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fig.47 - Nicolas de Largilliere - Ritratto di Pierre Joseph Titon de Cogny - Collezione Privata
Moda di Corte (1678-1700)
Dalla fine degli anni '70 un'esigenza di sempre maggiore formalità incominciò a soppiantare le stravaganze dei decenni precedenti. (fig.28)
Nel 1678 fu ratificata la Pace di Nimega con l'Olanda e un periodo di pace lasciò Luigi XIV libero di dedicarsi con tutte le sue energie, soprattutto economiche, a Versailles (fig.29). Anche i suoi furori giovanili sembravano abbandonarlo con l'astro della Montespan che declinava, sommersa dallo scandalo dei veleni, una storia terribile di streghe, messe nere e pozioni diaboliche, nel quale la potente favorita fu coinvolta, e la salita di quello di Françoise d'Aubigné creata dal re Marchesa de Maintenon, che, dopo la morte nel 1683 della regina, doveva diventarne la moglie morganatica accompagnando il re per tutto il resto della sua lunga vita, condizionando con il suo senso della morale alcune sue scelte, anche se probabilmente i suoi detrattori esagerarono nel descriverla bigotta e di vedute ristrette (fig.30). Non fu la Maintenon, che in gioventù era stata tra le "preziose" e che aveva fondato l'Istituto reale per fanciulle bisognose della nobiltà povera di Saint Cyr, improntata inizialmente a criteri d'insegnamento laici e moderni, a cambiare il carattere di Luigi XIV, ne il suo potere sul re dovette essere così forte come si suppose. Fu sicuramente il sovrano stesso a rivedere molti dei suoi atteggiamenti della giovinezza, e a forzare il suo modo di intendere la regalità verso modalità sempre più autocratiche e autoreferenziali.
fig.29 - Scuola francese - Luigi XIV visita la Grotte de Tyétis - c1683 - Château de Versailles
Un formalismo esasperato andò ad innervarsi in tutto il cerimoniale domestico del sovrano, si caratterizzò per la richiesta di comportamenti sempre più improntati ad una rigida etichetta, cristallizzando le bienséances in norme sociali costrittive e trasformando l'aristocrazia in "funzionari" d'apparato, mentre la corte diventava sempre più una gabbia dorata nella quale rappresentare ognuno una parte, sontuosa, appagante, ma alla fine castrante.
Questo maggiore formalismo si apparentò con una ricerca sempre più esasperata per un lusso vistoso, prezioso per i materiali pregiati impiegati, ancora eccessivo nell'uso di un decorativismo ostentatorio che possiamo riscontrare in tutto il dispiegarsi delle Arti Minori in Francia (fig.31-32). Se nei mobili troviamo argento e tartaruga, ebano e bronzo, negli abiti filati metallici d'oro e d'argento si uniscono ai damaschi e broccati più elaborati, passamanerie, cordoni e nastri appagano i sensi con la loro voluttà, chiusure-gioiello vanno a strutturare e a definire l'abito, broderie e dentelles di nuova concezione, più leggiadre ma non per questo meno "barocche" nei disegni a fitte ed eleganti volute, vengono usate per le cravate come per gliampi polsini a jabot della camicia mentre acconciature stravaganti, accessori e complementi dal gusto squisito, vanno a condizionare il portamento, diventando imprescindibili come manchon e palatine delle più costose pelliccie, guanti dei più ricercati pellami, vezzosi ventagli e raffinati chapeaux e bonnet. Infiniti dettagli di una moda fatta ormai per quel palcoscenico perenne e mutevole che era diventata Versailles, non solo per il sovrano ma per tutta la sua corte, dove la magnificenza era d'obbligo e i dettati reali de rigueur. Come lo justaucorps a brevet che il re dava come previlegio ai suoi cortigiani più fidi, nei colori di Francia blu e rosso, creato forse per la caccia, ma i confini del quale non sono ancora ben definibili e le caratteristiche leggibili, se non la magnificenza dei suoi tratti, confermata da tutte le fonti. Come, sarà per le dame, il grand habit.
