napoletano, di cui Vinci fu uno dei massimi esponenti e che all’epoca godeva di grande fama. Le principali caratteristiche di questa nuova moda operistica erano la preminenza assoluta data alla voce, l’abbandono del contrappunto e la semplificazione del basso continuo, che spesso si riduceva ad una semplice sequenza di note ripetute (basso a tamburo). Finora di Vinci esistevano solo due registrazioni di opere complete: la recente Partenope diretta da Antonio Florio per la Dynamic, e una non facilmente trovabile Li Zite 'ngalera, sempre di Florio con i suoi Turchini, incisa quando l'Opus 111 non era ancora Naïve. Le lodi alla Virgin (e a Fasolis) sono inoltre doppiamente meritate per la scelta di proporre una versione senza arie tagliate. Solo i recitativi sono limati qua e là, senza comunque compromettere la comprensione della trama. Al di là dell'importanza musicale, il motivo principale di curiosità per questa uscita è la scelta di casting fatta da Fasolis. In omaggio alla tradizione papale che interdiva il palcoscenico alle donne in Roma, questo Artaserse utilizza 6 cantanti uomini di cui 5 controtenori/sopranisti, due dei quali interpretano parti femminili: un record assoluto per un'incisione operistica. Questa scelta sicuramente farà molto discutere e molteplici argomenti pro e contro possono essere sollevati. Non mi dilungherò su questo aspetto per concentrarmi esclusivamente sul risultato a livello musicale. Sicuramente si può dire che, nonostante questa scelta sia meno "filologica" di quello che sembri a prima vista (nel '700 i controtenori esistevano ma venivano utilizzati assai raramente nelle opere, certo non a Roma e certo non al posto dei castrati), un cast completamente maschile è un esperimento affascinante. Fermo restando che l'apprezzamento o meno della voce di controtenore dipende molto dal gusto personale, l'ascolto del cofanetto mostra immediatamente i grandi progressi che sono stati fatti negli ultimi 20 anni nella tecnica controtenorile. Basta ritornare ad una registrazione analoga degli anni '80, come ad esempio la Cleofide di Hasse diretta da William Christie (che utilizzava 4 controtenori su 6 personaggi), per notare subito la differenza generale in emissione, sonorità, interpretazione. Il livello globale di questo Artaserse è quindi decisamente alto e questo farà la gioia degli amanti dei controtenori ma anche di coloro che non sono particolarmente disturbati dalla loro presenza. Ciononostante, diversi manierismi e diversi problemi tipici della voce di controtenore (mancanza di corpo generata dalla povertà di armonici, voce tendenzialmente acida e/o stridula specie nel registro alto, poca sonorità nei bassi, eccetera) sono presenti in quantità sufficiente, specie nelle parti secondarie, da rendere l'ascolto poco piacevole a coloro ai quali invece questo registro vocale non piace proprio. In questa registrazione Arbace è interpretato da una star in ascesa del mondo dei controtenori, l'argentino Franco Fagioli (e non da Jaroussky come la copertina del CD potrebbe far credere). Ho qualche difficoltà nel dare un giudizio compiuto su Fagioli. Da un lato infatti riconosco il suo notevole controllo delle agilità (già messo in evidenza nell'incisione della Berenice di Handel diretta da Curtis), una voce più risonante della media dei controtenori e capace di produrre toni sorprendentemente morbidi. Dall'altro però non apprezzo molto il suo timbro particolare che trovo sempre leggermente artificioso e sgradevole. Fagioli sembra poi avere una dizione piuttosto impastata che lo rende faticoso a seguirsi, specie nei recitativi. Nel caso dell'aria Fra cento affanni e cento, la sequenza di note ribattute viene eseguita con uno spiacevole e involontariamente comico "effetto gallinaceo" che rovina l'impressione globale dell'aria. Va detto che in questo caso specifico dividerei la colpa tra lui e Fasolis, che marca un tempo rapidissimo e che poteva dare indicazioni diverse sull'esecuzione. Del resto in altre arie, come la grande chiusura del primo atto Vo solcando un mar crudele, tutto fila alla perfezione. La sua prova, comunque positiva fatto salvo i gusti personali sul suo timbro di voce, non mancherà di piacere agli appassionati. Il migliore del cast, in qualità vocale e recitazione, è sicuramente Max Emanuel Cencic nel ruolo un po' defilato di Mandane, figlia del re assassinato, che cerca (senza troppa convinzione, in verità) di giocare la parte della vendicatrice contro l'amato Arbace. Nulla da dire sulla sua prova, che raggiunge vette