L'abito femminile dopo il 1675 era andato sempre più ridimensionandosi nei volumi, diventando più snello, più sottile sul corpo, con i lembi della robe sollevati con cordoni e nastri a formare morbide volute intorno ai fianchi, mentre il punto vita era scivolato ancora di più verso l'inguine, accentuando una rigidità che era dovuta a steccature nel corpetto sempre più invasive, che creavano un ventre piattissimo e davano risalto alle generose scollature en bateau sottolineate da ampi collari a pelerine di pizzo. Le maniche sempre più piccole, si erano ridotte a coprire solo la parte iniziale dell'omero lasciando arrivare al gomito le maniche della camicia, presto sostituita però da due o tre ranghi di finissima tela di lino e pizzo che formavano molteplici volants (fig.33). Acconciature fantasiose sostituivano le hurluberlu, in particolare la fontange ispirata dalla favorita reale Angélique de Fontanges che durante una cavalcata dovette raccogliere i capelli disciolti con un nastro, sollevandoli leggiadramente. Il favore che la fanciulla incontrava presso il sovrano fece diventare l'acconciatura alla moda e fu il preludio per coiffures sempre più alte sulla fronte, che nei tardi anni '80 e '90 raggiunsero i vertici delle palissade e delle en tour (fig.34).
Da questa tipologia di veste, serrata alla vita e al busto, con il corps de robe sempre più rigido e viceversa morbida nella jupe e nel bas de robe dotato anche di una breve queue (coda) che veniva sollevata sui fianchi da spille-gioiello o da pompon o glands de bas de robe in passamaneria e che a partire dalla fine degli anni '90 si alzerà posteriormente grazie al cul de crine, nascerà il grand habit (fig.35-36), l'abito che tutte le dame dovranno indossare a corte, in tutte le occasioni formali, per volontà del re, che non accetterà neppure che nei terribili inverni degli anni '80 quando si disse che "il vino gelava sulla tavola del re", le signore coprissero le spalle nude con una pelerine. Mme de Sévigné racconterà alla figlia delle spalle livide e del terrificante freddo che tutte erano costrette a sopportare durante la messa, solo durante gli appartements era concessa la palatine, una sciarpa di pelliccia, annodata intorno al collo, diventata alla moda grazie alla moglie di Monsieur, il fratello del re, Madame Elisabeth Charlotte duchessa d'Orleans chiamata Palatina per il suo titolo di nascita, unica che peraltro in vecchiaia ebbe il beneficio reale di potersi coprire.
fig.36 - Antoine Trouvain - Seconde Chambre des Appartements Bibliothéque National de France, Paris
fig.35 - Antoine Trouvain - Quatrième Chambre des Appartements Bibliothéque National de France, Paris
Il grand habit rimase di rigore a Versailles fino al 1715 quando la reggia fu chiusa per ordine del reggente Philippe d'Orleans, che la detestava, per ritornare quasi immutata, come robe de cour, con Luigi XV, e sparire solo con la Rivoluzione del 1789. La robe de cour incontrerà un successo dilagante in tutta Europa, diventando un segno assoluto di appartenenza e di previlegio reale a cui nessuno potè sottrarsi, anche se nemico della Francia. Era una veste dove l'estremo preziosismo della moda francese si dispiegava fino all'inverosimile. E' difficile oggi solo immaginare vesti completamente ricamate in oro ed argento, incrostate di diamanti, come quelle descritte dalla duchessa d'Orleans in una lettera ad una sua congiunta, nella quale raccontava delle incredibili e fastosissime nozze del duca di Borgogna, figlio del Gran Delfino, con Adelaide di Savoia, in cui tutta la famiglia reale riluceva come specchi al sole in una sontuosità mai vista in precedenza e per la quale il re diede incarico di spendere ben 5.000.000 di franchi in abiti e gioielli (fig.37-37b). Così come è opulenta la ricchezza dei particolari decorativi, come le pretintailles di passamaneria, broderie e dentelle preziosi che si rincorrevano a ranghi sulle jupes, le grandes parures di diamanti che ornavano con i loro bottoni gioiello le maniche, i lembi sollevati del bas de robe, i brandebourgs del corsetto. Erano questi ultimi delle spille di grandezza decrescente in modo scalare che derivati da modelli maschili di gusto est-europeo, furoreggeranno fino al primo Settecento sia sui justaucorps che sui corps de robe. E ancora diamanti fra gli alti riccioli sostenuti dai nastri della fontange, nella acconciatura detta a' firmament, dove una luna crescente ed astri fiammanti simulavano un cielo stellato.
fig.37b - Antoine Dieu - Matrimonio di Louis duc de Bourgogne e Adelaide di Savoia - Château de Versailles (cartone per l'arazzo del 1710)
Un'ostentazione preziosa che ormai non si negava neppure alla robe de ville, l'abito nel quale si era trasformato il trasgressivo manteau. Una sapiente tecnica sartoriale aveva modellato al dorso la sciolta ampiezza della veste orientale, in pieghe che cucite fino alla vita, venivano rilasciate per accompagnarsi al morbido fluire dello strascico. La robe veniva sollevata ai lati a mostrare una jupe ricchissima, guarnita con falbalas (balze) e pretintailles, edagli anni '90 un cuscino imbottito molto alto posteriormente, il cul de crine, permetteva di dare un'enfasi callipigia alla silhouette (fig.38-39). Una pièce d'estomac, piccola pettorina triangolare, veniva allacciata ai due lembi ripiegati del corpetto, coprendo il corps piquè, mentre le maniche finivano al gomito in due ampi paramani guarniti di engangeantes (letteralmente allettanti), cascate negligenti di pizzo (fig.40). Ed è tutto un fiorire di termini stravaganti e anche un po’ scurrili, comunque ricchi di doppi sensi che sembra incantare chiunque si avvicini a questa moda: la boute-en-traine (monta equina-lett.allegrone) è un gioiello fra i seni, la gourgandine (sgualdrina) è un corpetto con nastri, il laisse-tout-faire un grembiule elegante, l'effrontée un ricciolo malizioso che scopre l'orecchio, come l'accroche-coeurs (tirabaci), i guigne-galands (sbircia-galanti), i créves-coeur e i confidents, tutti nomi per riccioli intriganti.
Con la robe de ville così chiamata per distinguerla dal grand habit di rigore a corte, si portava la coiffure chiamata commode. Si trattava di una complessa costruzione di pizzo e nastri che si elevava sulla acconciatura en tour con una altissima palissade e guarnita di due lunghe barbes. Risulta chiaro che sia la robe che la commode, come il suo stesso nome indica, dovevano essere più confortevoli, con la loro morbidezza e il loro non essere rinforzate tramite stecche di balena e fili di ferro, delle vesti ed acconciature più formali e quindi adottate entusiasticamente, laddove il re lo permetteva: nei propri hotels particuliers di città o negli châteaux, come ad esempio a Marly, piccolo castello incantevole voluto da Luigi XIV nel 1679, proprio per allontanarsi dalla esorbitante etichetta delle dimore reali, dove in genere si passava il periodo di Carnevale, ed evidentemente in qualche caso nella stessa Versailles, come proverebbero le incisioni di Trouvain sulle chambres des appartements. I ritratti di Dame de la plus haute qualitè, o delle dame più importanti della corte diffusi dalle incisioni sempre di Trouvain e dal Nouveau Mercure Galant (fig.41), il primo giornale di cronaca mondana che sia mai stato pubblicato in Europa, testimoniano un successo che si proietterà nel Settecento fino ad arrivare al periodo della Reggenza, mentre l'Innocente, continuava la sua esistenza sotterranea nelle stanze private da cui uscirà solo con il nuovo clima voluto da Philippe d'Orleans.
Le vesti maschili non sono meno opulente e sontuose. Solo Luigi XIV sembra preferire dagli anni '90 tessuti sobri, velluti in genere nelle tonalità di un caldo marrone castagna, come testimoniano le parole di Saint Simon e i molti suoi ritratti di quegli anni. Ormai justacorps e veste accompagnati da culotte sono le forme-moda imperanti che in tutta Europa dilagano con il nome di habit a' la française. Eppure cambiamenti sono avvenuti da quando gli abiti persiani erano diventati alla moda. Intanto dai tardi anni '70 si incominciarono a strutturare sartorialmente, prendendo inizialmente una linea un po’ rigida, aderente al corpo fino alla vita, per poi svasarsi sulle gambe vestite da culotte ancora leggermente rigonfie. Entrambi gli indumenti si abbottonavano fino alla gola, da dove emergevano cravate e chaconne, lasciando solo gli ultimi bottoni slacciati. Dagli anni '80 dei sapienti tagli avvicinarono alla vita lo justaucorps che acquisendo gruppi di tre pieghe ai due lati posteriori andava a prendere una forma sempre più allargata e morbida sui fianchi (fig.42). Nello stesso tempo cambiarono le forme di paramani e tasche, sempre più importanti visivamente le seconde, nelle forme talvolta più improbabili come quelle dette a' papillon o a' la marechal, imponenti i primi, nei primi tempi a oreilles de chien e in seguito nelle sempre ampie forme en pagode che spesso videro sovrapporre le maniche della veste a quelle dello justaucorps, con un piacevole ed elegante contrasto cromatico.