eccelse nel duetto con Arbace alla fine del terzo atto, duetto che tra l'altro permette di confrontare direttamente le due voci di Cencic e di Fagioli (con la bilancia che pende nettamente dalla parte del primo, almeno per quanto mi riguarda), entrambe caratterizzate da un timbro ben meno etereo dell'altra star del cast, Philippe Jaroussky. Questi sarebbe decisamente più adatto ad interpretare un personaggio femminile rispetto a Cencic. La sua voce però si confà anche al debole personaggio di Artaserse, che passa praticamente tutta l'opera nell'incertezza totale sul da farsi, arrivando persino a dare ad Artabano la responsabilità di condannare a morte o meno il proprio figlio. Jaroussky produce una prova più che dignitosa ma forse un po' al di sotto dei suoi standard. Forse è un po' messo in ombra dalla presenza di voci più corpose come quelle di Fagioli o di Cencic, ma io sospetto che il motivo principale sia stato la mancanza di tempo sufficiente a preparare il ruolo con la sua consueta attenzione. Una dizione più incerta del solito sull'emissione di alcune consonanti che gli creano sempre dei problemi conforta questa mia impressione. Gli altri due controtenori del cast offrono delle prove meno convincenti e mostrano in modo più evidente i tipici difetti attribuiti al loro registro. Valer Barna-Sabadus ha un timbro piacevole ma una voce piccola e un po' vuota; per fortuna queste qualità si adattano bene all'esangue ruolo di Semira. Yuriy Mynenko come Megabise risulta bravo nelle agilità ma è un po' troppo stridulo, forzato in alto e mancante in basso. Entrambi non brillano per interpretazione. Collegandomi a quest'ultimo punto, non sono rimasto particolarmente impressionato dalla dizione del gruppo dei controtenori nel suo complesso. Niente di disastroso, intendiamoci, ma mi sembra che sia un aspetto non particolarmente curato dell'incisione e a volte rende faticoso seguire la storia. Tutti i cantanti chi più chi meno, tranne Cencic, soffrono di qualche incertezza o di qualche problema qua e là. L'unico tenore del gruppo, Daniel Behle, fornisce un'interpretazione più che convincente del ruolo esposto ed estroverso di Artabano, specie nelle arie di furore e di agilità le quali comunque dominano la sua parte. Poteva però evitare certi manierismi nei recitativi che rendono il personaggio un po' troppo grottesco. Diego Fasolis si conferma come uno dei direttori di punta per la musica barocca. La partitura dell'Artaserse è molto ricca e Fasolis sfrutta abilmente l'orchestrazione tra le varie arie per differenziare i vari affetti, pur privilegiando il piglio energico a cui ci ha abituati con le sue precedenti registrazioni del Faramondo e del Farnace, e dimostra una buona intelligenza musicale evidenziando varie sfumature anche all'interno delle singole arie quando la musica lo consente. Le variazioni sui da capo sono interessanti e piacevoli. Fasolis inoltre usa un continuo molto variato per i recitativi, che usa per attribuire un colore preciso a ciascuno dei personaggi secondo il suo ruolo nella storia. Fortunatamente non arriva agli eccessi di un Jacobs (o dello stesso Fasolis che nel 2007 a Genova usò persino un regale per accompagnare i recitativi di Tolomeo nel Giulio Cesare handeliano) e resta sempre all'interno del buon gusto, anche se si potrebbe sollevare qualche obiezione sulla presenza un po' ingombrante di quel fagotto che accompagna sempre i recitativi di Artabano come per sottolinearne la doppiezza, alla maniera più di un Monteverdi che di un'opera del 1730. Il Concerto Köln, che per questa occasione rimpiazza i Barocchisti, segue di buon grado le indicazioni di Fasolis, anche se a volte tende ad essere troppo granitico. Questo Artaserse è un'ottima uscita discografica, per l'interesse storico del pezzo, per la sua qualità musicale e per la qualità dell'esecuzione, e lo consiglio a tutti gli amanti dell'opera barocca a patto che non abbiano problemi con il registro di controtenore. In questo caso non penso apprezzerebbero appieno il cofanetto. Concludo con una piccola curiosità: Fagioli ha cantato lo stesso ruolo anche nell'Artaserse di Hasse quest'estate al Festival della Valle d'Itria. Su YouTube è quindi possibile trovare la stessa aria (Fra cento affanni e cento) cantata dalla stessa persona ma tratta da due versioni diverse dell'opera (musicate peraltro a pochi mesi di distanza). Una rara possibilità di confrontare due compositori ad armi pari! Luca Maltagliati, 5 novembre 2012
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