Si può sicuramente affermare che la moda, nel senso di un continuo cambiamento di modelli nei tempi brevi, regnava sovrana, con le sue tirannie e i suoi diktat. Sparirono ad esempio i nastri dominanti nel periodo precedente ed anche la chaconne venne abbandonata per nodi più semplici della cravatta, dei quali quello di maggior successo, ripreso anche dalle signore, sarà quello detto a' la steinkerque, dove un lembo della cravate disinvoltamente avvolta alla gola, verrà infilato nella terza asola dello justaucorps. Quest'ultimo si tendeva a lasciare sempre più aperto, solo un bottone veniva chiuso alla vita permettendo di vedere in tutta la sua raffinatezza la veste, viceversa sempre completamente abbottonata. Le culotte ormai aderenti alla gamba terminavano con un rond, dovuto alla calza che si arrotolava sulla giarrettiera interna, mentre le scarpe sempre altissime erano diventate decisamente più sobrie con una sola fibbia, anche se di materiali spesso preziosissimi, a chiuderle sul collo del piede. Infine le parrucche negli anni '90 si faranno altissime, en folio, ricordando le palissade femminili, e tanti accessori incalzeranno con le loro novità gli elegants, come l'immancabile tricorne ormai portato negligentemente sotto il braccio e non più indossato, i sontuosi brandebourgs anche di diamanti che spesso andranno a sostituire i bottoni e il manchon, essenziale per scaldarsi le mani, appeso con una fascia alla vita (fig.43-44).
Se diamo uno sguardo alle immagini e vediamo il re e i suoi cortigiani che nelle occasioni più formali, sembrano stare su di un palcoscenico, con la gamba destra proiettata in avanti e il piede puntato a terra, come in un passo di danza, le dame rigide e compassate nei loro sontuosi grands habits, ci rendiamo facilmente conto di come tutta questa rappresentazione del decoro e della ricchezza, delle bienséances e della supremazia culturale, che cozzava contro una realtà di miseria atroce non appena si varcavano gli aurei cancelli di Versailles, se da una parte era la cifra estetica a cui tutta Europa si stava uniformando, dall'altra agitava lo spettro del fallimento economico dovuto alle enormi spese difficilmente sostenibili che incominciavano a mettere in ginocchio uno Stato che Colbert con la sua geniale politica aveva risanato.
Gli ultimi anni di Luigi XIV (1700-1715)
All'inizio del nuovo secolo sul trono di Francia era ancora saldamente assiso Luigi XIV. Ma intorno al vecchio re, sempre più attorniato da una corte di giovani rampolli, il gran Delfino e i suoi figli e nuore, i nipoti, i figli legittimati delle sue favorite e le loro famiglie, tutto stava cambiando. Scomparsi i geniali artefici della sua grandeur, sempre più angustiato dai problemi economici del suo regno e dalle guerre non più così fortunate per le sorti francesi, manteneva però il bastone del comando senza nulla cedere alle sue debolezze, passando sempre più tempo nelle stanze private di Mme de Maintenon insieme con i suoi ministri, anche se le misure draconiane in termini di tassazione del Marechal Vauban non furono accolte e si continuò a spendere largamente per feste sontuose come quelle che si tennero all'inizio del secolo a Marly-le-Roi. Qui l'etichetta era abbandonata in favore di una vita mondana non formale e quindi più consona alle esigenze della corte che trovava sempre più insopportabile l'eterno cerimoniale di Versailles. Lo stesso Luigi XIV se ne rendeva conto se nel 1699 chiedendo all'architetto di progettare una maison de plaisance alla Ménagerie disse che "sarebbe stato più appropriato qualcosa di più giovanile", anche per la sua nuova protetta, l'amatissima moglie del Duca di Borgogna e per breve tempo delfina, Adelaide di Savoia. Quindi mascherate per il Carnevale, rappresentazioni di opéra-ballet che si affiancavano con i loro gradevoli e disinvolti divertissements alle classiche tragédie lyrique, ricerca del piacere che trovava a Parigi un maggior sfogo, nelle sale dell'opèra royale o della comédie française. Alcune nobildonne preferivano, nonostante le continue reprimende del re, passare più tempo nelle loro dimore come la duchessa del Maine al castello di Sceaux, dove ricreò una brillante vita intellettuale con i nuovi esponenti della cultura francese come i giovani Voltaire e Rousseau. A poco a poco Versailles perdeva di attrattiva agli occhi di una società che voleva vivere in modo più rilassato e disinvolto, che non ne poteva più del formalismo della corte, che incominciava a promuovere artisti, in pittura come in musica che il sovrano mal sopportava. Lo stesso gran delfino e il futuro reggente Philippe d'Orleans erano su posizioni di avanguardia rispetto alle preferenze del sovrano, ad esempio in musica promuovendo un Campra con le sue innovazioni che vedevano l'inserimento di arie italiane nella compagine della struttura musicale alla francese.
E' naturale che nella moda questi due aspetti coesistessero: tradizione ed innovazione camminavano ancora paralleli e solo la morte del re nel 1715 darà la stura alle novità sempre più emergenti ed insopprimibili.
fig.45 - Nicolas de Largilliere - Luigi XIV e i suoi eredi - Wallace Collection, London
Habit a la française e grand habit dominavano ancora nelle forme definitasi nel decennio precedente. Solo una maggiore morbidezza nello justaucorps fa preferire tessuti più molli, come i rasi satin e i velluti, una voluta ricercatezza abbandonare i damaschi e broccati che saranno destinati solo alla veste, una gestualità meno affettata e più naturale lasciare completamente aperto il primo sulla seconda. La cravate verrà indossata preferibilmente a' la steinkerque, oppure si lasceranno morbidamente ricadere sul petto i suoi lembi, si incomincerà a creare armonia nell'habit con il realizzare in tessuto di colore uguale justaucorps e culotte, mentre a contrasto sarà la veste che incomincerà ad accorciarsi (fig.45). Le parrucche si abbasseranno, e si divideranno in due ali più corte laterali, con la parte posteriore più lunga che qualcuno incomincerà al modo militare, a raccogliere con un nodo. Alla parrucca nera che il re aveva sempre indossato si incominceranno a preferire quelle bionde, come fece il gran delfino e che sono un annuncio della prossima incipriatura (fig.46 & fig.47 ad inizio pagina).
Le dame ameranno sempre più indossare la robe de ville (fig.48-49), Versailles permettendo, che diventava più ampia, anche perchè il cul de crine incominciava ad essere soppiantato dalla criard, larga sottogonna gommata, nata per il teatro a cui deve il suo termine onomatopeico. Ma anche vesti di nuova concezione, composte di un corpetto e di una jupe, semplici nella loro struttura sartoriale, realizzate in velluto o raso, che non sono imparentate con nessun abito fino allora alla moda, o meglio prendono qualcosa da ognuno di loro, le maniche morbide dal manteau, il corsetto più rigido dal grand habit. Abiti non ben documentati se non nei mirabili ritratti di un Nicolas de Largilliere (fig.50), il ritrattista più amato da questa società, come Mignard lo era stato per quella precedente, ed entrambi poco graditi dall'ufficialità, se il ritrattista di Luigi XIV era stato con tutta la sua formalità Rigaud.
fig.50 - Nicolas de Largilliere - Elisabeth de Beauharnais - Musée de Grenoble
In questi ritratti troviamo anche che le dame hanno abbandonato le altezze artificiose delle palissade en rayon, ancora portate nei primi anni del decennio, per acconciature fatte di fluenti riccioli, che si incurvavano a cuore sulle tempie, inanellandosi morbidamente sulle spalle, mentre qualcuna più audace incominciava ad incipriare i capelli (fig.51-52).
In una di queste morbide robe, in un luminoso damasco argento e oro, chiusa da brandenbourgs di diamanti e rubini, fu ritratta nel 1709 la duchessa di Borgogna, Adelaide di Savoia, testimoniando così che anche negli alti ranghi della corte questa tipologia si stava diffondendo (fig.53).
Di fronte a questi cambiamenti epocali il re si farà sempre più distante. Gli ultimi anni del suo regno saranno sempre più funestati da eventi drammatici. A partire dal 1711 uno dopo l'altro vedrà morire tutti i suoi cari, prima il figlio, che all'improvviso si ammalerà di vaiolo, poi i nuovi eredi, il duca di Borgogna e la moglie, l'adorata Adelaide. Di lei disse di non aver mai provato dolore più grande che alla sua morte. Infine il figlio di questi ultimi il duca di Bretagna di soli cinque anni, tutti annientati da una terribile epidemia di morbillo dalla quale si salvò solo il piccolissimo bisnipote Luigi, secondo figlio della coppia. Anche il duca di Berry, successivo nella linea dinastica morì a soli ventotto anni. Non c'è da stupirsi che con una decisione insolita a livello procedurale, Luigi XIV, che aveva già fatto i suoi figli legittimati, Principi del Sangue, li immettesse nella successione, spaventato dall'estinguersi della sua dinastia. Ma così non doveva succedere, dopo gli anni della Reggenza di Philippe d'Orleans, quel bisnipote, Luigi XV doveva regnare a lungo.
Luigi XIV morì dopo un'agonia dolorosa ma lucida, all'età di settantasette anni, il 1° settembre del 1715. Con la sua morte un'epoca era veramente finita e se ne apriva un'altra. Sicuramente non furono pochi quelli che accolsero la notizia con sollievo, il primo fu proprio il reggente che con un atto reale cancellò di nuovo i figli legittimati di Luigi XIV dalla successione e chiuse Versailles.
Lo Château con i suoi splendidi giardini riaprirà i battenti solo con la maggiore età di Luigi XV.
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Louis XIV: l'homme e le roi - Skira/Flammarion 2009
Versailles et l'Antique - Edition de la Réunion des Musées Nationaux - Paris 2012
DISCOGRAFIA
La discografia legata alla Francia di Luigi XIV e di Versailles è naturalmente smisurata e difficile citarla nella sua integrità. Mi limiterò a segnalare quelle incisioni, soprattutto recenti, che mi sembrano più significative per illustrare il testo.
200 Years of Music at Versailles (CD n° 3-4-5-6-7-8): A journey to the heart of french Baroque - Centre du Musique Baroque de Versailles - Lully, the father of french opera - Lully and his successors at thr Académie Royale de Musique - Concerts and Symphonie for the King - The Triumph of religious expression in baroque music - The Royal Chapel at the time of Louis XIV - Masses and motets for the Parishes
Lully-Moliere: Comédies-Ballets - Les Musiciens du Louvre - Marc Minkowsky - Erato
Lully: Les Divertissements de Versailles - Les Arts Florissants - William Christie - Erato
Lully ou le musicien du Soleil: Les Plaisirs de l'Ile Enchantée - Le Carrousel - La Grotte de Versailles - La Simphonie du Marais - Hugo Reyne - Accord
Lully: L'Orchestre du Roi Soleil - Le Concert des Nations - Jordi Savall - AliaVox
Lully: Phaeton - Les Musiciens du Louvre - Marc Minkowski - Erato
Lully: Armide - Collegium Vocale - La Chapelle Royale - Philippe Herreweghe - Harmonia Mundi
Lully: Alceste - La Grande Ecurie et la Chambre du roi - Jean-Claude Malgoire - Astrée
Lully - Cadmus & Hermione - V. Dumestre/B. Lazar/G. Skamlez - Le Poeme Harmonique - Alpha - Opéra Comique
Lully - Moliere - Le Bourgeois Gentilhomme - Comédie ballet - V. Dumestre/B. Lazar/C. Roussat - Le Poeme Harmonique - Alpha - Fondation France Telecom
Charpentier: Les Plaisirs de Versailles – Pastoraletta - Les Arts Florissants - William Christie - Erato
Charpentier: In Nativitate Domini Canticum - Messe de Minuit - Les Arts Florissants - William Christie - Erato
Charpentier: Missa Assumpta est Maria - Le Concert Spiritual - Hervé Niquet - Glossa
Pierre Robert: Grands Motets - Les Pages e les Chantres du Centre de Musique Baroque de Versailles - Musica Florea - Olivier Schneebeli - K617
Charpentier: Grands Motets à double choeur - Les Pages et les Chantres du Centre de Musique Baroque de Versailles - Musica Florea - Olivier Schneebeli - K617
Lully: Grands Motets, vol I - Te Deum-Miserere-Plaude laetare Gallia - Le Concert Spirituel - Hervé Niquet - Naxos
Lully: Petits Motets - Les Arts Florissants - William Christie - Harmonia Mundi
Delalande: Symphonies pour les Soupers du Roi - La Simphonie du Marais - Hugo Reyne - Harmonia Mundi
François Couperin: Les Concerts Royaux - Le Concert de Nations - Jordi Savall - Alia Vox
Couperin: Les Leçon de Ténèbres - Les Arts Florissants - William Christie - Erato
Morin - Mouret - Corrette - Rameau: La Chasse du cerf - Hunting music from 18° century France, Orchestra Jean-François Paillard - direzione Jean-François Paillard - Apex